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La “campagna negativa” del PPD rischia di trasformarsi in boomerang

Il Partito popolare democratico (PPD) ha lanciato una campagna su internet con la quale prende di mira i candidati degli altri partiti. Una prima in Svizzera che ha suscitato numerose critiche, anche all’interno dello stesso PPD.

Gerhard pfister e Benjamin Roduit
Per il presidente del PPD Gerhard Pfister (in primo piano) l’obiettivo della controversa campagna è solo di paragonare le posizioni del suo partito con quelle degli altri. Non di prendere di mira le persone. Keystone / Peter Schneider

In gergo si chiama “negative campaigning” e il principio è semplice: screditare l’avversario invece di sottolineare soprattutto le proprie qualità. Questa strategia elettorale non è di certo una novità. Da decenni è utilizzata per cercare di demolire i rivali politici. In Svizzera, l’Unione democratica di centro ha recentemente utilizzato una tecnica simile con il manifesto della mela mangiata da vermi “sinistroidi ed europeisti”.

Finora, però, nessun partito si era spinto al punto da attaccare personalmente quasi ogni singolo candidato. O perlomeno non in un modo così ampio. A ‘innovare’ ci ha pensato il Partito popolare democratico (PPD, centro), lanciando lunedì una campagna via internet. Digitando il nome di un politico su Google, l’internauta vede apparire un annuncio. Cliccandoci sopra, arriva su una pagina coi colori del partito della persona in questione e con una serie di argomenti atti a screditarla.

Ce n’è per tutti, anche per gli alleati

Si può ad esempio leggere: “Il nostro sistema sanitario minaccia di sprofondare finanziariamente. X rappresenta il partito Y che vuole: fare pagare ancore di più i malati, ridurre le prestazioni, lasciare che le famiglie se la sbrighino da sole in caso di problemi”. E sotto il testo compare un tab con la scritta “Voglio delle vere soluzioni” che rinvia al programma del PPD.

Il partito prende di mira tutti, non risparmiando neppure i candidati di quei partiti – ad esempio del Partito liberale radicale o dei Verdi liberali – coi quali si è alleato in certi cantoni.

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“Non appartiene alla nostra cultura politica”

La campagna – che da mercoledì sembra essere stata messa un po’ in sordina – ha suscitato numerose critiche.

Questo tipo di operazione “non appartiene alla nostra cultura politica”, ha spiegato ai microfoni della Radiotelevisione svizzera l’esperto di comunicazione politica Mark Balsiger.

Le reazioni sulle reti sociali non si sono fatte attendere. Il PPD ha aperto “l’armadietto del veleno” e iniziato a disimballare il “gas mostarda”, ha ad esempio twittato il consigliere nazionale liberale radicale Marcel Dobler.

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Anche all’interno del PPD, la campagna non è stata apprezzata da tutti. Il ‘senatore’ Filippo Lombardi – capogruppo del partito alle Camere federali – ha ad esempio preso le distanze, a nome suo e dei due altri rappresentanti ticinesi a Berna, Fabio Regazzi e Marco Romano. “Non è il nostro stile e il nostro modo di lavorare – ha dichiarato Lombardi, interpellato dal Corriere del Ticino. Il vertice del partito ci aveva detto che ci sarebbe stata una campagna online e che non sarebbe mancata anche qualche provocazione, ma non che sarebbero state prese di mira le persone”.

Il presidente del PPD Gerhard Pfister ha invece difeso la campagna: “L’obiettivo è di paragonare le nostre posizioni con quelle degli altri. Non prendiamo di mira la persona”.

Per il PPD, confrontato da anni con un calo costante dei consensi e che alle prossime elezioni di ottobre potrebbe essere superato dai Verdi, l’operazione potrebbe trasformarsi in un boomerang. Un attacco simile rischia infatti di scalfire non poco l’immagine che il partito cerca di trasmettere, ossia quella di un anello di congiunzione che tiene unito il paese, di un costruttore di ponti garante della concordanza e della coesione nazionale.

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