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Prosegue l’avanzata turca nel nord della Siria

Un carrista sopra un blindato turco.
Keystone

È proseguita venerdì l'offensiva turca contro le zone controllate dai curdi nel nord della Siria, dove sono stati intensificati i tiri di mortaio sulle postazioni avversarie. Intanto secondo l'ONU sono 100'000 le persone che hanno abbandonato le loro case per sfuggire al conflitto.


Mentre non si registrano significativi sviluppi sul fronte diplomatico per arginare la crisi e far arrestare l’attacco di Ankara. Il capo del Pentagono Mark Esper ha messo in guardia la Turchia sulle “gravi conseguenze” dell’offensiva, anche se da parte sua il capo di Stato maggiore statunitense Mark Milley ha giudicato “relativamente limitata” l’operazione aerea e terrestre per impossessarsi della regione a ridosso della frontiera profonda 30 km dove, nelle intenzioni di Ankara, saranno ricollocati 3,6 milioni di profughi siriani.

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Mentre Donald Trump, che con le sue recenti dichiarazioni sul ritiro di soldati USA aveva di fatto dato il via libera ad Ankara, ha minacciato sanzioni economiche “molto forti”.

Ma il presidente Recep Tayyio Erdogan ha fatto sapere in serata che non bloccherà “l’offensiva contro le milizie curde sostenute dall’Occidente, (…) poco importa quanto viene affermato da taluni”.

Intensi combattimenti tra le Forze democratiche siriane (Fds, curdi) e reparti turchi vengono segnalati in particolare a Tal Abyad e a Ras al-Ain. Le Fds, che utilizzano trincee e tunnel per difendersi, sono impegnate ad arrestare l’avanzata di Ankara che ha conquistato 11 villaggi della regione, secondo fonti locali che riferiscono di tribù arabe che si sono unite all’esercito turco che riporta la notizia di 342 “terroristi” finora.

In proposito organizzazioni internazionali parlano di un incipiente nuovo disastro umanitario in un paese dove la guerra ha fatto più di 370’000 morti dal 2011 e milioni di profughi per effetto dell’intervento di molteplici attori regionali e internazionali.

Intanto a New York le discussioni all’ONU vertono su un testo statunitense che intende chiedere alla Turchia di proseguire i suoi obiettivi sul piano diplomatico e non militare. La sua adozione dipenderà però, hanno rilevato numerosi osservatori, dall’atteggiamento di Mosca.

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