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La criticità del pilone 9 era nota

Il ponte distrutto visto da lontano
la criticità dei piloni del Ponte Morandi era un problema conosciuto dalla direzione dei Autostrade per l'Italia. Keystone / Luca Zennaro

L'unica via per mettere in sicurezza il Ponte Morandi di Genova sarebbe stata l'accelerazione del restyling ai tiranti del pilone numero 9, quello poi collassato.

Solo le parole dell’allora amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, pronunciate nel novembre 2010. L’intervento venne rinviato di anno in anno e, quando fu deciso di agire, il crollo (14 agosto 2018, 43 morti) anticipò l’intervento.

Tra i documenti che maggiormente inguaiano l’ex numero uno di Autostrade per l’Italia S.p.A. c’è il resoconto di una riunione ristretta scoperta dagli esperti dalla Guardia di Finanza esaminando decine di computer. 

Ecco cosa scrivono le Fiamme Gialle in una relazione trasmessa alla Procura. “Il 10 novembre 2010 alle 15.30, nella sede centrale di Autostrade per l’Italia in Roma, via Alberto Bergamini 50” veniva convocato il “Comitato completamento lavori, per discutere l’ordine del giorno sul punto “Informativa sul viadotto Polcevera””. E “su invito dell’amministratore delegato Castellucci” prende la parola Gennarino Tozzi, ingegnere.

Problema era più che noto

Tozzi conosce bene il viadotto, spiega che si tratta di un’infrastruttura particolarissima, è l’unica opera “strallata”, cioè con i cavi dei tiranti annegati nel calcestruzzo, quindi invisibili dall’esterno. Precisa che proprio per questo nel 1993, su uno dei sostegni principali, li hanno dovuti inserire esterni, poiché le verifiche sulla corrosione dentro l’armatura avevano dato esiti sconfortanti. E dichiara: “lo stato di conservazione evidenzia problemi strutturali”.

Entra in scena Castellucci, scrive la Finanza, il quale fa presente che “la decisione risolutiva sarebbe quella di anticipare gli interventi di rinforzo strutturale degli stralli dei residui sistemi bilanciati” (i piloni 10 e 9, che non furono oggetto delle migliorie compiute nel 1993).

Secondo gli investigatori, insomma, Castellucci aveva tutto chiarissimo e sapeva già nel 2010 che la tenuta del Morandi era a rischio; lui stesso dichiarò che la via da prediligere per scongiurare progressioni nefaste era proprio il rinforzo dei tiranti e si poteva aspettare al più il 2012.

In azienda si comincia a parlare dei costi elevatissimi e dell’ipotesi Gronda, la bretella che dovrebbe alleggerire il nodo autostradale cittadino. Il 15 febbraio 2016 altra riunione sulla sicurezza del Morandi. E Castellucci, risulta ancora dal verbale, spiega che la complessiva messa in sesto dell’opera rientra in un “piano accelerato”, cioè attività da svolgersi “con procedura immediata”.

tvsvizzera.it/fra con ATS

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