La televisione svizzera per l’Italia

Radio radicale e altre testate storiche hanno i giorni contati

Marco Pannella
Marco Pannella, deceduto nel 2016, fondò Radio Radicale nel 1976, lo stesso anno in cui entrò per la prima volta in Parlamento. Keystone / Massimo Percossi

I fondi per l'editoria saranno progressivamente ridotti fino all'abolizione totale nel 2022. A rischiare la chiusura sono diversi media storici, tra cui Radio Radicale, fondata nel 1976 da Marco Pannella.

Il Movimento 5 stelle lo ha promesso nelle varie campagne elettorali. Iniziano i primi tagli ai fondi per l’editoria. Testate minori ma ben presenti nella scena pubblica italiana, rischiano la chiusura. Avvenire, il giornale dei vescovi. Il Manifesto, d’indirizzo comunista. Il Foglio di Giuliano Ferrara.

Questi sono alcuni esempi di giornali che senza l’apporto delle risorse pubbliche non potranno più svolgere la loro funzione, almeno nella forma attuale, a meno di trovare altre fonti di finanziamento.

L’intervento del Governo colpisce anche Radio radicale, un pilastro nel panorama dell’informazione italiana a cui, inoltre, viene tagliata la convenzione statale per la trasmissione in diretta delle sedute del Parlamento.


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In una conferenza stampa tenutasi all’Associazione della stampa estera di Roma, il direttore di Radio radicale, Alessio Falconio, ha ricordato che la nascita della radio, nel lontano 1976, seguì all’idea di Marco Pannella di restituire ai cittadini, sotto forma di servizio pubblico, il “finanziamento pubblico ai partiti” (nominato in seguito rimborso elettorale) che spettava al Partito radicale, poiché ne era fermamente contrario.

Altri sviluppi

Dirette senza tagli

Da quel momento, progressivamente la radio si è specializzata, in linea con il pensiero dell’indimenticabile leader radicale, nel seguire e registrare, in modo integrale, attraverso dirette senza tagli, quanto è avvenuto e avviene tuttora di rilevante in Italia. A livello istituzionale, politico, sociale e non ultimo giudiziario. Basti pensare a come i processi penali abbiano scandito le trasformazioni e fornito una chiave fondamentale di comprensione del paese per avere il metro dell’importanza informativa e documentale di una emittente così concepita.

Nel 1994 Radio radicale vinse la gara per aggiudicarsi ufficialmente quel segmento di servizio pubblico che essa stessa ha creato dando il via alla convenzione statale. Un servizio di pubblica utilità di cui molti italiani, tuttora numerosi, usufruiscono. Le molteplici attestazioni di solidarietà e di stima seguite all’annuncio dell’imminente chiusura della radio, lasciano pensare che i radioascoltatori siano fedeli al servizio offerto dall’emittente nella sua forma caratteristica, nel suo realismo nudo e crudo, senza mediazioni. Difficilmente i radioascoltatori fedeli a Radio radicale saranno ben disposti a offerte di altro tipo.

Il direttore Falconio ha inoltre ricordato come Pannella amava sottolineare la distinzione tra le istituzioni e il “regime”, così il leader radicale chiosava i governanti di turno. E così la radio, con lo stesso spirito non si è limitata a fornire un servizio informativo, ma ha valorizzato, attraverso l’apertura totale alla molteplicità delle voci, le istituzioni democratiche stesse, con tutte le loro sfaccettature, le loro complessità, i loro pesi e contrappesi.


Oggi la convenzione a Radio radicale viene revocata dal Mise, il Ministero dello sviluppo economico guidato da Di Maio, perché considerata troppo costosa. Nonostante i molteplici servizi di alta qualità che la radio produce con un costo annuale che è pari a quanto la Rai costa in un giorno, 15 milioni di euro.

Paolo Chiarelli, l’amministratore della radio, durante la stessa conferenza alla Stampa estera, ha fornito la semplice analisi che, vista l’assenza di sovrapposizioni con la Rai nella maggioranza dei servizi offerti da Radio radicale, sarebbe logico che questi servizi aggiuntivi di servizio pubblico venissero pagati a Radio radicale dalla stessa emittente statale, organo preposto a fornirli.

Tuttavia, la convenzione di Radio radicale scade il 20 maggio e il Mise non ha ancora un piano preciso per soppiantare i molteplici servizi che la radio lascerebbe scoperti.

Archivio monumentale

C’è preoccupazione inoltre per il monumentale archivio di Radio radicale. Da 42 anni l’emittente conserva, catalogandole, ormai indicizzate in digitale, in un archivio consultabile e gratuito, tutte le registrazioni fatte a partire dal ’76. Da quella data in poi, tutto quanto accaduto in Italia, di rilevanza pubblica, si trova in quell’archivio. Cosa accadrà a questo esteso patrimonio dal 20 maggio prossimo, quando non ci saranno più risorse per pagare anche il personale addetto all’archivio, non è ancora dato sapere.

L’ultimo congresso del Partito radicale, tenutosi dal 22 al 24 febbraio, è stato centrato interamente sul destino di Radio radicale. La solidarietà è arrivata da diversi ambiti. Tuttavia, nonostante la solidarietà di molti giornalisti la presenza del problema sulla maggioranza degli organi di stampa è stata finora scarsa.


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