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Quante persone rifugiate accoglie davvero la Svizzera?

Interno di un aula
Messaggi di benvenuto in ucraino e altre lingue su una lavagna di un’aula di scuola svizzera. © Keystone / Georgios Kefalas

Milioni di persone sono fuggite in seguito all’invasione russa in Ucraina. Un paragone con i movimenti di rifugiati e rifugiate del 2015 lo mostra: a determinare verso quale Paese si cerca rifugio, oltre alla geografia, è la politica – e anche la solidarietà della popolazione.

“Wir schaffen das!” (Ce la faremo!”), dichiarava Angela Merkel nel 2015. L’ex cancelliera tedesca si riferiva all’esplosione del numero di rifugiati e rifugiate in Europa, provocata dalla guerra civile in Siria. Questo ottimismo ha però fatto presto cilecca. Le immagini di stazioni gremite inondavano i media, i partiti populisti di destra inanellavano vittorie elettorali facendo crescere la pressione su chi chiedeva l’asilo e gli Stati membri dell’UE litigavano per sapere chi avrebbe dovuto accogliere quante persone.

Ma cosa dicono le cifre? Quali Paesi sono stati raggiunti dall’ondata di richieste d’asilo e in che misura?

Per determinarlo, una possibilità è calcolare il numero di persone accolte rispetto alla taglia della popolazione.

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Considerando la situazione in questo modo, si evince che sono l’Ungheria e l’Austria ad aver visto arrivare un numero particolarmente elevato di rifugiati e rifugiate nel 2015.

Questo si spiega con la cosiddetta rotta dei Balcani, menzionata di continuo all’epoca. Le persone in fuga dalla Siria, dall’Iraq o dall’Afghanistan che volevano raggiungere l’Europa centrale passavano dalla Macedonia del Nord e dalla Serbia per entrare nello Spazio Schengen. Lo Spazio Schengen riunisce quasi tutti gli Stati membri dell’Unione europea – tra cui l’Ungheria – ma anche l’Islanda, il Liechtenstein, la Norvegia e la Svizzera. In seno ad esso, i controlli di confine sono di principio soppressi, la sorveglianza avviene soprattutto alle frontiere esterne. Una di queste si trova appunto tra l’Ungheria e la Serbia.

Le richieste d’asilo possono essere fatte solo una volta in seno allo Spazio Schengen. Lo Stato competente è dunque quello in cui una richiesta d’asilo viene presentata prima. Concretamente, nel 2015 tutto ciò significava molto lavoro per l’Ungheria, che si trovava su una rotta molto battuta e che, per molte persone, era il Paese di prima entrata.

Lontani dalle rotte di migrazione, i Paesi scandinavi, e in particolare la Svezia, erano però spesso scelti come Paesi di destinazione. In cifre assolute, è la Germania che ha raccolto il maggior numero di richieste d’asilo nel 2015 in Europa.

In confronto a questi Paesi, il numero di richieste d’asilo in Svizzera resta basso. Tuttavia, il numero di prime richieste presentate nel 2015 rispetto alla taglia della popolazione è nettamente più alto nella Confederazione se paragonato a quello di altri Stati, ad esempio Francia e Italia.   

Svolta in Afghanistan appena percepita in Europa centrale e occidentale

Dopo il picco del 2015, la curva delle richieste d’asilo si è rapidamente appiattita nella maggior parte dei Paesi europei, Svizzera compresa. Il calo è stato estremo in Ungheria e Svezia, nazioni in cui le richieste d’asilo erano state eccezionalmente numerose nel 2015. In reazione a questo fenomeno, i due Stati hanno inasprito la propria politica d’accoglienza.

Sotto la presidenza di Viktor Orban, l’Ungheria ha adottato misure drastiche – come la costruzione di una barriera al confine con la Serbia – che le hanno permesso di tenere lontano le persone in cerca d’asilo negli anni seguenti.

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Nel 2020, la pandemia ha avuto come conseguenza una riduzione storica dei flussi migratori. Per evitare la propagazione del coronavirus, le frontiere sono state sorvegliate in modo più severo, gli aerei sono rimasti a terra e le navi nei porti. Questo ha reso le fughe più difficili. Anche il ritorno al potere dei talebani in Afghanistan nel 2021 non ha coinciso con un’esplosione del numero di rifugiati e di rifugiate in Europa.

Ma questo periodo di calma è ormai terminato. Milioni di persone sono fuggite dall’invasione russa dell’Ucraina.

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L’Europa sta vivendo ciò di cui ci si dimentica spesso quando si parla di rifugiati e rifugiate: la maggior parte non fugge lontano, ma trova rifugio nei Paesi vicini alla regione in crisi. Contrariamente al 2015, quando le regioni limitrofe al conflitto sembravano lontane, ora sono direttamente in Europa.

Rispetto ai Paesi confinanti con l’Ucraina, la Svizzera e ancora una volta poco toccata. La maggior parte delle vittime della guerra fuggono in Polonia, Moldavia e Ungheria.

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Malgrado ciò, a metà aprile il numero di persone in fuga dall’Ucraina in arrivo in Svizzera (40’000) era paragonabile a quello delle richieste d’asilo presentate nella Confederazione in tutto il 2015, senza distinzione del Paese di provenienza.

Solidali, non sulla difensiva

Nonostante l’alto numero di persone in cerca di accoglienza, l’ambiente in Svizzera è sensibilmente diverso rispetto al 2015. La solidarietà nei confronti di rifugiati e rifugiate è grande e molta gente si è fatta avanti per accogliere delle famiglie in casa e diminuire la pressione sui centri d’asilo.

Lo “statuto di protezione S”, la cui base legale esiste dal 1998, è stato applicato per la prima volta a beneficio di ucraine e ucraini che in questo modo ottengono rapidamente il diritto di soggiorno senza dover passare dalle ordinarie procedure.

In più, hanno diritto – come persone ammesse a titolo provvisorio – a un alloggio e alle cure mediche. I partiti del governo si esprimono a maggioranza a favore di un’accoglienza semplice e rapida di chi arriva dall’Ucraina.

Nel 2015, l’accoglienza è stata meno calorosa, come si può rapidamente capire dando un’occhiata ai comunicati stampa dei grandi partiti svizzeri. L’Unione democratica di centro (UDC, destra sovranista) metteva in guardia contro la “ghettizzazione”, la criminalità e le tensioni sociali legate all’arrivo di queste persone. Il Partito liberale radicale (PLR, destra) chiedeva che rifugiati e rifugiate dalla Siria fossero accolti solo a titolo provvisorio e che avrebbero dovuto ripartire il prima possibile quando la situazione si fosse calmata – e metteva anche in guardia contro gli estremisti, così come faceva il Partito popolare democratico (PPD, centro – oggi Alleanza del centro)

A cosa è dovuto questo cambiamento? “Abbiamo molto discusso del fatto che si trattava di altri gruppi che arrivavano”, spiega Francesca Falk, storica dell’Università di Berna esperta di storia della migrazione. “La fuga dalla Siria è stata percepita come una migrazione essenzialmente maschile e causata da una guerra civile – anche se all’epoca anche donne e bambini scappavano”.

Secondo i dati della Segreteria di Stato della migrazione SEM, il 60-70% delle persone in arrivo dall’Ucraina sono donne e minorenni. Nel 2015, circa il 70% delle richieste d’asilo erano state inoltrate da uomini.

In un comunicato stampa sulla situazione attuale, sembra che per l’UDC alcuni gruppi siano più benvenuti in Svizzera di altri. Il partito chiede che “le famiglie ucraine non siano mescolate con migranti maschi, prevalentemente musulmani, che chiedono asilo”.

La politica ha un grande impatto sul modo in cui i gruppi di rifugiati e rifugiate sono percepiti, dice Falk. “Contrariamente alla Svizzera, la volontà di aiutare era grande in Germania nel 2015. C’era il sostegno del mondo politico con il ‘Wir schaffen das’ di Angela Merkel. Un fenomeno che non si è verificato in questa forma in Svizzera.” Il motivo della fuga ha svolto un ruolo, ma “la percezione dei gruppi è determinante per il modo in cui li si tratta, non la ragione della fuga in sé”, sottolinea la storica.

L’ampia solidarietà attuale continuerà o si trasformerà presto in frustrazione? Falk ipotizza due scenari. Il primo: la solidarietà calerà. Si osservano già i primi segnali. “È da poco stato deciso che le persone in arrivo dall’Ucraina non potranno più scegliere liberamente il luogo di soggiorno in Svizzera”, indica Falk.

Nello scenario più ottimista, secondo la storica, l’attuale migrazione porterà sul tavolo temi di cui non si parlava molto in precedenza, come le condizioni di vita delle persone costrette a scappare. Se l’esperienza dello statuto S si rivelasse positiva, questo potrebbe condurre sul lungo termine a un miglioramento generale delle condizioni delle persone richiedenti l’asilo in Svizzera, secondo Falk.

Come si è sviluppata l’accoglienza dei rifugiati svizzera? Uno sguardo al passato in questo articolo:   

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