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Adozione gay, la Consulta respinge il caso di Nora e Liz

Le due mamme, sposate regolarmente negli USA, avevano chiesto all'Italia il riconoscimento dell'affiliazione della loro figlia biologica. La Consulta rinvia il dossier al tribunale di Bologna

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Sul tema del riconoscimento delle adozioni da parte di coppie gay, in Italia si continua a non decidere. Proprio mentre in queste ore la maggioranza si prepara a presentare in Aula il maxi emendamento sulle unioni civili, stralciando e rimandando la questione della “stepchild adoption” ad un forse più fortunato ma sicuramente più vago, “disegno di legge ad hoc”, sul piano della giurisprudenza anche la Corte Costituzionale ha alzato le mani.

I giudici della Consulta infatti erano stati chiamati dal Tribunale dei minori di Bologna a decidere sul caso di due donne sposate negli Usa che hanno chiesto di vedere riconosciuta anche in Italia l’adozione della figlia biologica di una delle due. Eleonora Beck e Liz Joffe, intervistate da TvSvizzera.it (vedi articolo correlato), avevano spiegato di voler vedere riconosciuta la propria famiglia anche in Italia e in particolare di voler dare alla bambina gli stessi diritti del fratellino (che essendo figlio biologico di una donna di origini italiane, Nora Beck, ha la cittadinanza italiana, mentre la sorella no). L’avvocato delle due donne, Claudio Pezzi, aveva presentato ricorso al Tribunale per i Minori, richiamando i principi di diritto alla famiglia e alla non discriminazione stabiliti dalla Corte europea dei Diritti dell’uomo. Ma il Tribunale aveva sollevato la questione della costituzionalità, rimandando il caso alla Consulta.

Ieri, a più di un anno di distanza, i giudici della Corte si sono trovati a decidere in piena bufera sul ddl Cirinnà. È evidente che una decisione sul caso di Nora e Liz, in questo momento storico – sia in senso positivo che negativo – avrebbe avuto un peso enorme, rappresentando non solo un riferimento giuridico per tutti i casi simili in Italia, ma indicando anche una direzione che la politica non ha saputo prendere.

Invece, i giudici riuniti in camera di Consiglio mercoledì 24 febbraio hanno respinto il caso rimandandolo al Tribunale di Bologna. “La Corte Costituzionale dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale promossa dal Tribunale per i minorenni di Bologna – si legge in un comunicato stampa – che era stato chiamato a riconoscere in Italia la sentenza con cui, nel 2004, negli Stati Uniti, era stata disposta l’adozione del figlio della compagna in una coppia di persone dello stesso sesso, entrambe cittadine americane”. Per capire meglio le motivazioni bisognerà aspettare la pubblicazione sulla gazzetta ufficiale, la Corte oggi anticipa solo che “il Tribunale di Bologna ha erroneamente trattato la decisione straniera come un’ipotesi di adozione da parte di cittadini italiani di un minore straniero (cosiddetta adozione internazionale), mentre si trattava del riconoscimento di una sentenza straniera, pronunciata tra stranieri”.

Cosa può succedere a questo punto? L’avvocato Claudio Pezzi raccomanda prudenza in attesa di leggere le motivazioni ufficiali, ma si dice anche fiducioso in una risoluzione positiva. “I rilievi presentati dal Tribunale di Bologna che riguardavano la possibile contrarietà all’ordine pubblico, secondo l’articolo 35 della Legge sulle adozioni, non vengono condivisi dalla Corte. Anzi, si dice che questo tipo di problema avrebbe riguardato le adozioni internazionali, che sono una cosa diversa. Inoltre, la Corte non fa rilievi sul genere della coppia: se fosse stato un aspetto decisivo sarebbe entrata di più nel merito. Quindi io la vedo positivamente, ma aspettiamo di leggere le motivazioni”.

Insomma la Consulta non ha detto né sì né no, ma ha semplicemente rilanciato la palla al Tribunale. “A Eleonora Beck, che per l’occasione si era recata a Roma con la bambina, ho spiegato che non era successo niente di negativo, ma forse qualcosa di positivo. Il caso torna a Bologna”, conclude Pezzi. Più in generale invece, il nodo sulla questione delle adozioni da parte delle coppie gay, è ora più che mai nelle mani della politica.

Elena Boromeo

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