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Ceneri, pregando Santa Barbara

Oggi i due portali della canna ovest saranno collegati © tipress

Gli scavi della galleria di base sono quasi finiti. I minatori, presto, se ne andranno

Sono circa 500 le persone che lavorano alla galleria di base del Monte Ceneri. Operai, tecnici e ingegneri impiegati su un cantiere aperto 24 ore su 24, sette giorni su sette.

Tra di loro anche molti minatori; praticamente tutti italiani: uomini che hanno lasciato a casa moglie e bambini per scavare le montagne ticinesi e rendere possibile l’impossibile.

Alessandro Gabrielli e Italo Sola sono due di loro. Li incontriamo in mensa, al termine di un lungo turno di lavoro iniziato ben prima dell’alba. Dopo otto ore nelle viscere della montagna non hanno molta voglia di parlare: “La famiglia? Ci manca. Ma dobbiamo lavorare e comunque… la rivediamo ogni dieci giorni”.

Sono entrambi originari della provincia di Sondrio, rispettivamente di TeglioCollegamento esterno e di Buglio in MonteCollegamento esterno. Alessandro lavora al di qua del confine da 10 anni, sei dei quali per AlpTransit. Italo invece da 15 anni, pure lui da sei anni sui cantieri della nuova ferrovia transalpina, ma prima del Monte Ceneri ha lavorato al tunnel di base del San Gottardo. Barba incolta, come tutti, nei loro occhi la soddisfazione e l’orgoglio di aver partecipato a uno dei progetti più ambiziosi di sempre.

Trasferirsi definitivamente in Svizzera? Alessandro confida di averci pensato, ma poi ha trovato la ragazza e quindi… Italo invece no, lui a casa ha moglie e tre figli: “Sarebbe troppo complicato”.

Alessandro e Italo rsi
Il tatuaggio di Italo: rose, stelle alpine, martello e picconi rsi
Da dovunque provengano, i minatori hanno una cosa in comune: la devozione a Santa Barbara, la loro patrona e quella degli armaioli e di chi maneggia esplosivi. La patrona di chi rischia di morire in maniera violenta e improvvisa.

“Prima di scendere ci facciamo il segno della croce”

Una cappella in suo onore è stata costruita proprio all’entrata del tunnel. Dai minatori stessi. Pietra su pietra, tegola su tegola. All’interno una statua della martire, che veglia sulle targhe appese in onore di due compagni morti, uno nel 2010, l’altro cinque anni dopo. Un luogo di raccoglimento immerso nel trambusto dei lavori, nel fragore dei motori e dei colpi di piccone e di martello.

“La preghiamo tutti i giorni prima di entrare in galleria. Ci facciamo il segno della croce e solo dopo cominciamo a lavorare”, spiegano i minatori di AlpTransit. Gli stessi che a breve finiranno il loro lavoro.

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Gli scavi infatti volgono al termine. Alessandro, Italo e i loro colleghi tra poco se ne andranno per lasciare il posto a operai e ingegneri della tecnica ferroviaria. Le macchine per scavare la nuda roccia lasceranno il posto a quelle per la posa dei binari.

Oggi è il grande giorno. Oggi cadrà il diaframma principaleCollegamento esterno e i due portali della canna ovest saranno finalmente collegati. Giornalisti e telecamere sono lì a raccontarlo (in diretta streaming anche sul nostro sito). Raccontare un evento che farà la storia e che potrà essere visto e vissuto anche al di fuori dei confini della Svizzera.

E vien da chiedersi: quando saremo seduti sul treno che arriverà a Zurigo in poche ore, chi penserà più a tutto questo? Noi saremo lì, comodi, a leggere le notizie online sorseggiando caffè, mentre loro, i minatori, altrove a scavare nuove gallerie. E con loro, ancora, Santa Barbara.

Ludovico Camposampiero

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