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Quando l’energia è collaborazione

A Tenna, in Trentino, nasce la prima comunità energetica rinnovabile d'Italia di soli cittadini che producono, si scambiano e consumano energia rinnovabile.

Un agglomerato di case arroccate su un colle, in mezzo a due laghi, con un’esposizione al sole di lunga durata per un borgo di montagna: la prima comunità energetica rinnovabile del Trentino non poteva che nascere a Tenna, un destino che sembra già scritto per questo Comune della Valsugana. E se tutto va come deve andare, è un destino che nel giro di un paio di decenni porterà i suoi mille abitanti all’indipendenza energetica.

Nate sulla scia di una direttiva dell’Unione europea del 2019 e previste dalla legge italiana che ne è seguita, le comunità energetiche rinnovabili (CER) sono associazioni di cittadini che condividono impianti per produrre, scambiarsi e consumare energia rinnovabile, decidendo insieme a chi o a cosa destinare l’energia in eccesso, approfittando dell’incentivo economico che lo Stato, attraverso il gestore dei servizi energetici, riconosce alla comunità per l’energia prodotta.

È la tariffa premio, fissa per 20 anni: 11 centesimi di euro per ogni kilowattora prodotto e consumato, ai quali poi andranno aggiunti i ricavi sull’energia rinnovabile immessa in rete, ma non quantificabili perché legati all’andamento dei prezzi.

Un progetto più sociale che economico

A Tenna si è deciso di detrarre dal totale una quota per le spese di gestione, che sono minime, e una per scopi sociali. Infine, da ciò che resta, il 40% sarà distribuito in parti uguali a tutti gli associati e l’altro 60% sempre agli associati ma proporzionato sulla percentuale del consumo di ciascuno.

“In totale, per il momento, ogni socio avrà un incentivo di qualche decina di euro all’anno — spiega Roberto Valcanover, presidente della CER di Tenna — ma per ora non è importante. È un progetto sociale più che economico: quello che ci interessa è innescare un meccanismo virtuoso fondato sui valori di comunità”. Del resto, per legge, la CER non può essere a scopo di lucro.

A rinsaldare l’aspetto sociale delle CER c’è anche il fatto che non è necessario essere proprietari di un impianto fotovoltaico per farne parte: può essere messo a disposizione da uno o più soci, oppure un soggetto esterno privato o pubblico come il Comune, diventa socio produttore, lo realizza a proprie spese accumulando eventuali bonus, e immette nella rete il surplus di energia prodotta. I soci consumatori, invece, si associano e attingono energia dalla rete senza investire capitali di partenza. 

“Tra gli scopi sociali c’è senza dubbio l’aiuto alla povertà energetica — sottolinea Valcanover — se tra i soci c’è chi è ha difficoltà a pagare le bollette, parte degli incentivi saranno usati per questo”. 

Le CER: uno sviluppo delle cooperative elettriche

Una rivoluzione dal basso, che trasforma i cittadini in piccoli produttori associati di energia elettrica, ribaltando quella centralizzazione avvenuta nel 1962 con Enel.

Sessant’anni fa, infatti, si era deciso di tornare indietro, dopo che l’Italia alla fine dell’Ottocento era stata tra i primi Paesi in Europa a sperimentare le cooperative elettriche. Queste, di fatto, erano delle comunità energetiche rinnovabili ante litteram, anche se prive di struttura giuridica, con tecnologie obsolete e limitate ad alcuni piccoli territori di montagna.

La prima in assoluto fu la valtellinese Società elettrica di Morbegno, fondata nel 1897 in Lombardia, mentre del 1911 è la Cooperativa elettrica Alto But, costituita in Friuli e dedita alla produzione di energia idroelettrica per l’industria e il consumo privato. Dieci anni dopo nacque la Società elettrica Santa Maddalena, per promuovere lo sviluppo sostenibile della Val di Funes, in Alto Adige. Tutte queste cooperative sono attive ancora oggi e riforniscono decine di migliaia di utenti.

Le CER come punto di partenza per altre iniziative verdi

Oggi la CER di Tenna conta oltre 70 soci e le utenze elettriche interessate sono 80, tra quelle presenti sul territorio del Comune e quelle dei Comuni limitrofi. Una volta pronti, gli impianti fotovoltaici della comunità avranno una potenza complessiva stimata di 130 KW.

Una comunità energetica rinnovabile significa anche un nuovo spazio in cui immaginare un mondo che metta al primo posto la tutela dell’ambiente, un punto di partenza per altre iniziative e progetti “green”, come per esempio il riutilizzo di pannelli fotovoltaici dismessi ma ancora utilizzabili: “Sono pannelli che pur non avendo la produzione di quelli nuovi — spiega Valcanover — mantengono una capacità di produzione residua che può continuare per altri 20 anni; vorremmo trovargli uno spazio, sarà il nostro contributo all’economia circolare”.

Oggi le CER attive in Italia sono 20, più altre 7 in via di realizzazione. In Svizzera un progetto pilota è il “Lugaggia Innovation Community” (LIC) di Capriasca, una comunità sperimentale di autoconsumo con 5 impianti fotovoltaici (con potenza complessiva di 90 kWp) installati su 18 abitazioni e una scuola dell’infanzia. Il progetto, che ha il sostegno dell’Ufficio federale dell’energia, è unico in Svizzera e punta ad aumentare la produzione di energia solare dall’attuale 25% a oltre il 90%.

L’agenzia Enea Collegamento esternostima che 264 milioni di cittadine e cittadini europei aderiranno alle CER entro il 2050, generando fino al 45% dell’energia totale prodotta nel continente.

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