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Quando le lingue sono una questione di soldi

L'ordinanza d'applicazione della legge sulle lingue potrebbe rendere più dolce la convivenza linguistica in Svizzera Keystone

Il Consiglio federale sta per approvare l'ordinanza d'applicazione della legge sulle lingue. Per non farla rimanere lettera morta e promuovere il plurilinguismo nell'amministrazione federale servono dai 2,5 ai 3 milioni di franchi. Saranno stanziati?

La legge sulle lingue, entrata in vigore il primo gennaio 2010, è il frutto di un lungo processo politico che l’ha limata fino a renderla quasi innocua. Qualcuno, a destra, proprio non la voleva – costa troppo; è un intromissione della Confederazione negli ambiti di competenza dei cantoni… – altri l’hanno difesa e festeggiata come strumento ideale per difendere la coesione e la ricchezza linguistica del paese.

Rispetto a strumenti già consolidati – i contributi versati a Ticino e Grigioni per l’italiano e il romancio, il sostegno accordato agli scambi linguistici organizzati dalle scuole… – la legge presenta nella sezione 2 una serie di articoli che riguardano l’amministrazione federale. In particolare, l’articolo 9 sancisce che il Consiglio federale, il cancelliere della Confederazione e gli impiegati dell’Amministrazione federale «lavorano a scelta in tedesco, francese o italiano».

Un passaggio che ha dato non pochi grattacapi a chi ha preparato l’ordinanza d’applicazione della legge. Il testo, infatti, su questo punto tace. Prevede però alcune misure pensate per incrementare il plurilinguismo nell’amministrazione federale, come i corsi di lingua per gli impiegati della Confederazione, e dà indicazioni sull’auspicata composizione linguistica degli uffici e sulle procedure d’assunzione. Inoltre, sancisce l’istituzione di un delegato alla promozione e alla salvaguardia del plurilinguismo e ne delinea i compiti.

La mannaia di Merz

Tutto questo, evidentemente, ha un costo, stimato a più riprese tra i 2,5 e i 3 milioni di franchi. Si tratta di «un importo chiaramente modesto rispetto all’importanza degli obiettivi da raggiungere», scrive in un appello al Consiglio federale la deputazione ticinese alle camere federali, appello sottoscritto anche da Helvetia Latina, Forum Helveticum, Nouvelle Société Helvétique, Coscienza Svizzera, Lia Rumantscha e Pro Grigioni italiano.

L’appello è stato consegnato il primo giugno alla cancelliera della Confederazione Corina Casanova al termine di un incontro organizzato dalla deputazione ticinese. «È con piacere che lo trasmetterò al Consiglio federale», ha detto Corina Casanova, perfetto esempio di plurilinguismo, visto che parla le quattro lingue nazionali.

Il governo discuterà l’ordinanza venerdì 4 giugno. Il timore, espresso da più parti, è che la linea del risparmio a tutti i costi promossa dal ministro delle finanze Hans-Rudolf Merz abbia la meglio e che non vengano stanziati i fondi necessari ad un’applicazione efficace dell’ordinanza. «Avete l’occasione storica di produrre un cambiamento di mentalità e cultura nell’Amministrazione, a beneficio dell’intero Paese e di tutti i suoi cittadini», si legge nell’appello ai consiglieri federali. «Non sciupatela in nome di banali considerazioni finanziarie e di risparmi trascurabili».

Tra il dire e il fare

«Una legge è un pezzo di carta», ha ricordato Chasper Pult, intervenuto alla serata organizzata dalla deputazione ticinese in rappresentanza della Lia Rumantscha. «Se non viene implementata, non serve a niente. È un po’ quello che constatiamo nel cantone dei Grigioni, dove una legge sulle lingue è in vigore dal 2008, ma non si vedono ancora effetti concreti».

A livello federale, le cose si complicano ulteriormente. Ma per i firmatari dell’appello è fondamentale intervenire anche nell’amministrazione che «dovrebbe fungere da modello di comprensione, integrazione e valorizzazione della ricchezza linguistica nazionale».

Valorizzare maggiormente il plurilinguismo garantendo un’equa rappresentanza delle lingue minoritarie – ha ricordato la deputata ticinese Marina Carobbio – non è una rivendicazione della minoranza italofona, ma l’espressione di una Svizzera plurilingue e multiculturale. Lo testimonia l’intensa attività parlamentare – postulati, mozioni, interpellanze – che ha preso spunto dai risultati del Progetto nazionale di ricerca 56 sulle lingue e che ha accompagnato la stesura dell’ordinanza.

Investire nelle competenze linguistiche della maggioranza

Se – come ha affermato Marina Carobbio – non mancano i sostenitori del plurilinguismo nella Svizzera tedesca, la serata del primo giugno ha però dimostrato quanto sia difficile sensibilizzare la maggioranza. La sala del centro media di palazzo federale era stracolma, ma di latini, soprattutto italofoni. Pochissimi gli svizzeri tedeschi, praticamente nessuno fra i giornalisti.

Certo, la questione linguistica ha molteplici sfaccettature, non tutte facili da mettere a fuoco. Ma se l’obiettivo è quello di permettere a ciascuno di lavorare nella propria lingua – ha spiegato il politologo Daniel Kübler autore di uno studio sul plurilinguismo nell’amministrazione federale – bisogna forzatamente investire nelle competenze linguistiche della maggioranza.

Solo così sarà possibile spezzare i circoli viziosi che, seppur inconsciamente, al momento portano il tedesco ad imporsi come lingua di lavoro sulle altre. Sapere che al momento del colloquio di assunzione la lingua madre non sarà un fattore discriminante, potrebbe contribuire a vincere la reticenza di molti latini che oggi – anche per la poca disponibilità a spostarsi dal luogo di residenza verso la Berna federale – non inoltrano le loro candidature.

Resta il fatto che per un plurilinguismo vero, sono necessarie competenze linguistiche, almeno passive, da entrambe le parti. Solo se un capo svizzero tedesco è in grado di capire il suo collaboratore che parla italiano, quest’ultimo potrà esprimersi e lavorare nella sua lingua. In caso contrario, sarà un italofono che lavora in tedesco e il plurilinguismo dell’amministrazione sarà un plurilinguismo a metà.

Doris Lucini, Berna, swissinfo.ch

Ci sono voluti quasi 25 anni di discussioni per arrivare ad una legge sulle lingue. I primi dieci sono sfociati nell’articolo costituzionale sulle lingue (art. 70), approvato nel 1996. Gli altri sono serviti per preparare il testo.

Lo stesso Consiglio federale ha tentato, nel 2003, di affossare il progetto decidendo di non sottoporlo al parlamento. Solo grazie ad un’iniziativa parlamentare del socialista Christian Levrat, il testo viene ripescato e, infine, approvato dalle camere (5 ottobre 2007).

La legge è entrata in vigore il primo gennaio 2010. L’ordinanza d’applicazione – che il governo discute il 4 giugno – dovrebbe entrare in vigore il primo luglio.

Lingua indicata come la meglio parlata nel censimento del 2000:
tedesco 63,2%
francese 19,2%
italiano 7,6%
romancio 0,6%
altre 8,9%

Lingua madre degli Impiegati federali (media 2001-2008):
tedesco 71,4%
francese 19,9%
italiano 6,5%
romancio 0,3%
altre 1,8%

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