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Astensionismo “di rigetto” in Emilia Romagna

di Eva Pedrelli

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A due giorni dalle elezioni regionali che hanno registrato il record di astensionismo in Emilia Romagna, la gente per strada sembra avere qualche senso di colpa per non essere andata a votare. Perché, nonostante non ci sia giorno in cui non si legga che un qualche amministratore della cosa pubblica si è intascato soldi dei cittadini, nella pianura a sud del Po e sugli Appennini, si cresce sapendo che il voto è un diritto e lo si deve salvaguardare.

Questa volta, però, il dissenso verso una politica di governo che non sembra avere tanto a che spartire con i principi della sinistra, si è fatto sentire e il 63% degli aventi diritto sono rimasti a casa. L’astensionismo non è stato solo dei militanti del PD, certo, ma anche di coloro che hanno sostenuto per anni i partiti di centrodestra. Solo il Movimento 5stelle sembra aver mantenuto i suoi elettori. Forza Italia ne ha persi 400mila per strada, la Lega Nord ne ha recuperati un po’ e L’Altra Emilia Romagna (Tsipras) è riuscita a guadagnare un posto per un consigliere in regione, grazie allo zoccolo duro della zona, una volta la più rossa d’Italia.

Il premier Matteo Renzi non sembra preoccuparsi dei chiari messaggi che mandano i cittadini, tanto da definire l’imbarazzante calo di affluenza come un “problema secondario”.

Però, sembra che il segnale della gente sia chiaro. In tanti sono stanchi di vedere i politici “mangiare a sbafo” e leggere ogni giorno delle ultime settimane le cronache dell’indagine “Spese Pazze”: 42 su 50 amministratori regionali, rappresentanti di ogni partito, hanno impiegato quasi due milioni di euro in sex toys, viaggi di lusso, cene e regali per i famigliari. A soli tre mesi, poi, dalle dimissioni del governatore Errani, arrivate dopo una condanna per falso ideologico. Soprattutto in una regione che vanta di essere la meglio amministrata d’Italia.

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