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Gli scheletri che raccontano una pagina buia della storia svizzera

È una triste ironia che siano proprio degli scheletri a portare alla luce i proverbiali scheletri nell’armadio. Uno studio svolto sulle ossa esumate dal cimitero della “casa di correzione Realta” nel cantone Grigioni, ha permesso di avere un’idea più precisa delle condizioni di vita e di salute delle persone internate in modo coatto nel periodo a cavallo tra XIX e XX secolo. E le verità che emergono non sono lusinghiere.

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A fare molto parlare ultimamente in Svizzera sono stati i casi più recenti di internamenti e ricollocamenti coatti, quelli le cui vittime sono ancora in vita. 

Lo studio grigionese, il primo in Svizzera effettuato analizzando scheletri, va però più indietro, fino agli internamenti di Ottocento e di inizio Novecento.

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ritratti di due persone appesi su un cartellone

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I volti delle vittime dei collocamenti coatti

Questo contenuto è stato pubblicato al Pubblicato il primo di una serie di dieci volumi per fare luce su un triste capitolo della storia svizzera.

Di più I volti delle vittime dei collocamenti coatti

In quel periodo è iniziata la pratica di internare in “case di correzione”  le persone considerate  “trascurate”, “pigre” o “pazze”.  Lo studio si è svolto sulle ossa esumate dal cimitero di un istituto di “internamento amministrativo” e illustra come i problemi di salute e la povertà abbiano contribuito alle misure coatte.

L’istituto in questione è la “casa di correzione cantonale Realta”, a Cazis nel canton Grigioni. 

Un’analisi archeologica si è resa necessaria perché in quel luogo sono in corso i lavori di costruzione di un nuovo penitenziario.  

Il cimitero ospitava 103 tombe risalenti approssimativamente al periodo tra il 1858 e il 1910. Grazie ai registri della casa di correzione sono noti i nomi e altri dati di numerose persone che morirono durante il periodo di internamento e che vennero seppellite in loco.

Internamenti coatti: cause e conseguenze

Le fonti documentano la grande diversità delle persone internate: donne e uomini, cattolici e protestanti, di età diversa e anche provenienti da altri cantoni.

All’epoca, spiega una nota dell’Ufficio della cultura cantonale, si credeva che la povertà fosse da ricondurre a un comportamento sbagliato dell’individuo e le persone il cui stile di vita si scostava dalla norma o che non erano in grado di provvedere autonomamente al proprio mantenimento venivano internate contro la loro volontà in istituti quali case di lavoro e ospizi di mendicità (internamento amministrativo).

Possibili casi di sindrome di Stickler, microcefalia, sifilide congenita, ipotiroidismo endemico e disabilità di origine traumatica furono probabilmente il motivo della marginalizzazione e dell’internamento. La frequenza sensibilmente più elevata di tubercolosi era associata allo statuto socioeconomico e alle condizioni di vita all’interno dell’istituto.

Le fratture, in particolare delle costole, erano molto frequenti e probabilmente dovute a episodi di violenza interpersonale dentro l’istituto, oltre che a malattie quali l’osteoporosi e l’osteomalacia.

Il triste ruolo “pioniere” dei Grigioni

Già uno studio pubblicato nel 2017 aveva evidenziato che i Grigioni furono tra i primi Cantoni a disporre di una “casa di lavoro” per “fannulloni” e “vagabondi”: nel 1840 fu aperto lo Zwangsarbeitsanstalt Fürstenau (casa di lavoro forzato), uno dei primi istituti in Svizzera, che nel 1855 fu trasferito nella “casa di correzione” di Realta a Cazis. 

Qui, stima lo studio, tra il XIX e il XX secolo gli internamenti amministrativi hanno riguardato 1’500 persone. L’istituto è stato uno dei luoghi di coercizione più importanti in Svizzera fino alla metà degli anni Settanta. 

Le scoperte fatte in questo luogo serviranno da base per ulteriori studi in altri cantoni.

Decine di migliaia di vittime

Il sistema degli internamenti e dei ricollocamenti coatti abusivi in Svizzera è durato fino ai primi anni ’80 ma solo negli ultimi anni è iniziato un lavoro di chiarificazione di quanto successo, sia a livello cantonale che federale. 

Il numero di vittime in tutta la Svizzera è stimato tra le 50’000 e le 60’000 persone. Per risarcirle è stato istituito un fondo del valore di 300 milioni di franchi.

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