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Morti sospette e scambi di foto, infermieri indagati a Mendrisio

Morti sospette, scambi di video e foto di pazienti e un infermiere finito in carcere con accuse pesantissime a suo carico.

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È il desolante quadro che i vertici dell’Ospedale Beata Vergine di Mendrisio e dell’Ente ospedaliero cantonale hanno illustrato ai media al termine dell’indagine interna scattata dopo l’inchiesta a carico del dipendente di 45 anni arrestato nel dicembre 2018.

Una sconcertante vicenda che coinvolge, come è stato riferito in conferenza stampa, marginalmente e con responsabilità differenziate, anche cinque altri operatori sanitari per i quali la direzione del Beata Vergine ha disposto provvedimenti sanzionatori, in particolare due licenziamenti e tre ammonimenti.

Il quintetto, che non risulta indagato dalla Procura cantonale, si sarebbe reso protagonista di uso improprio di servizi di messaggistica istantanea, in particolare con lo scambio su Whatsapp di foto e video di pazienti, anche in stato terminale, corredati con commenti denigratori. Comportamenti ritenuti “incompatibili con gli standard comportamentali ed etici” dell’Ente ospedaliero cantonale.

Sullo sfondo resta naturalmente l’inchiesta penale in corso a carico dell’infermiere 45enne, in carcere da 13 mesi e indagato per omicidio intenzionale, subordinatamente omicidio colposo, lesioni gravi, coazione, lesioni semplici e vie di fatto reiterate.

L’uomo, impiegato da oltre un ventennio all’ospedale di Mendrisio, è sospettato di avere contribuito al decesso di diversi pazienti attraverso la somministrazione impropria di farmaci alle vittime.  

Da Mendrisio l’inviato del Quotidiano.

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