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L’ex capo della polizia del Guatemala attende il verdetto

Erwin Sperisen deve rispondere a Ginevra di omicidi commessi dalla polizia del Guatemala nel 2005 e 2006 Keystone

Il futuro del cittadino svizzero-guatemalteco Erwin Sperisen si trova nelle mani di sette giudici del Tribunale criminale di Ginevra. Il pubblico ministero ha chiesto l'ergastolo per l'ex capo della polizia del Guatemala, accusato di 10 omicidi. Il verdetto di questo processo senza precedenti è atteso per venerdì.

Dieci anni fa, Erwin Sperisen divenne capo della Polizia nazionale civile (PNC) del paese centroamericano, che stava cercando di uscire da un lungo e sanguinoso conflitto civile. Il nuovo numero uno delle forze dell’ordine, appena 34enne, non immaginava di certo di ritrovarsi un giorno sotto processo in Svizzera e di rischiare la pena dell’ergastolo.

Nel 2007, la morte di tre parlamentari salvadoregni, uccisi presumibilmente da suoi collaboratori, ha però spinto Sperisen ha lasciare precipitosamente il Guatemala e a stabilirsi a Ginevra. “In seguito a minacce di morte, ho dovuto partire con la famiglia dal Guatemala”, ha spiegato martedì l’accusato durante il processo a suo carico in corso a Ginevra..

Sperisen non deve tuttavia rispondere dell’omicidio dei tre parlamentari dinnanzi al Tribunale criminale ginevrino. Il procuratore pubblico Yves Bertossa lo ha portato sul banco degli accusati per due eventi precedenti: l’uccisione di tre prigionieri evasi dal carcere El Infiernito nel 2005 e di 7 detenuti della prigione Pavón nel 2006.

Le 10 esecuzioni extragiudiziali sono ben note in Guatemala. Un processo per questi crimini ha avuto luogo nell’agosto 2013 contro alcune pedine minori. I più alti responsabili sono stati invece risparmiati dalla giustizia guatemalteca, in parte anche per il fatto che molti di loro si sono rifugiati all’estero.

Lo stesso Erwin Sperisen ha potuto vivere tranquillamente per cinque anni con la famiglia a Ginevra. L’ex capo della PNC è stato arrestato nel 2012 e, dopo due anni di detenzione, è stato portato dinnanzi alla corte. Secondo Bertossa vi sono prove sufficienti per dimostrare che Sperisen è stato un autore diretto dei 10 omicidi. Il procedimento, iniziato lo scorso 15 maggio, si è concluso questo martedì con l’arringa della difesa. Il verdetto sarà pronunciato il 6 giugno.

Arrestato a Ginevra il 31 agosto 2012, Ervin Sperisen è accusato di aver organizzato, pianificato e diretto “operazioni volte ad eliminare dei detenuti” mentre dirigeva la Polizia nazionale civile del Guatemala dal luglio 2004 al marzo 2007.

Il 25 settembre 2006, nel quadro di un’operazione di ripresa del controllo della prigione di Pavón da parte dei servizi di sicurezza del Guatemala, Sperisen avrebbe ordinato l’esecuzione di sette detenuti, uccisi a colpi d’arma da fuoco.

Per dissimulare queste esecuzioni, i membri delle forze dell’ordine avrebbero in seguito manipolato la scena del delitto, simulando uno scontro fra gli agenti di polizia e i prigionieri.

Sperisen è inoltre accusato di aver ordinato l’uccisione di 3 detenuti evasi dal carcere El Infiernito nel 2005.

Il procuratore pubblico Yves Bertossa ha preteso una condanna all’ergastolo per Sperisen. La difesa ha invece negato ogni capo di accusa e ha chiesto l’assoluzione dell’ex capo della polizia in Guatemala.

Operazioni autorizzate dall’alto

Bertossa basa le sue accuse sull’inchiesta condotta dal pubblico ministero guatemalteco in collaborazione con la Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala (CICIG). Questa commissione era stata istituita nel 2007 per fornire consulenza alla giustizia guatemalteca nella procedura d’inchiesta sull’omicidio dei parlamentari salvadoregni e per contribuire a rafforzare il sistema giudiziario del Guatemala.

Secondo gli esperti che hanno lavorato per la CICIG, chiamati a deporre nel processo in corso a Ginevra, gli alti responsabili della sicurezza in Guatemala – tra cui il ministro dell’Interno Carlos Vielmann, Erwin Sperisen e il suo vice Javier Figueroa (tra i testimoni a Ginevra) – avevano autorizzato le operazioni dei comandi paralleli della PNC ed erano a conoscenza delle loro attività, comprese le esecuzioni extragiudiziali di El Pavón e El Infiernito.

“Testimoni comprati”

A Ginevra, la difesa ha cercato a più riprese di screditare il lavoro della CICIG e ha accusato di mentire tutti coloro che hanno testimoniato contro Sperisen. Tra questi un testimone che sostiene di aver visto Sperisen sparare al prigioniero José Abramo Tiniguar durante l’operazione di polizia eseguita il 25 settembre 2006 per riprendere il controllo del carcere di Pavon, rimasto per un decennio nelle mani dei detenuti.

“Non si può giudicare queste vicende con i riflessi di Ginevra”, ha dichiarato l’avvocato Giorgio Campa, secondo il quale bisogna dapprima capire il contesto in cui ha dovuto operare l’ ex capo della polizia e, in ogni caso, “nessuno può sapere chi ha ucciso i 7 detenuti”. Sempre a detta della difesa, anche per quanto riguarda la morte dei tre evasi dalla prigione di El Infiernito nel 2005 non vi sarebbe alcuna prova della responsabilità di Sperisen, benché la missione sia stata condotta da membri della PNC.

“Non ho ucciso né ordinato la morte di nessuno. E non ho partecipato a dei piani volti ad uccidere qualcuno. Nessuno può accusarmi con piena certezza di questi fatti, perché non vi è alcuna base per farlo”, ha dichiarato da parte sua Sperisen, a bassa voce, nel suo ultimo intervento dinnanzi ai sette giudici, chiamati a decidere della sua sorte.

Delitti di Stato

Secondo Bertossa, i giudici del Tribunale criminale non avranno mai più così tanti elementi di prova, come quelli che ha potuto raccogliere, con fotografie, video e testimonianze. “Il capo è colui che decide e gli autori coloro che eseguono. Questo è il caso in Guatemala, in Svizzera e in qualsiasi altra parte del mondo”, ha affermato il procuratore pubblico, sottolineando la responsabilità dell’ex capo della polizia nelle 10 esecuzioni extragiudiziali.

“Questi omicidi sono delitti di Stato, programmati, organizzati e decisi dalle più alte autorità del Guatemala”, ha aggiunto il responsabile presso il pubblico ministero di Ginevra della sezione di problematiche complesse di portata internazionale o di natura finanziaria. “In questo modo lo Stato uccide due volte: dieci persone e la propria democrazia. Questa procedura, la “pulizia sociale”, è la più grave che possa esistere e per questo motivo chiedo di condannare il signor Sperisen al carcere a vita”.

Un processo analogo a quello di Ginevra si è svolto nel 2013 in Austria. Sul banco degli accusati vi era Javier Figueroa, ex vice capo della Polizia nazionale civile (PNC) del Guatemala dal 2004 al 2007.

Figueroa doveva rispondere in sostanza degli stessi crimini di cui è stato accusato Erwin Sperisen a Ginevra, ossia dell’omicidio di detenuti delle prigioni di Pavón e El Infiernito.

L’amico d’infanzia di Sperisen è stato assolto dalla corte austriaca per mancanza di prove sulle sue responsabilità in tali vicende.

In Spagna è previsto invece un processo analogo a carico di Carlos Vielmann, ex ministro dell’interno del Guatemala dal 2004 al 2007.

L’ex superiore diretto di Sperisen, che ha oggi la doppia nazionalità guatemalteca e spagnola, dovrà rispondere a sua volta dei crimini commessi dalla polizia in relazione alle prigioni di Pavón e El Infiernito.

Processo (stra)ordinario

I principali media svizzeri hanno seguito con interesse i dibattiti presso la corte ginevrina, dal momento che si tratta di un processo senza precedenti in Svizzera. Per la prima volta uno svizzero viene giudicato per fatti estremamente gravi commessi in paese caratterizzato da una situazione di impunità quasi sistematica .

In questo processo “si cerca di risolvere dei paradigmi che non ci riguardano”, ha affermato uno degli avvocati della difesa.

Tuttavia, secondo Sévane Garibian, esperta di diritti umani e di giustizia penale internazionale, il caso Sperisen rientra piuttosto in un contesto di diritto penale ordinario, perché l’imputato ha la doppia cittadinanza svizzera e guatemalteca. In tale ottica, il processo è da considerare “ordinario”.

“Il processo di Ginevra può essere visto come la materializzazione della competenza penale svizzera (a causa della nazionalità elvetica dell’imputato) e, nel contempo, come un contributo svizzero alla lotta contro l’impunità per gravi violazioni dei diritti umani, dal punto di vista internazionale”, aggiunge la docente dell’Università di Ginevra, ricordando che, tramite un programma di sostegno alla giustizia transnazionale, la Svizzera partecipa attivamente da anni agli sforzi in corso in Guatemala per rielaborare il passato e le atrocità commesse durante il lungo conflitto civile.

Lotta contro l’impunità

Il processo è stato seguito con attenzione anche in Guatemala. “Per la prima volta viene giudicata una persona che aveva un grande potere politico e che era strettamente legata al potere economico in Guatemala. Qualcosa di impossibile in questo paese, a causa del rigido sistema di impunità”, rileva Ramon Cadena, direttore in America Centrale della Commissione internazionale dei giuristi (ICJ).

“È un caso quindi molto importante perché si iscrive nella lotta contro l’impunità in Guatemala: Le vittime stanno sempre cercando di ottenere giustizia, anche in altre giurisdizioni. E stiamo parlando di reati gravi”, aggiunge Cadena. A suo avviso a Ginevra “si sta dimostrando che, quando i giudici sono imparziali e non vi sono influenze esterne, vi può essere giustizia”.

Per il giurista non vi sono dubbi per quanto riguarda le responsabilità di dell’ex capo della polizia. “Anche se Sperisen non ha sparato un solo proiettile, la sua responsabilità rimane determinata dal fatto che era a conoscenza dei reati commessi”.

Traduzione di Armando Mombelli

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