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Terremoto renziano alle europee, doppiato Grillo

I cinque mesi che cambiarono l’Italia, PD oltre il 40%, euroscettici e Berlusconi al palo

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Affermazione clamorosa in Italia – in controtendenza con quanto avvenuto nel resto del continente, in cui i partiti di governo hanno subito l’avanzata degli euroscettici – del PD del premier Renzi, che ha quasi doppiato il risultato dei grillini. Non solo infatti non c’è stato il sorpasso del Movimento 5 Stelle, ipotesi peraltro scartata dai sondaggi della vigilia, ma neanche il temuto avvicinamento tra le due formazioni che avrebbe messo a rischio la tenuta del governo. Se l’ex sindaco di Firenze era alla ricerca di una sorta di legittimazione dalle urne per emendare il peccato originale del suo governo, nato da una manovra di palazzo tutta interna ai democratici, non poteva sperare di meglio.

Una vittoria di tali dimensioni, al netto della scarsa partecipazione al voto, ha pochi precedenti nella storia della Repubblica, a dimostrazione della volatilità del corpo elettorale italiano, che precedentemente si era fatto imbonire da Berlusconi e successivamente aveva votato Grillo. Bisogna infatti risalire alle stagioni migliori della Democrazia cristiana per vedere una formazione politica a oltre il 40% dei consensi. Ma quello che colpisce è il divario tra il PD di Renzi e gli altri due leader che hanno monopolizzato la campagna elettorale. Grillo che veniva dato in crescita resta staccato di circa 20 punti percentuali e Forza Italia di Berlusconi, protagonista indiscusso dell’ultimo ventennio, scende intorno al 15%.

E in questo senso due sono i principali dati politici che risaltano dal voto. Da un lato, alla luce dello scarso risultato del NCD di Alfano, ora in Italia c’è di fatto, al di là della concreta composizione della compagine ministeriale, un governo di centro-sinistra che mette fine alle piccole-grandi intese. A questo punto Renzi potrebbe addirittura essere tentato di andare ad elezioni politiche, qualunque sia la legge elettorale, Italicum, Porcellum o altro ancora.

Dall’altro va evidenziato il vero e proprio miracolo compiuto da Renzi, divenuto segretario del PD solo cinque mesi fa (non senza resistenze interne da parte della nomenclatura ex PCI-DS) e che in poco tempo ha portato i democratici ben oltre i tradizionali steccati del centro-sinistra. Solo il PCI all’epoca del compromesso storico riuscì a raggiungere, alle politiche del 1976, il 34,4%. Alle legislative dell’anno scorso, va ricordato, il candidato premier Bersani, si era fermato poco sopra il 25%. Gli elettori hanno insomma concesso a Renzi una notevole apertura di credito, alla vigilia del semestre italiano alla testa dell’UE, in un contesto peraltro complicato dal profilo economico e sociale. Spetta ora al segretario del PD dare seguito a queste aspettative, evitando così di farsi rottamare come tutti gli ultimi leader della sinistra.

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