“La Svizzera deve chiedersi come compensare l’aiuto fornito dalla Nato”
La Svizzera deve chiedersi come compensare l'aiuto fornito dalla Nato alla sua difesa: lo afferma l'ambasciatore Jacques Pitteloud, rappresentante della Confederazione presso il Patto atlantico a Bruxelles.
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Keystone-ATS
“La gran parte dei paesi europei ha pensato che la guerra non sarebbe più tornata”, ricorda il quasi 62enne in un’intervista alla radio romanda RTS. “La storia ci ha mostrato che purtroppo l’essere umano non cambia. Bisogna perciò essere pronti. La Svizzera quindi si riarma, si riarma a giusto titolo e si riarma in modo credo intelligente”.
L’adesione non è un tema
Si tratta quindi – chiede il giornalista di RTS – di aderire alla Nato, con le ripercussione che questo passo avrebbe sulla neutralità? “L’adesione alla Nato sarebbe in effetti un abbandono della neutralità, ma essa non è assolutamente un tema né a Berna, né a Bruxelles”, risponde l’ex ambasciatore a Washington (2019-2024). “Non bisogna dimenticare che tutte le ultime decisioni in Svizzera sono prese dal sovrano, dal popolo, e dubito fortemente che se si dovesse proporre un’adesione alla Nato il popolo direbbe di sì”.
Ottimizzare i mezzi di difesa
Ma a suo avviso non tutto deve rimanere come prima. “Un’interpretazione della neutralità che ci permetterebbe di ottimizzare i nostri mezzi di difesa è perfettamente compatibile con il diritto della neutralità”, sostiene il giurista che in passato è stato a capo del Servizio delle attività informative della Confederazione, cioè dei servizi segreti elvetici.
“Oggi potete acquistare gli armamenti più sofisticati, ma se non fate parte in un modo o nell’altro del grande mondo dello scambio di dati è come comprare il miglior computer senza avere accesso a internet”, argomenta il diplomatico con radici vallesane. “Oggigiorno la guerra è una guerra di dati, che si vince solo se si fa parte di un insieme capace di analizzare e diffondere i dati”.
“Il tema quindi si presenterà, ma alla fine qualunque sia la scelta che sarà operata dal Consiglio federale ci troviamo in questo meraviglioso sistema che si chiama democrazia diretta, che permetterà al popolo di pronunciarsi”, afferma l’intervistato.
Ma quindi la Svizzera – insiste il giornalista radiofonico – deve avvicinarsi alla Nato? “La Svizzera deve porsi il quesito di come vuole per esempio ottimizzare i suoi acquisti di armamento. Vuole farlo in modo completamente autonomo o vuole farlo in cooperazione con paesi che comprano gli stessi equipaggiamenti, cosa che permetterebbe di abbassare i prezzi?”.
“La neutralità non è una neutralità di valori”
“La Svizzera deve anche chiedersi, riguardo al contributo che la Nato di fatto dà alla difesa della Confederazione, fino a che punto questo contributo è gratuito”, fa presente il padre di famiglia. “Non sarà mai gratis e quindi dobbiamo domandarci cosa possiamo fare per compensare questa situazione. Ci sono molte riflessioni da fare”.
Pitteloud fa riferimento anche ai decenni passati. “Quando si parla di avvicinamento non dimentichiamo che durante la Guerra fredda la Svizzera, sulla base dei suoi valori, faceva chiaramente parte del campo della libertà e non di quello dei nemici della libertà: la neutralità non è una neutralità di valori”, conclude il diplomatico che è stato fra l’altro testimone del genocidio in Ruanda e che è sposato con una ruandese.
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