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Preziosi soldati a quattro zampe

Nessun scampo per il (finto) malvivente KVA

In un'epoca caratterizzata da strutture militari sempre più sofisticate dal profilo tecnologico, l'esercito svizzero – e non solo – continua a avvalersi di cavalli e cani, utilizzati anche per scopi civili nella Confederazione e all'estero.

A Schönbühl, nel cantone di Berna, le forze armate della Confederazione dispongono di un Centro di competenza per il servizio veterinario e gli animali dell’esercito. Niente armi chimiche, niente droni, niente aerei di combattimento F/A 18. Semplicemente – si fa per dire – cani e cavalli.

La storia degli animali dell’esercito è particolare: inizialmente erano fondamentali, in seguito sono passati in secondo piano, ora vengono invece rivalutati e i loro settori d’impiego aumentati.

Dal cavallo al cavallo

Il colonnello Hans Schori, direttore del Centro, riassume questa evoluzione con un esempio. «Gli animali – soprattutto i cavalli – fanno parte da sempre dell’esercito. In passato, era il mezzo di trasporto per eccellenza, basti pensare ai reparti di cavalleria. La motorizzazione ha poi fatto perdere molta importanza agli equini in ambito militare, al punto che – dopo la soppressione della cavalleria nel 1972 – si è valutato nel 2004 se rinunciare completamente al loro apporto».

Una valutazione che ha portato alla decisione di continuare a fare affidamento su questi animali. «Il “rinascimento” è un fatto recente. Le crisi internazionali – ad esempio quelle in Afghanistan e in Kosovo – hanno infatti mostrato la loro importanza per raggiungere le aree più impervie, inaccessibili per carri armati e affini. Senza contare che i soldati devono spesso rinunciare a percorrere le strade a causa della presenza di mine: spostandosi a piedi, i cavalli consentono di trasportare materiale, anche quando i ponti aerei non sono attuabili a causa delle condizioni meteorologiche».

Oltre ai cavalli, alcuni eserciti utilizzano anche cammelli, lama, muli, asini. In generale, si riscontra una nuova tendenza: «Parecchie forze armate – per esempio negli Stati Uniti e in Canada – stanno addirittura ricominciando ad ampliare questo settore, e per farlo si rivolgono ai paesi che hanno il know-how necessario, segnatamente le nazioni alpine Svizzera, Germania e Austria», evidenzia Schori.

Il cane, fedele compagno

«Anche il cane ha sempre accompagnato l’esercito. Per esempio, già durante la prima guerra mondiale veniva mandato in avanscoperta per segnalare la presenza di eventuali truppe nemiche», sottolinea Schori.

«A differenza del cavallo, però, la sua importanza si è vieppiù accresciuta. Basti pensare alla sua efficacia per sorvegliare vaste zone, soprattutto ora che le truppe sono meno numerose», aggiunge.

Oggigiorno, i cani sono preziosi soprattutto in ambito civile: ricerca di persone dopo una valanga oppure sotto le macerie, sorveglianza alle frontiere (anche per individuare sostanze stupefacenti), oppure operazioni di polizia, come quella che – grazie all’intervento del cane Faro – ha permesso di catturare il forsennato di Bienne nel mese di settembre.

La cooperazione tra esercito e organi civili è molto stretta: il centro di competenza di Schönbühl può contare su specialisti cinofili in grado di decollare nel giro di sei ore dall’aeroporto di Zurigo, per dar man forte ai corpi d’aiuto in caso di catastrofe. Inoltre, esperti militari hanno per esempio vegliato sul vertice della Francofonia di Montreux, con cani esperti nell’individuare esplosivi.

Ottima pubblicità

«Abbiamo spesso potuto constatare che quando l’esercito presenta i propri animali – nell’ambito di manifestazioni o corsi di ripetizione – la popolazione dimostra grande interesse ed entusiasmo. Ciò attribuisce alle forze armate un notevole capitale di simpatia», fa notare il colonnello Schori.

Un altro pregio da ascrivere all’uso degli animali è il loro effetto dissuasivo: «Un cane adeguatamente addestrato mette in soggezione i malintenzionati, e spesso evita di dover ricorrere alle armi da fuoco», evidenzia.

Un concetto che diventa chiarissimo quando assisto a un’esercitazione pratica, in cui un finto ladro – per sua fortuna protetto da un’apposita corazza – tenta di scappare al cane. L’accelerazione della bestia e il balzo finale per bloccare il fuggitivo sono impressionanti: c’è da scommettere che molti preferirebbero consegnarsi spontaneamente alle forze dell’ordine.

Chiedo infine a Schori se vi sono razze di cani particolarmente indicate o controindicate per svolgere questi compiti. Il responsabile del centro spiega che la maggior parte dei cani dell’esercito sono dei pastori belgi malinois: la loro costituzione fisica è ideale per svolgere compiti diversificati.

In ogni caso, conclude, «è l’addestramento a essere fondamentale. Si deve ricordare che di per sé non esistono cani pericolosi, ma solo modi pericolosi di comportarsi con i cani».

L’esercito svizzero può contare su circa 350 cavalli e muli, 250 cani nonché un migliaio di soldati attivi in tale ambito, veterinari e maniscalchi compresi.

La maggior parte degli specialisti svolgono questa attività nel quadro del sistema di milizia (circa 4 settimane l’anno).

L’esame professionale – che riguarda il cane e la persona – necessario per diventare conducente di cani militare è riconosciuto da tutti gli operatori civili, quali le guardie di confine.

Presso il Centro di competenza di Schönbühl vengono istruite annualmente 100-140 persone nell’ambito della scuola reclute del treno e di veterinaria. Il 10% è costituito da donne.

I cavalli e i muli trasportano singolarmente da 100 a 150 kg; con questo carico sono in grado di camminare per diverse ore su terreni impervi.

Il costo di un pastore belga malinois completamente addestrato oscilla tra 20’000 e 50’000 franchi. Un esemplare parzialmente addestrato tra i 5’000 e gli 8’000 franchi.

L’esercito svizzero non dispone più dei piccioni viaggiatori militari (la relativa ordinanza è stata abrogata nel 1968), ma forse in futuro nuovi animali potrebbero trovare spazio nelle forze armate.

Stando a un articolo pubblicato il 30 settembre da US Today, gli Stati Uniti e altri paesi stanno infatti verificando la possibilità di impiegare topi e persino api allo scopo di individuare la presenza di esplosivi.

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