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Siria, quasi mezzo milione di morti

Le vittime sono il doppio delle stime Onu, secondo il rapporto pubblicato da una ONG; intanto, a Monaco, poco si muove sul fronte diplomatico

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Nel conflitto siriano, poco si muove sul fronte diplomatico. A Monaco di Baviera, in Germania, dove per i prossimi due giorni si terrà la conferenza sulla sicurezza, le potenze discutono senza trovare accordi.

Giovedì, intanto, un’organizzazione non governativo ha pubblicato un inedito bilancio delle vittime della guerra: i morti sarebbero ormai quasi mezzo milione, il doppio delle stime dell’Onu.

470 mila morti, quasi il doppio rispetto a quanto finora detto dalle Nazioni Unite. L’11,5% della popolazione ucciso o ferito. Metà dei cittadini fuggiti dalla propria casa.

Ha alzato di molto le stime il rapporto pubblicato giovedì mattina dal Syrian Center for Policy Research, ONG indipendente che da anni studia la situazione in Siria.

Il documento è diffuso mentre da giorni sale la preoccupazione per Aleppo. Dopo tre anni di assedio, la seconda città siriana è ora obiettivo di una controffensiva delle forze di Damasco appoggiate dai caccia militari russi.

Almeno 50 mila gli abitanti fuggiti e ammassati al confine turco, che però rimane chiuso. Alle critiche Ankara, dopo aver minacciato di inviare i rifugiati nei paesi confinanti, in Europa, ha risposto ancora oggi: ci vuole una no-fly zone nel nord della Siria.

Difficile però immaginarne una in questo momento. Anzi, proprio oggi l’agenzia di stampa ufficiale russa ha rivelato che solo nell’ultima settimana Mosca ha compiuto oltre 500 raid aerei.

Damasco guadagna terreno, l’opposizione sembra spezzarsi, intanto la crisi umanitaria si fa più profonda e gli Stati Uniti in questo momento delicato, con i negoziati in stallo, non vogliono stare a guardare.

E così a Monaco, durante l’ennesimo colloquio sulla Siria, la tregua proposta dai russi e prevista per il primo marzo è stata accolta dagli americani con scetticismo, espediente, dicono i meno ingenui, solo per guadagnare tempo e schiacciare intanto i ribelli.

Washington non ci crede, vorrebbe un cessate-il-fuoco immediato, “tutto o niente”. Perché senza una tregua e corridoi umanitari l’opposizione non siederà al tavolo delle trattive.

La strada per la pace sembra essere ancora lunghissima.

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