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USA, bocciate due proposte per porre fine allo shutdown

Nessuna delle due proposte per mettere fine allo shutdown dell'amministrazione federale statunitense ha passato lo scoglio del Senato. 

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Lo scopo era lo stesso: mettere fine alla più lunga paralisi della storia nell’amministrazione statunitense che prosegue dal 22 dicembre scorso. Ma sia la proposta avanzata dai democratici che quella dei repubblicani non hanno ottenuto i 60 voti necessari in Senato. I due partiti sono rimasti fermi sulle loro posizioni.

Il nodo centrale rimane il finanziamento del muro al confine con il Messico, fortemente voluto dal presidente Donald Trump.

La proposta repubblicana conteneva i 5,7 miliardi di dollari richiesti per la barriera, nonché una concessione: una deroga di 3 anni per un milione di immigrati direttamente minacciati d’espulsione.

I democratici proponevano invece una misura provvisoria che avrebbe permesso di mettere fine allo shutdown e finanziare il governo sino all’8 febbraio. Il testo non prevedeva le spese per il muro, che il partito considera “immorale e inefficace”, ma proponeva di finanziare un rafforzamento della sicurezza alla frontiera. Una proposta simile a quella avanzata dai Repubblicani in dicembre, ma poi rifiutata dal presidente.

Sottolineando quest’aspetto, i democratici hanno criticato gli avversari che avrebbero cambiato idea solo per seguire “un capriccio” di Trump.

Dall’altra parte, i repubblicani, per voce del senatore Ted Cruz, hanno criticato i democratici che si accanirebbero contro il muro solamente per contrariare una promessa elettorale del presidente.

Verso lo stato di emergenza?

Dalla Casa Bianca, il presidente ha suggerito che darebbe il suo supporto a un testo che contenga perlomeno un “cospicuo anticipo” per le spese del muro. Una proposta subito respinta dalla speaker della Camera dei rappresentanti, la democratica Nancy Pelosi.

Ma Trump ha anche dichiarato che dispone di “altre alternative” per ottenere il denaro necessario al muro, un probabile riferimento al fatto che il presidente ha il potere di dichiarare lo stato di emergenza, aggirando in questo modo il Congresso.

Rischio di crescita zero

 “Lo shutdown, se continua, sarà molto problematico”, ha detto ai giornalisti al Forum economico di Davos Kenneth Rogoff, professore di economia ad Harvard. “La stima di una crescita zero per il paese nel 2019 è tutt’altro che campata in aria”. 

David Rubenstein, co-fondatore e co-presidente esecutivo del gruppo Carlyle, spiega che “se non si risolve lo shutdown in un lasso di tempo ragionevole, avrà davvero un impatto sull’economia”, specialmente se combinato con la guerra dei dazi in corso tra Stati Uniti e Cina.

L’ipotesi più probabile, secondo l’esperto, è però che si raggiunga un accordo con Pechino nei prossimi mesi e che lo shutdown, in un modo o nell’altro, si concluda presto.   

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