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Canone SSR, anche dal Nazionale “no” a iniziativa e controprogetti

Il democentrista Gregor Rutz durante i dibattiti.
Il democentrista Gregor Rutz durante i dibattiti. Keystone-SDA

Dopo il Consiglio federale, giovedì anche la camera bassa del Parlamento elvetico ha respinto l'iniziativa popolare "200 franchi bastano! (Iniziativa SSR)".

L’iniziativa che chiede la riduzione del cantone radiotelevisivo a 200 franchi l’anno dagli attuali 335, lanciata da ambienti vicini all’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), è stata bocciata giovedì dal Consiglio nazionale con 116 voti contro 74 e 2 astenuti. Respinte pure l’idea di un controprogetto indirettoCollegamento esterno voluto dai democentristi e la proposta di un controprogetto direttoCollegamento esterno preconizzato dai socialisti. Nel corso dei lunghi dibattiti tutti i partiti, tranne l’UDC, hanno criticato l’iniziativa. Anche il Consiglio federale è contrario. Il dossier passa ora gli Stati.

Ben 76 oratori

Visto che si erano proposti ben 76 oratori, le discussioni sono iniziate il primo giorno della sessione, sono proseguite ieri e si sono concluse solo oggi per una durata complessiva di otto ore.

In primis, la Camera del popolo era chiamata a esprimersi sull’iniziativa popolare presentata dall’UDC, dall’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) e dai Giovani PLR. Oltre a ridurre il canone a 200 franchi annui, il testo vuole esentare tutte le aziende dall’obbligo di pagare la tassa di ricezione.

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La commissione preparatoria del Consiglio nazionale proponeva a larga maggioranza di respingere l’iniziativa. A suo avviso, l’offerta giornalistica di qualità della SSR che copre tutte e quattro le regioni linguistiche è essenziale per la coesione nazionale e la democrazia diretta.

Secondo la commissione, la riduzione del canone richiesta comporterebbe un massiccio calo della qualità dell’offerta radiotelevisiva svizzera. Tale riduzione non sarebbe inoltre proporzionale allo sgravio finanziario annuo per famiglie e imprese, hanno spiegato i relatori commissionali Delphine Klopfenstein Broggini (Verdi) e Martin Candinas (Centro).

Iniziativa “irrealistica” e “pericolosa”

Tali argomentazioni sono state riprese dalla maggior parte degli oratori – compresi i consiglieri nazionali ticinesi del PLR, del Centro e della sinistra – intervenuti nei tre giorni di dibattito, i quali hanno definito l’iniziativa “irrealistica” e “pericolosa”.

“La SSR è un esempio di federalismo solidale. Anche l’angolo più periferico del Paese, dove si parla una lingua minoritaria, può accedere a contenuti di qualità. Tagliare il canone a 200 franchi significherebbe spegnere una parte importante della nostra diversità linguistica, culturale e informativa”, ha dichiarato oggi la consigliera nazionale Greta Gysin (Verdi).

“Si tratta di una tipica iniziativa neoliberista e da motosega”, ha rincarato il collega Bruno Storni (Partito socialista, PS), secondo il quale “con meno di 1 franco al giorno SRF, RTS, RSI, RTR e Swissinfo creano informazione e approfondimenti in maniera indipendente. La SSR produce e promuove cultura, sport e intrattenimento con un occhio di riguardo alle minoranze”.

“Approccio equilibrato” e “SSR non è neutrale”

Di parere opposto Piero Marchesi (UDC): “con l’iniziativa ‘200 franchi bastano!’ si propone un approccio equilibrato. Chi vuole più contenuti li potrà acquistare volontariamente, come già oggi facciamo per tanti altri servizi televisivi. Chi invece vuole semplicemente un servizio pubblico essenziale, vale a dire informazione, approfondimento e coesione nazionale, pagherà un canone obbligatorio ridotto e più equo di 200 franchi”. Secondo Marchesi, non è giustificata la paura che ad esempio la RSI sparisca o venga penalizzata. “Il testo dice in modo esplicito che la perequazione finanziaria tra le regioni linguistiche resta garantita”.

Tali argomenti sono stati ribaditi dai molti democentristi intervenuti durante il lungo dibattito, nonché da qualche liberale-radicale.

Secondo Lorenzo Quadri (Lega dei Ticinesi, destra populista), “l’iniziativa ‘200 franchi bastano’ è un’iniziativa moderata e ragionevole, non è estrema come poteva essere l’iniziativa ‘No Billag’ che prevedeva l’azzeramento del canone. A suo avviso, “l’informazione SSR non è neutrale; è orientata e spesso apertamente ideologica. Un’ampia maggioranza dei giornalisti si identifica con posizioni di sinistra”. Secondo Quadri, la SSR non rispetta quindi gli impegni presi dopo la votazione “No Billag”.

Ma alla fine la maggioranza del plenum non ha seguito le argomentazioni del gruppo democentrista.

No anche ai controprogetti

Per quanto riguarda l’idea di opporre un controprogetto all’iniziativa, essa è stata a lungo discussa nelle commissioni competenti di entrambe le Camere, venendo tuttavia sempre sconfessata da quella degli Stati. Alla fine è stata quindi abbandonata anche dalla Commissione delle telecomunicazioni del Nazionale, che ha rinunciato tout court a formulare una controproposta.

Di tutt’altro parere l’UDC: il principale partito svizzero è fermamente convinto che un controprogetto indiretto volto a rendere più efficiente il servizio pubblico radiotelevisivo debba essere adottato a tutti i costi dal Parlamento. Il consigliere nazionale Benjamin Fischer (UDC), che ha chiesto di rinviare il dossier alla commissione incaricandola di elaborare una controproposta, ha sottolineato invano come la SSR si stia allontanando sempre più dal suo mandato, occupando il terreno dei media privati. Ma al voto la sua proposta è stata bocciata per 106 a 82 e 4 astenuti.

Dal canto suo, anche il PS – per bocca di Jon Pult (PS) – avrebbe voluto un controprogetto, questa volta diretto, per finanziare la radio e la televisione attraverso un fondo indipendente alimentato dall’IVA. Secondo Pult, la SSR non è perfetta, ma è necessaria. Il socialista grigionese ha quindi chiesto al plenum di raccomandare al popolo e ai cantoni di respingere l’iniziativa e di accettare il controprogetto diretto. Ma anche in questo caso la maggioranza non l’ha seguito, bocciando la sua proposta con 126 voti contro 62 e 2 astenuti.

Visti i rapporti di forza al Consiglio nazionale, si è capito subito che sarebbe stato molto difficile che una delle due proposte – sia quella democentrista che quella socialista – potesse ottenere una maggioranza al voto. Il dossier passa ora agli Stati.

Consiglio federale: 300 franchi entro il 2029

Anche il Consiglio federale si oppone all’iniziativa popolare, ha ricordato il consigliere federale Albert Rösti durante le discussioni. Tuttavia, l’esecutivo propone un controprogetto a livello di ordinanza (che non richiede modifiche di legge, ndr.): il canone verrebbe ridotto a 312 franchi (dagli attuali 335) nel 2027 e poi a 300 franchi nel 2029 per le economie domestiche private.

Per le economie domestiche collettive, come le case di cura, la tassa passerebbe da 670 a 624 franchi nel 2027 e poi a 600 franchi nel 2029. Anche le aziende con un fatturato annuo soggetto a IVA fino a 1,2 milioni di franchi (attualmente 500’000) sarebbero esonerate dal canone, ha precisato Rösti.

Sempre in tema di media, durante questa sessione gli Stati dovranno invece decidere se sostenere maggiormente col canone radio-TV le emittenti radio e televisive locali, nonché le agenzie di stampa. Il dibattito è previsto mercoledì 18 giugno.

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