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Penuria di elettricità, si pensa a piccole centrali a gas

Una ciabatta con allacciati diversi cavi
Una serie di piccole centrali a gas attivabili in pochi minuti potrebbe risolvere i problemi di approvvigionamento futuri. Keystone / Obs/bfb / Cipi

Un rapporto sulla sicurezza dell'approvvigionamento energetico ha messo in luce che - nello scenario peggiore - la Svizzera dal 2025 potrebbe soffrire una penuria di elettricità a causa di un disaccordo con l'Unione Europea.

Penuria che si potrebbe tradurre in una disponibilità limitata di corrente elettrica per giorni o forse mesi, come ha spiegato il presidente della Confederazione, Guy Parmelin in un videomessaggio pubblicato sul sito dell’Organizzazione per l’approvvigionamento di corrente elettrica in situazioni straordinarie (OSTRAL).

Una penuria di elettricità significherebbe per esempio che la produzione delle fabbriche sarebbe ridotta o che i mezzi di trasporto come i treni o i tram non potrebbero più circolare se non con delle limitazioni. Così, la Confederazione ha inviato degli opuscoli informativi a circa 30’000 aziende – come ha rivelato la stampa domenicale – con le indicazioni su come prepararsi a un’eventuale scarsità di energia.

Ma in questo scenario, l’associazione PowerLoop che riunisce 22 aziende elettriche comunali, propone un’alternativa: realizzare 2’000 piccole centrali a gas distribuite su tutto il territorio nazionale, da attivare solo in caso di necessità. Potrebbe trattarsi anche di impianti alimentati a biogas, come nel caso del canton Argovia, dove un’azienda specializzata nel riciclaggio di rifiuti organici produce biogas. Questo viene direttamente bruciato in un impianto combinato: un terzo è energia elettrica, il resto è acqua calda che alimenta il teleriscalamento locale.

Piccole centrali a gas

“Per noi una serie di piccole centrali a gas  attivabili in pochi minuti potrebbe risolvere i problemi di approvvigionamento futuri”, osserva Kurt Lüscher, direttore di PowerLoop, sottolineando come le dimensioni ridotte delle centrali permetterebbero un’installazione nel giro di pochi mesi. “Non è scontato, ma rispetto a tutte le altre soluzioni è la più semplice. Nuove dighe in montagna, l’innalzamento di quelle esistenti, o addirittura una nuova centrale nucleare o una centrale a gas di grandi dimensioni sono progetti che richiedono decenni, mentre la nostra soluzione è agile, modulare e flessibile”, spiega Lüscher.

Il costo stimato per 2’000 impianti è di 3,4 miliardi di franchi e sarebbe finanziato dai consumatori, che pagherebbero un supplemento in ogni bolletta (10 franchi l’anno per una famiglia di quattro persone, secondo le stime di SwissLoop). Un eventuale blackout, invece, costerebbe 3 miliardi al giorno.

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Cosa ne pensano i grandi produttori di queste piccole centrali?

“È difficile dire a priori se un modello funzioni o meno”, risponde Samuel Bontadelli, membro della direzione Gruppo Repower. “La mia personale opinione è che vista la base di partenza che abbiamo qui in Svizzera sia poco opportuno cambiare modello su grande scala. Questo però non vuol dire che in certe regioni della Svizzera dove le circostanze offrano delle premesse sensate, non si possa fare”, afferma. L’esperto si dice più favorevole a “misure correttive moderate”, tra cui l’innalzamento di alcune dighe esistenti, gli investimenti nelle rinnovabili e l’incremento dell’importazione di energia.

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