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È morto Cesare Romiti, “manager di ferro” della Fiat

discorso Romiti
Romiti, qui durante l'assemblea degli azionisti di Fiat nel 1998, è stato uno dei protagonisti di primo piano del capitalismo italiano. Keystone / Mauro Pilone


È morto nella notte tra lunedì e martedì Cesare Romiti, a lungo amministratore delegato di Fiat e tra i principali manager e imprenditori italiani. Aveva compiuto lo scorso mese di giugno 97 anni.

Ha passato 25 anni in Fiat, dove ha vissuto tappe storiche come la marcia dei quarantamila. ”Manager di Ferro”, leader della linea dura antisindacale negli anni più difficili della vita in fabbrica, Romiti ha vissuto nel gruppo del Lingotto la stagione più significativa di una vita professionale intrecciata con la storia del capitalismo italiano. Poi altre tappe: Gemina, la presidenza di Rcs, uno dei principali gruppi editoriali italiani. Era nato a Roma il 24 giugno del 1923.

Figlio di un impiegato delle Poste, laurea in scienze economiche e commerciali, i suoi primi passi da manager, Romiti li ha mossi dal 1947 a Colleferro, nel Gruppo Bombrini Parodi Delfino. Nel ’70 l’allora Istituto per la ricostruzione industriale (Iri) lo chiama in Alitalia: direttore generale, poi amministratore delegato. Nel ’73 è all’Italstat, la Società italiana per le infrastrutture e l’assetto del territorio.

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Dal 1974 in Fiat

Dal 1974 è in Fiat: vive gli anni del forte potere sindacale, delle fabbriche ingovernabili, del terrorismo. Nel 1976 diventa amministratore delegato insieme con Umberto Agnelli e Carlo De Benedetti. Cesare Romiti rimane solo, al posto di comando, quando il 14 ottobre 1980, dopo 35 giorni di scioperi, 40’000 quadri della Fiat scendono in piazza contro il sindacato, che poco dopo arriva all’accordo su una pesante riorganizzazione.

Il 1980 è anche l’anno della Fiat Uno, lanciata in anteprima mondiale a Cape Canaveral, un simbolo come auto degli italiani, il modello che rilancia le vendite. Una creatura di Vittorio Ghidella che qualche anno dopo lascerà l’azienda, si dice proprio per i contrasti con Romiti che a quel punto assume anche la guida di Fiat Auto. Di quegli anni si racconta di un rapporto sempre più saldo  Gianni Agnelli. E quando nel 1996, a 75 anni, l'”Avvocato” lascia la presidenza di Fiat per diventarne presidente onorario, il testimone passa proprio a Romiti. Che resta presidente fino al 1998, quando anche per lui scatta il limite dei 75 anni.

Precursore

Romiti precorre i tempi quando nel 1991 è vicino ad acquistare Chrysler; anni dopo in una intervista spiega: ”Io e Gianni Agnelli avevamo concluso l’operazione ma Umberto Agnelli si mise di traverso”. Due caratteri diversi, l’approccio morbido di Umberto Agnelli, spesso in contrasto con il ”pugno di ferro” di Romiti.

Sono anche gli anni di Tangentopoli, che tocca anche Fiat. Una condanna per falso in bilancio, poi revocata nel 2003 quando non era più reato, porta a Romiti la solidarietà pressoché unanime del mondo imprenditoriale italiano.

Nel 1998, subito dopo aver lasciato il Lingotto, con la buonuscita dalla presidenza Fiat, Romiti arriva nell’holding finanziaria Gemina che, tra l’altro, aveva rilevato da Mediobanca il controllo di Rcs; fino al 2005 è azionista di Impregilo, ed entra poi nel business delle infrastrutture con la privatizzazione di Aeroporti di Roma. In Rcs Romiti è presidente dal 1998 al 2004. L’uscita da Gemina è del 2007.

La Fondazione Italia Cina è stata la più recente delle sue passioni, voluta e creata da Romiti nel 2003.
 

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