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Questione energetica, diverse ricette sul tavolo a Berna

In parlamento c è chi rilancia l atomo, nonostante il voto popolare contrario del maggio 2017.
In parlamento c'è chi rilancia l'atomo, nonostante il voto popolare contrario del maggio 2017. Keystone / Sascha Steinbach

Si fa acceso il dibattito sulla questione energetica in Svizzera. Gli orientamenti tra i gruppi politici a Palazzo federale.

Se una consistente quota viene prodotta da fonti rinnovabili indigene, in particolare l’idroelettrico di cui è disseminato il territorio federale, anche la Confederazione è soggetta all’oscillazione dei prezzi verso l’alto indotti in particolare dalle forniture di gas russo e al costante aumento della domanda che nei prossimi decenni andrà soddisfatta in un complicato contesto di transizione energetica, come prescrive l’accordo di Parigi sottoscritto anche da Berna.

A complicare il quadro c’è poi la graduale uscita dal nucleare, sancita dal voro popolare del maggio 2017 con cui è stata approvata la strategia energetica 2050 elaborata dal Consiglio federale.

Il contemporaneo accantonamento delle fonti fossili rischia di innescare una crisi negli approvvigionamenti energetici e le soluzioni non possono essere procrastinate. In proposito il liberale radicale Martin Schmid propende per mantenere in vita gli attuali reattori nucleari, finché offriranno le necessarie garanzie di sicurezza, e investire nell’idroelettrico e nel solare.

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Per il parlamentare socialista Roger Normann occorre puntare senza indugi sulle rinnovabili, in particolare sull’eolico e fotovoltaico, che è l’unica fonte, a suo dire, in grado di garantire i 40-45 TWh all’anno di cui abbiamo bisogno. In inverno, continua il consigliere nazionale del Ps, si potrebbe incrementare la produzione attraverso l’innalzamento degli sbarramenti idroelettrici.

Ma la proposta rischia di scontrarsi con i ricorsi dei paladini del paesaggio e della biodiversità, presenti anche all’interno del suo stesso partito. Come sottolinea Adele Thorens Goumaz (Verdi) che però non esclude “compromessi” per i grandi progetti necessari per il fabbisogno idroelettrico nazionale.

Di compromessi indispensabili con la protezione del paesaggio e delle acque parla anche il verde liberale Beat Flach mentre l'”alleato” di centro Beat Rieder (Partito popolare democratico) evoca, oltre i progetti idroelettrici e solari, anche soluzioni “creative” in quest’ambito con l’UE, nonostante i rapporti al momento assai complicati con Bruxelles – dopo il fallimento dell’Accordo quadro – che non sembrano spaventare però il “senatore” vallesano.

Per la destra, guidata dall’Unione democratica di centro, è sbagliato concentrarsi su una data tecnologia, indica Christian Imark, e bisogna essere aperti a tutte le possibilità che la ricerca ci mette a disposizione. In questo senso si deve tornare sulla decisione del popolo del maggio 2017 e investire su centrali nucleari di nuova generazione.

Un’ipotesi criticata da Adele Thorens Goumaz (Verdi) secondo cui tempi di realizzazione e costi – assolutamente non concorrenziali con quelli delle energie rinnovabili – degli impianti atomici sono del tutto incompatibili con le esigenze energetiche per l’immediato futuro. Compito della politica è semmai quello di creare le condizioni quadro ottimali, come ad esempio a livello di procedura autorizzativa, per rendere maggiormente redditizi gli investimenti privati nel settore delle rinnovabili.

Sul piano economico invece il Ps pensa a un’iniziativa in favore di un fondo climatico che andrebbe finanziato con 7 miliardi all’anno. Una cifra cospicua che però è inferiore ai costi indotti dai ritardi in questo ambito strategico.

Per il verde liberale Beat Flach non bisogna però agire solo sul lato della produzione. I quest’ottica andrebbero applicati incentivi alle industrie che adottano strategie di risparmio.

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