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Svizzera, 125 anni di democrazia diretta

Il 5 luglio del 1891, il popolo approvò la riforma costituzionale che introdusse il diritto d'iniziativa a livello federale

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Il voto sulla Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, ha mostrato una volta di più come la democrazia diretta possa ridefinire il destino di un paese. La stessa cosa vale per la Svizzera, dove la democrazia diretta è parte integrante del sistema politico e modello a cui guardano con interesse altri paesi.

Il nostro sistema partecipativo compie 125 anni. Il 5 luglio del 1891 gli aventi diritto (allora solo uomini, per la verità) accettarono la riforma costituzionale che introdusse il diritto d’iniziativa a livello federale.

Ecco il messaggio del Consiglio federale sulla riforma dei diritti politici [cfr. video sopra]. Accogliendo il nuovo articolo 118 della Costituzione, il popolo si concede il diritto d’iniziativa. Dopo 43 anni di democrazia parlamentare, nel 1891, l’antica Assemblea popolare trova una sua forma a livello federale; nasce così la democrazia diretta.

“La democrazia diretta porta ad una distribuzione del potere”, osserva il politologo ed ex deputato socialista Andreas Gross. “Con questo passo, il Parlamento ha infatti perso il monopolio sulle decisioni politiche: improvvisamente i cittadini hanno ottenuto il diritto di esprimersi su molti temi”.

“L’iniziativa popolare come il referendum erano in origine e sono tuttora uno strumento che permette a chi non ha abbastanza peso nel processo politico di ottenere una sua voce”, dice il professore di diritto e consigliere nazionale UDC Hans-Ueli Vogt.

La democrazia diretta è quindi soprattutto un’arma per le minoranze politiche. Ma queste minoranze hanno difficoltà a imporsi: sulle 206 iniziative popolari passate alle urne, solo 22 – un decimo – sono state accettate.

“Nelle questioni ambientali”, ricorda Vogt, “il popolo è stato sempre più progressista rispetto alla maggioranza parlamentare, basti pensare all’Iniziativa delle Alpi. Nella condanna dei criminali il popolo è invece più rigido rispetto alla politica, e per le questioni legate alla migrazione c’è ormai da decenni un fossato fra parlamento e elettorato”.

Ma il parlamento conosce gli uomori del popolo e ne tiene conto, controbatte Andreas Gross: “Le forze xenofobe non hanno praticamente mai raggiunto la maggioranza, ma il loro 40% ha influenzato la legislazione nazionale”.

Periodicamente rispuntano anche le richieste di riforma, perché non tutte le iniziative rispettano i principi del diritto, le libertà fondamentali o le convenzioni internazionali.

“Noi dell’UDC”, spiega Hans-Ueli Vogt, “siamo convinti con la maggioranza degli elettori, che le decisioni del popolo devono essere al di sopra degli accordi internazionali.”

Al di là dei dubbi su determinate iniziative, anche la sinistra difende però il voto popolare: “La democrazia diretta è una conquista fantastica”, conclude Andreas Gross, “perché da un canto spacca ad ogni voto l’elettorato per qualche mese, ma nell’insieme è il fattore d’integrazione in un paese con tante diversità”.

E così continueremo a litigare per poi ritrovarci. Perché ogni tre mesi, le urne ci aspettano con altri temi. Da 125 anni.

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