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Quando la bandiera diventa arte

Una bandiera per tutte le persone scomparse nel mondo, dell'artista Ahmet Öğüt Ela Bialkowska

Secondo la direttrice svizzera della Biennale di Venezia, Bice Curiger, l'edizione 2011 della rassegna costituisce un grande momento di scambio e… illuminazione.

Senza confini, verrebbe da dire sotto il cielo della laguna. In una rassegna in cui i significati civili, il dialogo e il collegamento tra arte e fenomeni sociopolitici è più marcato delle altre edizioni, dove si tendeva a privilegiare un impatto più “esibizionistico” legato all’ego dell’idea e dell’artista, fa riflettere, eccome, il tema proposto dall’Istituto svizzero con il progetto Flags for Venice.

La Biennale di Venezia è infatti, sociologicamente parlando, un luogo di cultura in cui si può percepire la contemporaneità nel presente con l’interscambio delle idee e dei valori di ciascuna nazione e di ogni artista. L’operazione artistica coaudiuvata da Salvatore Lacagnina e Gianni Jetzer costituisce dunque un esperimento interessante.

Voglia di cambiare

Lacagnina e Jetzer, rispettivamente curatori dell’Istituto svizzero di Roma e di quello di New York, sono uniti dalla voglia di rompere gli schemi con la Biennale tradizionale, più che mai legata ai simboli e alle nazioni: i Padiglioni nazionali sono ben 89 (contro i 77 del 2009), legati dalla stessa matrice filo-nazionalistica.

«Flags for Venice è la sintesi di una riflessione che è iniziata con l’Istituto Svizzero di New York tre anni fa, dicono Salvatore Lacagnina e Gianni Jetzer, perché sentivamo l’esigenza di lavorare su un’idea comune degli Istituti svizzeri per comunicare una forte unità. Ci siamo chiesti quale fosse l’emblema della Svizzera e della cultura in genere e abbiamo pensato di indagare con una licenza artistica i drappi, i simboli, le bandiere, ridisegnando così l’idea collettiva del vessillo».

Da New York a Venezia

In origine il progetto Flag era stato ideato da Gianni Jetzer per la sede sulla Broadway Avenue dello Swiss Institute di New York: in questo luogo venivamo messe a confronto situazioni istituzionali e pubbliche, invitando alcuni artisti selezionati a ri-progettare e ad alterare l’identità grafica della bandiera svizzera.

Con queste premesse non è difficile immaginare il significato dell’esperimento in seno alla Biennale veneziana, laddove la città stessa è un affresco di storia che gronda da ogni sotto porticato (sotopòrtego), palazzo, simbolo.

Infatti, riprende Lacagnina, «è nella città lagunare – in cui il leone marciano di San Marco è il secolare simbolo della sua antica Repubblica – che la nostra operazione artistica assume un significato di decontestualizzazione in nome della liberalizzazione dei segni».

Nuovi codici

Concretamente, i 12 artisti internazionali invitati – fra cui gli svizzeri Thomas Julier e Mai-Thu Perret – hanno realizzato delle nuove bandiere, modificando e ridisegnando i confini fisici e mentali di una comunità reale o immaginaria. L’idea è quella sperimentare nuove possibili aggregazioni di individui nate da associazioni di idee e spunti di riflessione.

«Flag of work è il nome della mia bandiera ed è dedicata a un gruppo di persone chiamato History Thiefs [ladri di Storia]. Il simbolo al centro del vessillo è un passamontagna che serve per coprire la testa di alcune statue pubbliche. Volevo ispezionare le rivendicazioni di libertà e lanciare una sfida alle associazioni contemporanee che si rivolgono all’attuale situazione politica globale», spiega per esempio Daniel Knorr, artista di origine rumene.

Flags for Venice è un amalgama perfettamente riuscita con il contesto lagunare: le bandiere – appese nelle vie – convivono con armonia estetica accanto ai simboli tradizionali della Serenissima Repubblica di Venezia e a simboli religiosi (altarini, cappellette, “santelle”) che una volta erano i punti di riferimento agli angoli delle vie.

Insomma, un concerto di bandiere in balia del vento, tra le calli, l’Arsenale e i Giardini, che procedono a zig zag tra le fila dei panni stesi vicino alla biancheria degli abitanti.

Con l’idea di sdoganare e reinterpretare nuovi codici, Flags for Venice naviga quindi oltre la formalità del simbolo di identità nazionale o istituzionale, ricreando nuove modalità di rappresentazione di una comunità.

La 54a Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia è stata inaugurata il 3 giugno ed è aperta al pubblico dal

4 giugno al 27 novembre 2011.

Sono presenti 84 artisti tra cui 32 giovani nati dopo il 1975 e 30 presenze femminili.

La mostra è affiancata dalle partecipazioni nazionali. Quest’anno saranno presenti 88 nazioni. Per la prima volta esporranno Andorra, Arabia Saudita, Bangladesh, Haiti. Altri paesi parteciperanno dopo anni d’assenza: India (ultima partecipazione 1982), Congo (1968), Iraq (1990), Zimbabwe (1990), Sudafrica (1995), Costa Rica (1993), Cuba (1995).

Thomas Hirschhorn presenterà un grande lavoro dal titolo Crystal of Resistance nel Padiglione svizzero ai Giardini di Castello (dal 4 giugno al 27 novembre).

Andrea Thal è la curatrice del progetto Chewing the Scenery al Teatro Fondamenta Nuove di Venezia (Cannaregio 5013; dal 4 giugno al 2 ottobre) che si compone di una videoinstallazione di Pauline Boudry e Renate Lorenz, di un intervento installativo di Tim Zulauf / KMUProduktionen, di due eventi in giugno e settembre – performance, conferenze, screenings e concerti – e di una pubblicazione.

Quest’ultima, che esce in tre edizioni riviste e ampliate, vede la collaborazione di Anna Frei e Georg Rutishauser e riunisce contributi artistici di Maria Iorio e Raphaël Cuomo, Uriel Orlow e Eran Schaerf, testi di Ann Cvetkovich, Mathias Danbolt, Antke Engel e Patricia Purtschert nonché materiale sulle due produzioni all’interno della mostra.

(Fonte: Ufficio federale della cultura)

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