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Prova del fuoco per il Sud Sudan

L'euforia dei sud sudanesi nel vedere nascere il loro stato è grande. Keystone

Il Sud Sudan ha dichiarato uffiicialmente sabato l'indipendenza dal Nord, subito riconosciuta dalla Svizzera e diversi altri paesi. Nonostante l'ottimismo, il nuovo Stato dovrà risolvere numerosi problemi legati in particolare al commercio transfrontaliero e al petrolio.

Con una cerimonia tenuta nella nuova capitale Giuba – alla quale hanno preso parte anche il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon, il presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni unite Joseph Deiss e il presidente del Sudan Omar el Beshir – il Sud Sudan ha proclamato sabato la propria indipendenza, approvata nel gennaio 2011 dal 98,8% della popolazione.

Dopo aver incontrato il primo presidente del Sud Sudan, Salva Kiir Mayardit, Joseph Deiss ha invitato il nuovo Stato africano a diventare il 193esimo membro dell’Onu. L’ex consigliere federale ha inoltre sollecitato la comunità internazionale ad accrescere gli sforzi per migliorare i servizi di base e sostenere la creazione di istituzioni democratiche nel paese devastato da una lunga guerra civile.

L’indipendenza del Sud Sudan è stata immediatamente riconosciuta dall’Unione africana, dagli Stati uniti, dall’Unione europea e dalla Svizzera. Il Consiglio federale ha deciso di dare subito inizio alla procedura formale per l’avvio di relazioni diplomatiche e consolari.

Problemi in attesa

Nonostante il clima di ottimismo, il 54esimo Stato africano sarà confrontato nei prossimi anni a numerosi problemi, che riguardano in particolare la demarcazione dei confini con il Sudan, le relazioni commerciali, la condivisione delle risorse petrolifere e delle infrastrutture. Temi questi che sono stati presi in esame a Berna, nel corso di una giornata di studio organizzata dalla ONG swisspeace presso l’Università della capitale elvetica.  

Il rappresentante speciale per il Sudan e il corno d’Africa, Michael Winzap, ha ricordato che con la dichiarazione d’indipendenza del Sud Sudan, il nord perderà circa il 20% della popolazione, il 25% del territorio e il 35% delle risorse finanziarie. «Le perdite a livello politico, economico e psicologico comporteranno lo scontento della popolazione».

Nel sud, invece, ci si attende uno sviluppo dell’infrastruttura stradale e di rifornimento elettrico che ammonta a circa 20 miliardi di dollari. Per un governo che può contare su entrate di 2 miliardi all’anno, «le aspettative sono decisamente alte. Ci saranno dei problemi», afferma Jok Madut Jok, sottosegretario del ministero della cultura del Sud Sudan.

Frontiere, commercio e petrolio

Il commercio e la demarcazione del confine, che tuttavia non è stato definito nel dettaglio, costituiscono il problema maggiore. Negli ultimi mesi, il commercio transfrontaliero è diminuito notevolmente. I prezzi dei beni di prima necessità sono cresciuti a dismisura e il governo del sud accusa il nord di applicare restrizioni per vendicarsi del referendum sull’indipendenza. È quanto spiega durante la conferenza Martina Santschi di swisspeace.

Il direttore dell’Istituto per la ricerca sulla pace dell’Università di Khartoum, Mohamed Majoub Haroun, ha ribadito che, nonostante vi siano ancora alcune divergenze per quanto riguarda il tracciato del confine, i progressi sono stati molti.

«È veramente necessario facilitare ancora di più il commercio transfrontaliero di cui beneficia la popolazione di entrambi gli stati. Il commercio tra le due parti ha una lunga storia, nessuna delle due può farne a meno», afferma Haroun.

Per quanto riguarda il petrolio, al fine di raggiungere una stabilità economica, occorre garantire un flusso continuo di greggio dalle riserve del sud negli oleodotti del nord.

«Il petrolio è e rimarrà il problema maggiore. Ma sono convinto che sarà possibile trovare una soluzione che contribuirà allo sviluppo pacifico dell’intera regione», ritiene Winzap.
 
Haroun aggiunge che la stabilità politica sarà essenziale per promuovere gli investimenti esteri e assicurare che gli errori del passato non siano ripetuti.

Un vecchio stato nuovo

«A volte ci dimentichiamo che anche il nord sarà un nuovo stato. Per la Svizzera è di fondamentale importanza non privilegiare uno o l’altro paese», spiega Winzap.

Per Haroun, il nord, che si chiamerà Sudan, piuttosto che essere un paese nuovo, sarà un «vecchio stato nuovo». Mentre il vecchio Sudan era «abituato ad avere una costituzione democratica», coinvolgere la popolazione nella creazione di una nuova costituzione per il nuovo Sudan sarà un processo fondamentale per il suo futuro pacifico.

Le rivolte nei paesi arabi e i movimenti democratici nei paesi vicini come l’Egitto, spingono a non invertire il processo democratico già avviato.

Secondo Winzap, la Svizzera ha un ruolo da svolgere nell’aiutare il sud ad istituire una nuova banca centrale e a creare una moneta. Un altro punto è lo sviluppo sostenibile di infrastrutture democratiche.

«Il nostro sistema federale funziona piuttosto bene. Non si tratta di esportalo ma di assumere almeno un ruolo ispiratore», si augura Winzap.

Unità e diversità

Jok afferma che la partecipazione della popolazione alla creazione di nuove istituzioni è un fattore fondamentale per stimolare l’unità e il senso di appartenenza nazionale dei sud sudanesi. Nel nuovo stato coabiteranno 67 diversi gruppi etnici. In sette dei suoi dieci stati sono già scoppiati disordini.

Se una volta la lunga lotta per l’indipendenza era diventata la forza trainante e di unità, le nuove sfide da affrontare minacciano di dividere il popolo del Sud Sudan.

La diversità di gruppi etnici potrebbe essere un problema anche a nord. «Il fallimento delle élite nazionali nel soddisfare le diverse etnie ha portato a molti conflitti armati. La separazione non significa che il problema sarà spostato nel nord o nel sud. La condizione fondamentale per un futuro pacifico delle due parti è la coesistenza di diversi gruppi etnici nei due stati», afferma Haroun.

Il primo grande conflitto è stato la guerra civile tra nord e sud del 1955 avvenuta un anno prima dell’indipendenza del Sudan fino ad allora di dominio anglo-egiziano.

Dopo qualche anno di conflitto larvato, la guerra nord-sud si intensifica all’inizio degli anni 60. La prima guerra civile è costata la vita a circa 500 000 persone.

I ribelli del sud firmano un accordo di pace con il governo di Khartoum nel 1972 ad Addis-Abeba. L’accordo non permette ai sudisti di tenere un referendum sull’indipendenza ma garantisce loro l’istituzione di una regione autonoma nel Sud Sudan.

Nel 1983 il governo semi autonomo del sud viene sciolto da parte del potere di Khartoum. Ciò scatena una nuova guerra civile

che causerà due milioni di morti.

Con la firma dell’accordo di pace nel 2005 si conclude la seconda guerra civile. Sei mesi più tardi, il leader sudista John Garang muore in un incidente d’elicottero. 

Dal 9 al 15 gennaio 2011 si è tenuto un referendum sull’autodeterminazione del Sud Sudan.

Il referendum è stato accettato e il Sud Sudan sarà indipendente dal 9 luglio 2011.

La Svizzera ha riconosciuto il Sudan nel 1956 e ha avviato rapporti diplomatici con questo paese africano, il più grande in termini di superficie, nel 1960. Un anno più tardi ha aperto un’ambasciata nella capitale Khartoum.

Le relazioni commerciali si sono andate sviluppando a partire dagli anni cinquanta. La Svizzera importava cotone e arachidi ed esportava prodotti chimici, macchinari e orologi. Nel 1974 i due paesi hanno firmato un accordo concernente la promozione e la protezione degli investimenti.

Dal 1994 la Direzione per lo sviluppo e la cooperazione (DSC) sostiene il Sud Sudan e dal 2003 la regione del Darfur prestando contributi alle organizzazioni delle Nazioni Unite nonché a organizzazioni non governative.

(traduzione e adattamento dall’inglese, Michela Montalbetti)

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