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La Svizzera promuove un piano di pace in Sri Lanka

Keystone

Quattro anni dopo che il governo dello Sri Lanka ha sconfitto le forze ribelli tamil, il processo di riconciliazione sull’isola rimane irto di difficoltà. Per portare le parti al tavolo dei negoziati, la Svizzera sostiene un’iniziativa di pace avanzata dal Sudafrica.

Dal 2011 il Sudafrica e alcune organizzazioni della società civile dello Sri Lanka stanno cercando di rilanciare i negoziati tra il governo e l’Alleanza Nazionale Tamil (TNA), avviati al termine di un conflitto durato quasi 30 anni sull’isola.

Rappresentati delle autorità dello Sri Lanka e dei mediatori sudafricani si sono incontrati più volte l’anno scorso. Una delegazione della TNA si è recata in Sudafrica lo scorso mese.

Intenzionata a dare un proprio contributo per trovare una soluzione durevole di pace nel paese asiatico, la Svizzera ha prestato aiuti finanziari e politici per promuovere l’iniziativa sudafricana.

“La Svizzera è convinta che solo un dialogo generale potrà permettere di raggiungere una soluzione definitiva, in cui tutte le parti, anche le minoranze, possano partecipare in modo paritario alle decisioni”, spiega Carole Wälti, portavoce del Dipartimento federale degli affari esteri.

A tale scopo, secondo gli osservatori, l’esperienza del Sudafrica, che sta portando avanti da molti anni un lungo processo di riconciliazione, potrebbe servire da esempio anche per lo Sri Lanka. Ma ogni coinvolgimento non è privo di rischi.

“I governi che cercano di promuovere una pace duratura in Sri Lanka devono anche fare in modo che la loro volontà di fornire un impegno costruttivo non finisca per favorire l’intransigenza di Colombo e tattiche dilatorie”, sottolinea un rapporto del Gruppo internazionale di crisi (ICG), pubblicato lo scorso novembre.

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“Difficile essere ottimisti”

Secondo Alan Keenan, esperto dell’ICG per lo Sri Lanka, è “difficile essere ottimisti” riguardo all’iniziativa del Sudafrica: “Se ha un valore, è solo quale canale per ricostruire eventualmente a lungo termine la fiducia tra le parti. Per ora spetta al governo dello Sri Lanka mostrare la volontà di rispondere ai numerosi compromessi fatti finora dai rappresentanti della TNA. Ma non vedo come questo possa avvenire nei prossimi tempi.

Keenan accusa il governo dello Sri Lanka di non avere alcun intenzione di indire negoziati equi con i partiti politici tamil e neppure di delegare il potere alla maggioranza tamil nelle province orientali e settentrionali. E, men che meno, di tornare sulle sue promesse.

Le attuali politiche nei confronti dei tamil, in particolare nella provincia settentrionale, stanno minando i loro diritti e danneggiano le prospettive di una soluzione politica duratura, afferma l’esperto dell’ICG.

“È molto importante che il governo svizzero e quello sudafricano denuncino questa mancanza di progressi a livello mondiale e impediscano alle autorità dello Sri Lanka di ingannare il mondo su questo punto. Sia la Svizzera che il Sudafrica dovrebbero sostenere una dura risoluzione nella prossima sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani, in programma in marzo a Ginevra “, afferma Keenan.

Quasi quattro anni dopo la fine del conflitto in Sri Lanka tra le forze governative e le Tigri di Liberazione del Tamil Eelam (LTTE), quasi 470 mila sfollati hanno fatto ritorno alle loro case.

Si stima che più di 93’000 persone non hanno ancora potuto rientrare a casa loro. Molte di loro si trovano nei campi di accoglienza dei distretti di Vavuniya, Jaffna e Trincomalee.

Tra coloro che sono tornati, numerose persone incontrano ancora grandi difficoltà a trovare un rifugio e ad accedere ai beni di prima necessità, come cibo, acqua e servizi igienico-sanitari. Anche l’esercizio dei diritti civili rimane molto precario.

Fonte: Internal Displacement Monitoring Center (24 gennaio 2013)

Lo Sri Lanka respinge le accuse

Per la seconda volta, gli Stati Uniti intendono patrocinare una risoluzione contro le autorità dello Sri Lanka, accusate di non aver perseguito i responsabili delle violazioni dei diritti umani compiute dalle forze governative durante la fase finale del conflitto civile.

Il governo srilankese ha respinto queste accuse, tra cui la presunta uccisione di migliaia di civili innocenti appartenenti alla minoranza etnica tamil, e si è opposto all’apertura di un’inchiesta internazionale indipendente.

Il presidente Mahinda Rajapaksa si è limitato a nominare nel 2010 una commissione interna di esame del passato e di riconciliazione (Lesson Learnt and Reconciliation Commission, LLRC), pesantemente criticata dalle associazioni internazionali per i diritti umani, per indagare sugli eventi avvenuti tra il febbraio 2002 e il maggio 2009.

Nel marzo scorso il Consiglio delle Nazioni Unite per i diritti umani ha adottato una risoluzione che invita lo Sri Lanka ad attuare le raccomandazioni formulate nel rapporto finale della LLRC, pubblicato nel dicembre 2011. Vi figurano tra l’altro i risultati delle inchieste condotte sulle violazioni individuali dei diritti umani o del diritto umanitario.

I rappresentanti dello Sri Lanka hanno difeso finora il loro operato, affermando che già molto è stato fatto per risolvere i problemi del dopoguerra e per mettere in atto le raccomandazioni della LLRC.

Il mese scorso, il ministro degli affari esteri dello Sri Lanka, Gamini Lakshman Peiris, ha dichiarato che il processo di riconciliazione potrà avere successo solo se l’isola disporrà del tempo necessario. A suo avviso, il paese sta comunque facendo rapidi progressi per quanto riguarda il reinsediamento degli sfollati, il reinserimento degli ex-combattenti, lo sminamento e il rilancio economico delle province settentrionali.

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Cultura di impunità

Da parte svizzera non si considera in modo così positivo lo sviluppo economico delle regioni a maggioranza tamil.

“La situazione nel nord, e, in misura minore, nella parte orientale del paese rimane precaria nonostante i progressi evidenti nel campo delle infrastrutture”, dichiara Carole Wälti. “La provincia settentrionale è stata l’unica a non tenere elezioni parlamentari e l’esercito vi svolge ancora un ruolo importante negli affari civili ed economici. La società civile in generale e i difensori dei diritti umani sono sottoposti a forti pressioni”.

Le associazioni per i diritti fondamentali e i paesi occidentali hanno espresso la loro preoccupazioni per il recente licenziamento del capo della giustizia srilankese e per le restrizioni imposte alla libertà di espressione.

In un rapporto pubblicato alla fine dell’anno scorso, Amnesty International denuncia il “clima di paura”, le misure repressive adottate contro i dissidenti e i ripetuti casi di tortura, che hanno provocato la morte di diversi detenuti, come pure le sparizioni e le esecuzioni extragiudiziali.

“Il vero problema è la cultura di impunità e il fatto che le violazioni dei diritti umani continuano. “Non è solo un problema che riguarda il passato”, dichiara Yolanda Foster, esperta di Amnesty International della situazione nello Sri Lanka.

Nel 2012 la Svizzera ha impiegato 7,2 milioni di franchi per i suoi programmi di cooperazione nello Sri Lanka. Per il periodo 2013-2015 intende devolvere una cifra analoga.

La Svizzera sostiene il reinsediamento di 40’000 sfollati durante la guerra nella regione settentrionale, attraverso la costruzione di abitazioni e di infrastrutture.

Questi progetti vengono realizzati dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), UN HABITAT e dall’organizzazione non governativa svizzera Solidar, in collaborazione con le autorità locali e i beneficiari.

Grazie a questi aiuti, circa 2’000 famiglie hanno già potuto costruire nuove case e altre 2’700 famiglie hanno ricevuto altri mezzi di assistenza.

I programmi svizzeri si concentrano inoltre sull’approvvigionamento di acqua potabile, attraverso la riabilitazione di pozzi e stagni. Sono state inoltre ricostruite una ventina di scuole per circa 3’000 allievi.

La DSC sostiene pure la Fondazione svizzera contro le mine (FSD), che ha già sminato sminato oltre 560 chilometri quadrati di terra.

Insieme con la Organizzazione Internazionale del lavoro (OIL) e altri attori non statali, la DSC collabora anche alla promozione dei diritti di 250’000 lavoratori migranti e delle loro famiglie.

Sostiene infine i processi di riconciliazione attraverso il dialogo politico, la tutela dei diritti umani e la valorizzazione dello stato di diritto.

Fonte: Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC)

Traduzione di Armando Mombelli

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