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La crisi delle grandi fiere generaliste

donna si asciuga le mani in un asciugatrice
Gli anni '80, l'epoca d'oro del Comptoir Suisse. Nella foto Miss Svizzera Brigitte Voss testa nel 1981 un modernissimo asciugamani. Keystone

Dopo la Muba di Basilea, chiudono anche la Züspa di Zurigo e il Comptoir Suisse di Losanna. Nel 2019 quest'ultima fiera avrebbe dovuto festeggiare il secolo di vita.

Non ci sarà una centesima edizione del Comptoir Suisse di Losanna (Vaud). Il gruppo basilese MCH ha comunicato martedì di volere rinunciare all’organizzazione di questo evento, così come della Züspa di Zurigo, che l’anno prossimo avrebbe celebrato il settantesimo compleanno. Alla fine di giugno, l’azienda aveva già annunciato che l’edizione dell’anno prossimo della Muba, la fiera di Basilea, sarebbe stata la ultima.

In un comunicato, l’amministratore delegato del gruppo, Hans-Kristian Hoejsgaard, spiega che questo “format fieristico tradizionale”, generalista e focalizzato sulla vendita di prodotti, non corrisponde più alla strategia della sua società.

Il servizio della RSI:

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Crollo delle visite

Creato nel 1919 con l’obiettivo di stimolare il consumo e rilanciare l’economia nazionale, il Comptoir Suisse è stata una delle prime grandi fiere campionarie svizzere. La Muba di Basilea era nata due anni prima.

Riservata all’inizio ai professionisti, dopo la Seconda guerra mondiale la fiera è aperta al pubblico. Con il boom economico e la diffusione dei beni di consumo, ad esempio gli elettrodomestici, la manifestazione acquista grande notorietà e riesce ad attirare fino a un milione di visitatori (record di 1,1 milioni di entrate nel 1986). Dagli anni ’90 l’erosione di visitatori è però costante ed esponenziale: dalle 570’000 entrate del 1997 si è scesi ad appena 61’000 quest’anno. Traiettoria simile anche per la Züspa di Zurigo, che nel 2018 ha registrato appena 102’000 entrate.

Legame sociale

Queste fiere, in particolare quella vodese, rappresentavano però qualcosa di più di un semplice appuntamento commerciale. A Beaulieu, il centro esposizioni di Losanna, convergeva gran parte della popolazione cantonale. “Gran parte dei vodesi si ritrovava al Comptoir. C’era una vera e propria simbiosi della comunità vodese, tra tutti gli strati sociali”, ha ricordato il consigliere di Stato vodese Philippe Leuba, intervistato dalla Radio della Svizzera romanda (RTS).

La manifestazione era anche un’occasione per avvicinare il mondo rurale a quello cittadino e aprire una finestra sul mondo. Ogni anno, infatti, vi era un paese ospite d’onore. Nel 1975, ad esempio, i visitatori del Comptoir hanno potuto scoprire la Cina e i suoi prodotti.

“Capire cosa significa vendere”

Per lo storico Laurent Tissot, interpellato anche lui dalla RTS, “da un punto di vista storico la fine del Comptoir ha un impatto considerevole, a livello sociale, economico, politico, culturale o ancora simbolico”.

“Oggi più nessuno acquista un aspirapolvere al Comptoir” Philippe Leuba

Uno dei pregi di questa manifestazione – ha proseguito Tissot – è di avere modificato in un certo senso la mentalità dei fabbricanti elvetici: “A lungo, sin dal XIX secolo, gli svizzeri sono stati criticati perché sapevano creare dei bei prodotti, ma non sapevano assolutamente venderli. Ci è voluto molto tempo affinché capissero che c’era anche questo elemento di marketing. Il Comptoir Suisse ha permesso di capire cosa significa vendere, attirare dei clienti”.

Quest’epoca è però ormai superata. “Assistiamo a un fenomeno di società. I modi di consumo evolvono, internet non esisteva fino a qualche anno fa […]. Oggi più nessuno acquista un aspirapolvere al Comptoir”, ha sottolineato il consigliere di Stato vodese Philippe Leuba.

Non tutto è perduto

Se a Losanna, Zurigo e Basilea, l’era delle grandi fiere generaliste sembra ormai finita, a San Gallo l’Olma invece resiste. Dopo qualche anno di crisi, che avevano scavato un debito di 60 milioni nel 2003, la manifestazione è riuscita a risalire la china e attira ancora 350’000 visitatori all’anno.

Questo successo ha diverse ragioni. Da un lato, la società organizzatrice si è sempre focalizzata su questa fiera, senza disperdersi in altre manifestazioni. Inoltre, la popolazione della regione è molto legata all’Olma. “La gente prende delle ferie extra”, ha dichiarato alla Neue Zürcher Zeitung Nicolo Paganini, direttore della società cooperativa che gestisce l’Olma. Non da ultimo, la fiera ha saputo mantenere un legame forte con l’agricoltura, pur non essendo – come molti potrebbero pensare – una fiera per gli agricoltori.

Il futuro sembra però appartenere soprattutto a fiere più specialistiche, focalizzate su determinati prodotti e su un determinato pubblico. Anche qui però non è tutto rosa e fiori. Il salone dell’orologeria Baselworld – organizzato proprio dalla MCH – è sotto forte pressione dopo che la Swatch, uno degli espositori più importanti, ha annunciato in luglio la sua volontà di ritirarsi.


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