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Orso e uomo, una convivenza da equilibristi

Il progetto "Life Ursus" ha riportato il plantigrado nel Parco Adamello Brenta - Alla luce dell'aggressione mortale avvenuta in aprile, si riapre il dibattito sulla sua presenza nei boschi.

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Un tempo l’arco alpino era popolato da una fitta popolazione di orsi bruni, finché la competizione con l’uomo e le sue attività non ne ha determinato la scomparsa. Negli anni ‘90 soltanto tre sparuti esemplari sopravvivevano in un paio di valli remote del Parco Adamello Brenta, in Trentino-Alto Adige.  Per rimediare a questo disastro ambientale venne implementato il progetto “Life Ursus”, importando alcuni esemplari dalle foreste slovene e liberandoli nel Parco.

A distanza di 30 anni si contano circa 100 esemplari, una popolazione ancora modesta ma molto vitale: l’auspicato ritorno dell’orso è però foriero di antichi conflitti che sembravano sepolti.

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La sua natura schiva lo rende praticamente invisibile all’uomo, ma il contatto con il suo storico concorrente, che occupa capillarmente il territorio, è inevitabile: dal 2014 a oggi si contano 7 aggressioni, l’ultima delle quali, lo scorso 5 aprile, ha causato una vittima.

Il dibattito su come portare avanti la convivenza tra plantigradi ed esseri umani sulle Alpi sta diventando via via più acceso, e sulla nuova stagione dell’orso sulle Alpi calano oggi ombre preoccupanti.

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