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Non si voterà l’iniziativa ‘Contro l’esportazioni di armi’

Tre diversi proiettili.
L'iniziativa popolare voleva impedire l'esportazione di materiale militare in Paesi teatro di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani o di conflitti interni. © Keystone / Adrien Perritaz

L'iniziativa popolare "Contro l'esportazione di armi in Paesi teatro di guerre civili" (Iniziativa correttiva) sarà ritirata.  I promotori soddisfatti dalle decisioni prese dal Parlamento, hanno deciso di far cadere le loro richieste. Il popolo non sarà quindi chiamato alle urne sul tema.

Dopo il Consiglio degli Stati, oggi (mercoledì) il Nazionale ha infatti sostenuto il controprogetto indiretto proposto dal Governo con 110 voti contro 76, inasprendolo. Ha in particolare stralciato la possibilità di deroga concessa al Consiglio federale e difesa in aula da Guy Parmelin, ciò che ha portato i promotori a dichiararsi soddisfatti e a far cadere le loro richieste. Il popolo non sarà quindi chiamato alle urne sul tema.

Cosa voleva l’iniziativa

L’iniziativa sostenuta da sinistra e Verdi liberali voleva impedire l’esportazione di materiale militare in Paesi teatro di violazioni gravi e sistematiche dei diritti umani o di conflitti interni. I criteri di autorizzazione per l’export, oggi disciplinati a livello di ordinanza, sarebbero stati iscritti nella Costituzione.

Nel corso del lungo dibattito, svoltosi in gran parte lunedì, diversi oratori hanno ricordato una serie di recenti “incidenti” che hanno permesso ad armi svizzere di giungere in zone di guerra, gettando cattiva luce sulla Confederazione. Critiche sono state mosse anche al Governo e ai suoi tentativi di allentare le norme in vigore, ciò che ha portato a una levata di scudi nella società civile nel 2018, scaturita nell’iniziativa.

Sul fronte opposto, si è fatta invece leva sugli aspetti economici, sull’importanza dell’industria tecnica, e le sue esportazioni, per l’economia svizzera e la sicurezza del Paese. I partiti borghesi ritenevano inoltre che l’iniziativa si spingesse decisamente troppo lontano e che non fosse opportuno un disciplinamento a livello costituzionale.

Accettata la soluzione del governo 

La proposta governativa elimina le esportazioni verso i paesi che violano gravemente e sistematicamente i diritti umani e continuerebbe a vietare le vendite a Paesi in guerra civile, ha rilevato il ministro dell’economia Guy Parmelin, ricordando che consente comunque al popolo di avere l’ultima parola tramite referendum facoltativo.

Lo scorso mese di giugno gli Stati hanno voluto inasprirlo, cancellando la possibilità, concessa all’Esecutivo in circostanze eccezionali, di derogare a queste regole per salvaguardare gli interessi di politica estera o di sicurezza nazionale. La deroga è stata mal digerita a sinistra, ma anche al centro, poiché secondo questi schieramenti avrebbe indebolito troppo il controprogetto.

Il Consiglio federale può derogare solo per periodi limitati, in un quadro legale definito e deve sempre e ancora rispettare il diritto internazionale e il commercio delle armi, ha sostenuto invano Parmelin, aggiungendo che il Governo ha bisogno di un margine di manovra se la situazione si aggravasse. Oggi anche il Nazionale ha deciso di stralciarla, con 96 voti a 91 e 6 astensioni. Decisione che ha portato al ritiro dell’iniziativa popolare.

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