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Tratta di manodopera, almeno due i viaggi

Non un solo viaggio, ma almeno due. Tanti ne ha compiuti il furgone intercettato il 13 marzo scorso a Ponte Tresa con undici operai albanesi a bordo. Un traffico di clandestini emerso dall’inchiesta sui permessi falsi in Ticino e del quale si chiariscono sempre più i contorni: per il viaggio verso la Svizzera, pagavano fino a tremila euro.

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Per raggiungere la Svizzera e lavorare sui cantieri, ognuno dei passeggeri aveva pagato una somma tra i mille e tremila euro. Soldi e sogni svaniti la sera del 13 marzo, quando il furgone che li trasportava venne fermato a Ponte Tresa.

L’autista, un giovane serbo, finì manette. Le dichiarazioni di uno dei 11 clandestini albanesi portò poi sulle tracce di altre due persone, indagate a piede libero. Due kosovari in invalidità: un 40enne della Riviera e un 63enne del Bellinzonese, a casa del quale furono trovati dei permessi fasulli. Da qui il legame con la maxi-inchiesta abbattutasi in febbraio sull’Ufficio della migrazione del Canton Ticino.

La settimana scorsa è stato invece arrestato il proprietario del minibus: un cittadino bosniaco, pure residente nel Bellinzonese, chiamato in causa a sua volta dal 40enne.

“Solo auto usate”

Un traffico ben organizzato, che non si limitò a una sola trasferta. Dalle indagini, affidate alla procuratrice pubblica Marisa Alfier, è emerso infatti un altro viaggio, sempre con lo stesso veicolo, compiuto pochi giorni prima, agli inizi di marzo.

Lo ha confermato l’autista venerdì. L’uomo nega però altri trasporti. Come il titolare del furgone, sostiene che il precedente andirivieni dal Ticino riguardasse unicamente un commercio di auto usate verso i Balcani.

Sempre venerdì, la giudice dei provvedimenti coercitivi Ursula Züblin ha prorogato di due settimane la sua carcerazione preventiva.
 

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