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Isis visto da un ex brigatista rosso

Cecco Bellosi: "ora la gente ha più paure che negli anni di piombo"

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Di Raffaella Fanelli

“Fra noi e i terroristi dell’Isis c’è una differenza fondamentale: noi non abbiamo mai messo in conto l’idea di morire… Il rischio della morte ci accompagnava, ma la nostra fine non era premeditata”. Francesco “Cecco” Bellosi è stato uno dei protagonisti degli anni di piombo in Italia prima come militante di Potere Operaio e fondatore, insieme a Valerio Morucci di Lavoro Illegale – un’organizzazione comunista segreta che sosteneva la lotta armata – poi come terrorista delle brigate rosse. “Noi pensavamo a un cambiamento del mondo in positivo… qui c’è la ricerca di un altro mondo. Due identità forti, ma la nostra era solo politica. Per i terroristi dell’Isis c’è anche una parte religiosa che spinge al suicidio”.

Cecco Bellosi

Ha scontato 12 anni di carcere per quegli anni che ha vissuto come terrorista e che sono stati gli anni più violenti d’Italia dopo la seconda guerra mondiale. Sono stati gli anni delle stragi, delle manifestazioni, delle azioni terroristiche. Del rogo di Primavalle: “Tre militanti cosparsero di benzina la porta di casa di Mario Mattei, segretario della sezione dell’Msi del quartiere popolare di Roma. Il fuoco travolse tutta l’abitazione e due dei fratelli Mattei rimasero intrappolati dalle fiamme e morirono carbonizzati…”. Tre, o forse sei militanti, di certo nessuno ha scontato un giorno di carcere per la morte di Virgilio Mattei e del fratello Stefano di otto anni. Fu Cecco Bellosi a far fuggire in Svizzera Marino Clavo e Manlio Grillo responsabili insieme ad Achille Lollo di quella tragedia.

Per la sua militanza Bellosi ha scontato dodici anni di carcere. Era un irriducibile. Per questo fu contattato nella sezione di massima sicurezza di Rebibbia per uccidere Toni Negri, il teorico dell’autonomia operaia e della violenza politica. Un ordine che Bellosi rifiutò. “A chiedermelo furono due compagni del partito guerriglia”. Due nomi che Cecco Bellosi non ha mai rivelato. Perché “non sarebbe eticamente giusto”.

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