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L'uniformità minaccia i media svizzeri

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Questo contenuto è stato pubblicato il 22 ottobre 2018 - 16:45
Marguerite Meyer, testo, e Kai Reusser, grafica, Video RSI (TG del 22.10.2018)

Il paesaggio mediatico svizzero è ancora a un livello qualitativo elevato, ma presenta una concentrazione "preoccupante". Gli introiti pubblicitari dei media online stanno crollando a vantaggio di Google, Facebook e compagni. Nelle redazioni è in atto una fuga di cervelli. Una tendenza che non è un buon segnale per la democrazia.

Un piccolo paese plurilingue e con una grande varietà di peculiarità regionali presenta dei vantaggi. Al contempo rappresenta però anche sfide non indifferenti per i massmedia.

L'Annuario "Qualità dei media" dell'Istituto di ricerca fögLink esterno dell'università di Zurigo segue l'evoluzione del paesaggio mediatico in Svizzera dal 2010. L'edizione 2018 è basata su un campione di 26'444 articoli tratti da 66 media d'informazione nelle tre grandi regioni linguistiche. Lo scopo dichiarato dello studio annuale è di "approfondire il dibattito sulla qualità dei mezzi d’informazione e di promuovere la consapevolezza per le prestazioni del giornalismo d’informazione nella società".

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L'Annuario "Qualità dei media" 2018Link esterno rileva che intermediari tecnologici internazionali come Google e Facebook dominano il mercato della pubblicità online nella Confederazione. Di conseguenza, si intensifica la concentrazione dei media svizzeri. Questi sono ormai nelle mani di un numero sempre più ristretto di editori.

Google si mangia i due terzi della torta pubblicitaria

Prima dell'avvento dell'online, i giornali vivevano delle inserzioni che offrivano a buon prezzo. Queste entrate, tuttavia, nell'ultimo decennio si sono praticamente dimezzate. Oggi, quella online è la forma di pubblicità più importante nel mercato svizzero.

Ma a farla da padrone è Google. Nel 2017 il gigante mondiale dei motori di ricerca ha intascato 2,1 miliardi di franchi, ossia i due terzi dei ricavi pubblicitari online in Svizzera. In confronto, la quota di display advertising – ossia la pubblicità diretta su piattaforme mediatiche – è minuscola.

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Questa situazione è dovuta al fatto che i media producono contenuti che vengono trovati dagli internauti tramite Google, mentre gli inserzionisti mettono la pubblicità direttamente sul motore di ricerca. In altri termini, per gli editori sono spese, per Google ricavi. Nel 2017, il gigante tecnologico ha guadagnato in Svizzera più di tutta la stampa messa insieme.

Sviluppo problematico per la democrazia

Una conseguenza di questa evoluzione è che la scure dei risparmi si abbatte sulle redazioni. Di riflesso, si registra una vera e propria fuga di cervelli nel giornalismo svizzero. Tra il 2011 e il 2016 sono andati persi 3000 posti di lavoro. Sempre più giornalisti o si mettono in proprio o si occupano di pubbliche relazioni e lobbying.

Nei prossimi anni sono attesi nuovi tagli consistenti di posti di lavoro, anche presso la Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR e l'agenzia di stampa Ats. Secondo gli autori dello studio, si tratta di uno sviluppo problematico dal profilo della democrazia.

Nell'Annuario si sottolinea che a ciò si aggiunge la concentrazione dei media, che è "molto inquietante". Grandi società mediatiche stanno acquistando sempre più media locali per accaparrarsi anche quel pezzo della torta delle inserzioni pubblicitarie molto contesa.

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Nella corsa ai risparmi senza fine, gli editori continuano ad operare fusioni di redazioni e a pubblicare gli stessi articoli su media diversi. Lo scorso anno, più della metà degli articoli sulla politica nazionale svizzera sono stati pubblicati su più di un media.

Secondo l'Annuario, ciò compromette la concorrenza editoriale e riduce la pluralità delle opinioni nella stampa: una tendenza critica, soprattutto per il dibattito di idee nelle campagne che precedono le votazioni popolari.


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