La metà dei Comuni svizzeri non sono abbastanza preparati in ambito di cybersicurezza
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Molti Comuni svizzeri non sono sufficientemente preparati di fronte al rischio di cyberattacchi: secondo un sondaggio mancano spesso strumenti di base quali un inventario informatico, direttive di sicurezza chiari, piani d'emergenza e corsi di formazione.
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Complessivamente il 59% dei Comuni che hanno partecipato al sondaggio – ossia circa il 30% del totale – si considera “in ritardo” in materia di digitalizzazione, a fronte del 56% nel 2024, indicano oggi in un comunicato l’Associazione dei Comuni svizzeri (ACS), l’associazione Il mio Comune e la Scuola universitaria professionale della Svizzera nordoccidentale (FHNW). Come l’anno scorso, il 3% afferma perfino di aver mancato la trasformazione digitale.
Ciononostante i Comuni considerano importanti la cybersicurezza (74%) e la digitalizzazione (71%): questi due temi si collocano al terzo e quarto posto delle loro preoccupazioni, appena dietro all’infrastruttura (81%) e alle finanze (79%).
La situazione è particolarmente inquietante per quanto riguarda la panoramica generale dei sistemi: la quota di chi dichiara di non disporre di alcun inventario dei propri sistemi informatici, o solo di uno incompleto, si attesta al 42% in Ticino, al 46% in Romandia e al 33% nella Svizzera tedesca.
Sempre stando al sondaggio, il 39% afferma di non essere dotato di una soluzione in materia di sicurezza informatica, una quota che nella Svizzera romanda si attesta al 41% e in quella tedesca al 36%. Rispettivamente il 46, il 47 e il 42% non ha piani d’emergenza, e il 51, 55 e 49% non dispone di una gestione dei rischi. Infine, in Ticino ben il 79% dei Comuni dichiara di non offrire una formazione sistematica sulla cybersicurezza ai collaboratori, molti di più che nella Svizzera romanda e tedesca (rispettivamente 50 e 49%).
Non solo firewall
“La cybersicurezza non inizia solo con il firewalll, ma con la comprensione dell’intero sistema”, sottolinea nella nota il direttore di Il mio Comune Alex Sollberger. A suo dire “molti Comuni si affidano a fornitori di servizi IT, per cui diventa ancora più importante che si assumano la responsabilità in prima persona, formino i loro collaboratori in modo mirato e si considerino un’organizzazione in fase di apprendimento. Al contempo anche i fornitori di servizi vanno responsabilizzati maggiormente”.
Il sondaggio mostra anche che molti Comuni auspicano un maggiore supporto da parte di specialisti esterni, soprattutto in materia di gestione dei rischi (60% a livello nazionale, 67% in Ticino), cybersicurezza (rispettivamente 59 e 64%), corsi di formazione (59 e 75%) e sviluppo di piani d’emergenza (58 e 64%).
Alla luce di queste cifre si pone la domanda se standard prescritti per legge debbano fornire un quadro più solido in futuro, in particolare laddove mancano risorse e competenze. “L’ACS continuerà ad adoperarsi affinché i Comuni ottengano il sostegno necessario”, dichiara nel comunicato la sua direttrice Claudia Kratochvil-Hametner. “Siamo favorevoli a soluzioni standardizzate ma che devono essere praticabili e accessibili.”
Dall’inchiesta emergono anche aspetti positivi: la maggior parte dei Comuni associa la digitalizzazione a opportunità chiaramente riconoscibili, sia per aumentare l’efficienza, sia per migliorare i servizi alla popolazione all’economia, sia per rafforzare la comunicazione con gli abitanti. “Il sondaggio dimostra chiaramente che i Comuni vogliono andare avanti, ma hanno bisogno degli strumenti e dei partner giusti per farlo”, afferma Sollberger.
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