La televisione svizzera per l’Italia

Il fumetto erotico italiano

Considerati fino agli anni Sessanta passatempo per bambini, sui fumetti cominciarono poi ad apparire seni e 'lati b', grazie a storie e personaggi non di rado pretestuosi

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di Claudio Moschin

Sino agli anni Sessanta del secolo scorso, il fumetto era stato relegato, in Italia, a passatempo per i bambini. Quando Angela Giussani inventò Diabolik (novembre 1962), con un personaggio che si rivolgeva esplicitamente a un pubblico adulto, le cose cominciarono lentamente a mutare. C’era poi anche una donna, Eva Kant, sexy, un po’ cattiva ma nemmeno tanto, un po’ ammiccante nel suo abbigliamento… ma sempre nemmeno tanto. Ma già era troppo, per quei tempi.

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Fu Renzo Barbieri, un editore, il primo però ad “alzare l’asticella” e a puntare esplicitamente in Italia sull’elemento erotico in maniera esclusiva. E’ la Editrice 66 (fondata da Barbieri nel 1966) che lancia i primi eroi del fumetto erotico nostrano. Sono Isabella, un cappa e spada, che sembra una copia della più nota Angelica dei romanzi, e Goldrake, una specie di 007 che assomiglia tanto a JeanPaul Belmondo, entrambi disegnati da Sandro Angiolini. Due anni dopo Barbieri unisce le sue forze con quello di un altro editore, Cavedon, e assieme vareranno altre tante diverse testate e quegli incredibili personaggi che faranno la storia del genere “fumetto-erotico”, come Bonnie, Hessa, Jacula, Lucifera, Lucrezia, Terror, Vartan. E Jolanda De Almaviva, al cui successo contribuirà Milo Manara. Alcuni di questi personaggi erano incredibilmente improponibili, con costumi assurdi e storie che servivano solo da pretesto per mostrare seni e lati B, insomma tutte le grazie femminili. Chiaramente il target era totalmente maschile. Ma si vendevano copie, eccome anche…

Nonostante trame assurde, storie banali, personaggi surreali, il genere ebbe un notevole successo e vi lavorarono grandi maestri del disegno. Come il delicato Leone Frollo, il veloce Sandro Angiolini, il già cupo Magnus e appunto il più eclettico Milo Manara.
Esploso nella seconda metà degli anni Sessanta, trionfante negli anni Settanta, già nei primi anni Ottanta il genere però era ormai agonizzante, se non defunto proprio, per mancanza di idee, per troppi personaggi, avidità dei suoi creatori, per troppe storie grottesche, ciniche, violente, noiose e persino al limite del pornografico. E perché in fondo (questo soprattutto contava) al pubblico non bastava più quel tipo di fumetto.

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Era stato spazzato via dalle riviste, dalla tv, dalle videocassette, da un erotismo che si poteva vedere dal vivo, altro che “disegnato”: mezzi che quindi riusciranno a proporre le stesse rappresentazioni di quei fumetti, però con un realismo infinitamente superiore. Con persone vere e non più solo immaginate su un foglio di carta.

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