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Il ‘no’ al referendum visto dall’Europa

Divise le reazioni, dalle quali tuttavia non emergono grandi preoccupazioni né in ambito economico, né in ambito politico

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L’Italia ha detto no al referendum costituzionale voluto dal premier Matteo Renzi e l’immagine che emerge, inevitabilmente, è quella di un Paese diviso come divise sono le reazioni che vengono dall’Europa. Reazioni da cui tuttavia non emergono grandi preoccupazioni né in ambito economico, né in ambito politico.

L’euroscettico britannico UKIP, Podemos, in Spagna, il Front National in Francia festeggiano, mentre la prima a rammaricarsi dell’esito del voto è la cancelliera tedesca.

“Sono… triste che il referendum in Italia non sia andato come auspicava il premier. Io ho appoggiato la sua riforma, ma evidentemente è una scelta interna al Paese che noi dobbiamo rispettare. Dal mio punto di vista continueremo a lavorare per l’Europa. Abbiamo definito le giuste priorità”.

Più pacata invece la reazione del presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem: “È un processo democratico e non cambia la situazione economica in Italia o nelle banche italiane. I problemi che abbiamo oggi sono gli stessi che avevamo ieri e dobbiamo facene carico.”

Le istituzioni economiche ritenevano però che un sì avrebbe giovato. Sulla penisola grava un debito pubblico superiore al 130% e che rischia di destabilizzare il sistema finanziario europeo.

Elemento, questo, che tra gli aventi diritto italiani non deve essere stato in cima alla lista delle priorità anche se in molti rifiutano di vederci uno schiaffo all’Eurozona.

“Evidentemente questo referendum non era riferito all’Europa, alla politica europea o al posto che l’Italia occupa in Europa”, dichiara il ministro delle Finanze francese Michel Sapin. “L’Italia è un paese profondamente europeo e solido”.

L’Unione europea tifava quindi per un SI, ma in quale misura questo voto è stato anche una scelta pro o contro l’Europa?

Nel dibattito preelettorale il tema è stato poco evocato e il premier Matteo Renzi è stato ambiguo, rivolgendosi sia alle frange europeiste che euroscettiche.

Bisogna però per forza schierarsi, perché l’Unione Europea, nei prossimi appuntamenti politici, è destinata a farla da padrona. Così è stato nel Regno Unito e, solo ieri, in Austria. Così sarà presto anche in Francia e in Germania.

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