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Il reattore nucleare sul Lago Maggiore sarà smantellato

Il reattore nucleare di Ispra.
Per smantellare il reattore in tutta sicurezza ci vorranno 11 anni. © European Commission, 2019

Il reattore nucleare di Ispra - comune sulla sponda lombarda del lago Maggiore - fu costruito per eseguire studi sull'energia atomica. Già nel corso del 1969, anno in cui il reattore ha raggiunto la potenza nominale, fu deciso di abbandonare questo tipo di sperimentazione. Il reattore ha funzionato fino al 1983. Ora si è deciso di smantellarlo, in tutta sicurezza.

Non è passata sotto silenzio una decisione presa alcuni giorni fa dall’Esecutivo di Regione Lombardia su proposta dell’assessore all’Ambiente e Clima, Raffaele Cattaneo, che ha espresso parere positivo circa la compatibilità ambientale del progetto di disattivazione del Complesso INE (Impianto Nucleare Essor) nel Comune di Ispra, un Comune di circa 5.300 abitanti sulla sponda lombarda del lago Maggiore. Non solo Ispra, ma anche il Comune di Cadrezzate con Osmate è interessato a questa storica opera di bonifica.

Il responsabile del “ministero” regionale dell’ambiente e del clima ha dichiarato che lo smontaggio definitivo di questo impianto – il cui reattore è spento ormai da molti anni – sarà fatto con le garanzie di massima sicurezza. “Regione Lombardia – spiega Cattaneo – ha infatti subordinato il proprio parere positivo a questa attività di smantellamento al fatto che le fasi di decontaminazione, di smantellamento e di gestione dei rifiuti radioattivi avvengano nel rispetto dei più rigorosi criteri di sicurezza e di tutela”.

“Abbiamo inoltre inserito la richiesta al Ministero che gli enti territoriali possano fare tutti i controlli necessari, rispetto alle fasi di dismissione dell’impianto, pur essendo il JRC (Joint Research Centre) di Ispra un’area extra territoriale, dipendente dalla Commissione Europea”.

Il cronoprogramma dei lavori

Dalla Giunta regionale spiegano che sono previste attività in base ad un cronoprogramma sviluppato in circa 11 anni per la disattivazione del reattore nucleare e di ulteriori 3 anni per le demolizioni civili ed il ripristino definitivo dell’area. Il Joint Research Centre (JRC – Ispra) sorge sul terreno messo a disposizione della Comunità Europea dell’Energia Atomica (EURATOM) a seguito dell’accordo stipulato fra la stessa ed il Governo Italiano, approvato e reso esecutivo con legge n°906 del 1° agosto 1960, per questo motivo quell’area è extra territoriale non soggetta alla pianificazione territoriale italiana.

Cattaneo spiega che verranno completamente smantellati il reattore e i relativi sistemi e, “per quanto attiene alle strutture civili, le operazioni di disattivazione pianificate includeranno lavori di demolizione limitatamente ad alcune parti strutturali attivate, come quelle in calcestruzzo che circondano il reattore, nonché le attività necessarie per la bonifica delle strutture contaminate e dei suoli contaminati”.

Il perché di una Centrale nucleare sul lago Maggiore

All’interno dello Studio di Impatto Ambientale (SIA) inviato al Ministero per spiegare in sintesi come si andrà a disattiva il Complesso INE, è possibile apprendere un po’ di storia i questo sito di proprietà dell’Unione europea. “Essor – si legge nella relazione spedita a Roma – fu costruito originariamente per eseguire studi sui reattori con particolari refrigeranti organici, tuttavia non ha mai funzionato in tale configurazione poiché già nel corso del 1969, anno in cui il reattore ha raggiunto la potenza nominale, fu deciso di abbandonare questo tipo di sperimentazione.

“Le operazioni di disattivazione pianificate includeranno le attività necessarie per la bonifica delle strutture contaminate e dei suoli contaminati”.

Raffaele Cattaneo, assessore all’Ambiente e Clima, Regione Lombardia

A partire dagli anni 70 gli impianti sono stati utilizzati per altre finalità come esperimenti sull’irraggiamento dei combustibili nucleari ed altri tipi di materiale. Tali attività tuttavia sono state successivamente abbandonate e a partire dagli anni 80 gli impianti risultano inattivi, in stato di arresto di lunga durata”. Il reattore ha funzionato fino al 1983, realizzando diversi progetti sperimentali.

Nel documento tecnico viene spiegato che la bonifica di questo impianto nucleare punta a rilasciare il sito senza vincoli radiologici e riportarlo alle condizioni originarie di prato verde, e di implementare un programma di gestione dei rifiuti radioattivi connessi a tali attività di smantellamento. “Al termine delle attività i rifiuti non rilasciabili – spiega la SIA – saranno stoccati in sicurezza in apposite aree temporanee all’interno del JRC-Ispra in attesa di poter essere trasferiti – quando disponibile – al Deposito Nazionale, un sito preposto ad accogliere i rifiuti radioattivi da tutta Italia e la cui localizzazione non è ancora stata individuata”.

Questo non è un problema da poco perché nessuno vuole quei “fusti” nel proprio giardino. Si renderà necessario un monitoraggio finale sul sito per confermare l’avvenuta rimozione di tutto il materiale radioattivo al fine di poter dichiarare il sito libero da qualsiasi vincolo di natura radiologica. Il monitoraggio finale sarà eseguito prima della fase di demolizione delle opere civili.

Le alternative valutate allo smantellamento

Non saranno costruiti nuovi impianti, saranno tolte tutte le strutture per riportare tutto a verde. In tal senso l’unica alternativa alla demolizione dell’esistente è rappresentata dal suo mantenimento. “Allo stato attuale – si legge nel documento – il reattore si trova in condizione di arresto di lunga durata (4R), secondo quanto definito nelle “Prescrizioni per l’esercizio vigenti del reattore ESSOR – DISP/ESSOR/86-I.

Il mantenimento prolungato del sito in condizioni 4R ha sicuramente permesso il decadimento – col tempo – di molti radioisotopi e, pertanto, facilitato la possibilità di eseguire le operazioni di disattivazione in condizioni di maggior sicurezza/minor rischio radiologico. Inoltre tale situazione ha sicuramente il beneficio di non alterare un sistema attualmente in equilibrio, evitando così rischi correlati alle operazioni di smantellamento.

Si ritiene pertanto – concludono – che l’alternativa zero, ovvero il mantenimento dell’esistente, non possa ritenersi una strada perseguibile”. Regione Lombardia, infine, non solo ha posto un accento particolare sulle misure relative alle fasi di decontaminazione e gestione dei rifiuti radioattivi prodotti ma, in relazione alle attività di verifica e di controllo rispetto alle diverse fasi del progetto di disattivazione dell’impianto, si è raccomandata al Ministero di definire specifici protocolli che garantiscano lo svolgimento tempestivo di tali attività con la partecipazione di Regione stessa, Arpa e degli Enti locali interessati. Il parere verrà ora inviato al Ministero della Transizione Ecologica (Mite) ai fini dell’emanazione della pronuncia di compatibilità ambientale.

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