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Quando il Ticino si trasformò in Far West ed ebbe il suo assalto al treno

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Anche il Ticino ha avuto nel 1982 il suo assalto al treno. Keystone / Str

Quarant'anni fa un gruppo di criminali destò sensazione in Ticino e nella vicina Italia, rapinando un treno. Una vicenda che non è mai stata risolta. L'approfondimento della trasmissione Il Quotidiano.

“Come nel Far West. Hanno assaltato il treno in cinque, armati con pistola e fucili ed hanno rapinato il bottino: oro e altri valori destinati a Zurigo. Banditi decisi a tutto: non hanno esitato a sparare per forzare la porta del vagone postale ed a percuotere, brutalmente il conducente del treno ed il responsabile del convoglio”: il Giornale del Popolo descriveva così, l’indomani della rapina, quanto avvenuto il primo febbraio sul treno 581, proveniente da Genova, partito da Chiasso alle 19.49 e diretto, come detto, a Zurigo.

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L’articolo del Giornale del Popolo all’indomani della rapina. Giornale del Popolo

Il convoglio è appena ripartito dalla stazione di Lugano. Dopo pochi minuti, un passeggero si alza e tira il freno di emergenza. Il treno si ferma in piena campagna, all’altezza di Vezia. Diversi uomini corrono verso il vagone postale. Uno di loro sfonda la finestra delle porte comunicanti e riesce a entrare. In pochi minuti la banda (in seguito si parlerà di un gruppo da cinque a otto uomini) arraffa tutto ciò che c’è da arraffare e si dilegua con il bottino.

Un bottino che all’epoca fu stimato in un primo tempo a un milione e mezzo di franchi, ma che in realtà era probabilmente di quattro volte superiore.

La macchina su cui i rapinatori prendono la fuga è ritrovata la mattina dopo nei pressi di Ponte Tresa. I criminali l’hanno abbandonata e verosimilmente hanno attraversato lo stretto di Lavena (poche decine di metri) con una barca a remi per riparare in Italia.

E sempre in riva al fiume Tresa, viene scoperto il corpo senza vita di un uomo, accanto a lui 34 chili d’oro e nell’acqua quattro pistole. Di chi si tratta? Come è morto?

Il cadavere si scoprirà essere uno dei rapinatori. Fuggiva a piedi ed era sanguinante, perché colpito per errore da un proiettile durante l’assalto al treno. Era stato lasciato dai suoi complici con la sua parte di bottino. Il valore: 800’000 franchi. In una tasca trovano i suoi documenti: macellaio di Roma, è sospettato di una serie di rapine in Italia insieme ad altri colleghi e ad un becchino.

Grazie a una soffiata, la polizia ticinese trasmette ai colleghi italiani il nome di Angelo Meola, “un pezzo da novanta della malavita, autore di diverse rapine avvenute nel Luganese, già condannato a sette anni dai tribunali ticinesi e fuggito nell’agosto scorso dalle carceri pretoriali di Locarno”.

Meola, che sarebbe stato informato del fatto che su quel treno c’era sempre una quantità ingente di denaro, è arrestato dai carabinieri e trasferito al carcere di Como. L’uomo non dice però nulla e vista la mancanza di prove nei suoi confronti deve essere rilasciato. “Sono completamente estraneo a questa rapina”, ribadirà qualche mese dopo ai giornalisti, dopo essere stato condannato da un tribunale di Como per un colpo ai danni di un ufficio cambi a Chiasso.

A distanza di quarant’anni, il giallo del treno 581 deve ancora essere risolto.

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