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Quando il turista vuole vedere l’orso

Avvistare l'orso in natura è difficile, i turisti ripiegano sugli esemplari dell'area faunistica di Spormaggiore swissinfo.ch

L'uomo farebbe bene a stare lontano dall'orso, ma se non è in competizione con lui ne è attratto. Come coniugare turismo e protezione della natura?

Siamo andati alla ricerca di risposte in Trentino, nel parco naturale dell’Adamello Brenta, da sempre terra di orsi (e di turisti).

Agosto 2005, passo del Forno, Engadina: frotte di turisti raggiungono la zona per tentare di avvistare l’orso che a fine luglio ha varcato il confine svizzero. Una manna per gli albergatori e ristoratori del luogo, una fonte di preoccupazione per l’ufficio cantonale di caccia e pesca dei Grigioni, tanto più che l’animale in questione – contrariamente alla maggior parte dei suoi compagni – non è affatto schivo.

Si pensa già all’impiego di proiettili di gomma per «insegnare» all’orso che è meglio stare alla larga dalle persone, quand’ecco che il plantigrado si mette in cammino per l’Austria e lascia di nuovo la Svizzera, da dove mancava da un secolo, non senza aver prima sbranato una pecora e un vitello, tanto per ricordare che sarà anche simpatico, ma resta un’opportunista: mangia quello che gli capita sotto tiro.

A suscitare tanti entusiasmi è stato Lumpaz (così l’hanno chiamato in Svizzera), un orso nato nel 2004 in Trentino da Jurka e Joze, due esemplari provenienti dalla Slovenia e liberati insieme ad altri otto nel parco dell’Adamello Brenta con l’obiettivo di reintrodurre il plantigrado nelle Alpi centrali.

Orso Yoghi?

In realtà, in Trentino l’orso non è mai scomparso del tutto, ma l’avrebbe fatto. Prima della reintroduzione, infatti, restavano solo tre orsi autoctoni, vecchi e maschi. Con loro, la regione avrebbe perso non solo un pezzetto di fauna, ma anche un’attrazione turistica.

«Noi non abbiamo mai utilizzato l’orso come “Yoghi”», afferma Claudio Ferrari, direttore del parco dell’Adamello Brenta. «Da questo punto di vista non abbiamo fatto molto marketing. C’è un interesse naturale nei confronti dell’orso».

Le prove non mancano. «Un giorno qualcuno con una telecamera è riuscito a riprendere un’orsa che nuotava nel lago di Tovel», ci racconta il guardaparco Enrico Dorigatti. «Il filmato è passato alla televisione e il giorno seguente, sulla strada che porta in Val di Tovel, abbiamo registrato un numero di automobili sei volte superiore a quello abituale». Tutto ciò con buona pace di chi riteneva che la presenza di più orsi avrebbe spaventato i turisti. Chi ha paura, come un’insegnante che incontriamo, dice di averla solo se è da solo.

Per il parco, il progetto di reintroduzione è stato un successo e non solo sul piano turistico, che in fondo è secondario rispetto a quello ecologico. «Grazie all’orso, abbiamo guadagnato molto a livello d’immagine e di credibilità, anche in campo internazionale. Portare avanti un progetto simile non è da tutti», spiega con orgoglio Ferrari.

Spiegare

Per evitare situazioni sgradevoli, il parco e la provincia autonoma di Trento hanno puntato molto sull’informazione. Secondo Claudio Ferrari, l’impegno didattico è pagante. Non solo per quanto riguarda l’atteggiamento da tenere nei confronti dell’orso, o la conoscenza del plantigrado, ma per il parco in generale.

«Prendiamo ad esempio i rifiuti: qualche anno fa abbiamo tolto i cestini dal parco e li abbiamo sostituiti con dei cartelli in cui si ricorda che è bene portarsi i rifiuti a casa perché la loro presenza cambia le abitudini alimentari degli animali e degrada l’ambiente. Abbiamo constatato stupiti che funziona, che la gente non abbandona i rifiuti, e questo è segno di crescita culturale».

Per l’orso è stato allestito un centro d’informazione a Spormaggiore. Lo stesso villaggio ospita un’area faunistica dove vivono alcuni esemplari di orso bruno in semilibertà. Visto che il plantigrado è difficile da avvistare in natura, molti ripiegano su questa possibilità. La voglia di vedere l’animale è tanta che l’area faunistica registra 30’000 entrate l’anno, sei volte di più del centro visitatori «Orso».

Rendere il turismo compatibile con la natura

Lo scopo principale del parco resta quello di tutelare la natura. Ma per Ferrari, promuovere il turismo e informare sono attività irrinunciabili.

«Per noi il turismo è importantissimo. Siamo immersi in una zona che vive di questo», constata Claudio Ferrari, facendo riferimento a località come Madonna di Campiglio che si trovano ai margini del parco. «Purtroppo non è sempre un turismo coerente con i valori che portiamo avanti. Stiamo cercando di contaminarlo con pillole di saggezza, per portarlo verso una forma sostenibile».

Ricercare un equilibrio tra interesse economico e interesse naturalistico non è facile. C’è chi ritiene che il parco dell’Adamello Brenta sia un po’ troppo attento alle esigenze umane: si asfaltano strade, si costruiscono baite… Nella sede del parco è stato addirittura firmato l’accordo per la costruzione di una funivia che collegherà gli impianti di risalita di Madonna di Campiglio e Pinzolo. L’impianto spaccherà in due un paesaggio unico a livello mondiale.

In Trentino sono convinti che sia possibile trovare un modus vivendi in grado di preservare gli interessi umani e quelli della natura. In questo paradigma c’è un posto a lungo termine anche per l’orso? Le premesse sono buone, ma è ancora presto per dirlo.

swissinfo, Doris Lucini, parco dell’Adamello Brenta

Il parco naturale dell’Adamello Brenta è nato nel 1967.
È il primo parco europeo ad aver ottenuto una certificazione ISO per il suo sistema di gestione ambientale.
Non punta ad un’esclusione delle attività umane: l’utilizzazione delle risorse ambientali è permessa se non provoca un impoverimento delle stesse.
Ha una superficie di 618 kmq e 700 km di sentieri segnalati.

Il progetto di reintroduzione «Life ursus», che ha portato in Trentino 10 orsi sloveni, ha implicato un’intensificazione dell’impegno didattico del parco.

Nel 2001 è stato aperto il centro visitatori «Orso» a Spormaggiore. Al suo interno è possibile confrontarsi in modo interattivo con la storia e la biologia dell’orso.

Il centro è in grado di autofinanziarsi attraverso i biglietti d’entrata e la vendita dei gadget orsini: peluche, magliette, libri, …

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