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Iraq, una guerra non necessaria

Dopo sette anni, la commissione d'inchiesta britannica condanna la strategia dell'allora premier Tony Blair: "una decisione prematura, affrettata, priva di solide basi legali"

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Saddam Hussein non era una minaccia immediata, e Tony Blair – l’allora premier inglese – è stato frettoloso quanto presuntuoso nella convinzione di poter condizionare gli Stati Uniti.

Dopo sette anni, più di 200 testimonianze e 150mila documenti governativi, la commissione d’inchiesta, sulla partecipazione del Regno Unito all’intervento militare in Iraq nel 2003, ha espresso il suo verdetto: Una decisione prematura, affrettata, non necessaria, poco condivisa.

Presentando questa mattina le conclusioni, il presidente Sir John Chilcot ha evidenziato come la giustificazione dell’attacco a Baghdad poggiasse su dati dell’intelligence “imperfetti”, senza assumere adeguate precauzioni per fronteggiare i prevedibili disordini post-bellici. Una strategia dunque “completamente inadeguata” nella sua complessità, priva di solide basi legali: oltre due milioni e mezzo di parole che deplorano l’operato di Blair. Per il suo appoggio incondizionato all’allora presidente statunitense George W. Bush.

Reazioni: Tony Blair si difende

Il rapporto Chilcot ha generato un prevedibile terremoto politico. Soprattutto nei confronti dell’allora premier Tony Blair che, commentandolo, ha in parte difeso la sua decisione, definita comunque come una delle più “angosciose” della sua carriera. C’è ora chi chiede con maggiore insistenza una sua incriminazione. Mentre l’attuale premier Cameron si augura che la lezione possa servire per il futuro.

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