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Il ministro della difesa elvetico si trincera dietro a un ‘no comment’

Guy Parmelin non ha voluto rilasciare dichiarazioni sull’arresto di uno svizzero a Francoforte, sospettato di aver spiato le autorità fiscali tedesche per conto dei servizi segreti elvetici. L’uomo, in detenzione preventiva, è intanto stato incriminato dalla giustizia tedesca.

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Fintantoché l’inchiesta è in corso, il ministro della difesa svizzero Guy Parmelin non intende esprimersi sulla vicenda. “Non ho nessun commento da fare”, ha dichiarato martedì durante la conferenza stampa di presentazione del rapporto annuale del Servizio delle attività informative della Confederazione (SIC).

Parmelin si è limitato a ricordare che “il SIC ha per missione di scoprire i problemi per permettere alla Confederazione di intervenire in tempo” e che agisce “nel rispetto delle leggi in vigore per proteggere la Svizzera e i suoi abitanti”.

Lunedì sera, l’avvocato del 54enne arrestato venerdì ha indicato alla radio svizzero tedesca SRF che l’uomo è stato incriminato e che la procura tedesca lo accusa di avere agito per conto del SIC.

Venerdì la procura federale di Karlsruhe aveva già reso noto che il cittadino elvetico era “fortemente sospettato” di essere stato attivo, da inizio 2012, per i servizi segreti “di una potenza straniera”.

L’uomo avrebbe in particolare effettuato dei pedinamenti per cercare di scoprire quali autorità fiscali compravano CD coi dati di presunti evasori e come si svolgevano questi acquisti. Dal 2010, le autorità della regione del Nord Reno-Westfalia, ad esempio, hanno comprato undici CD del genere. Le informazioni contenute erano state sottratte a banche svizzere.

Terrorismo: non abbassare la guardia

Presentando il rapporto del SIC, Parmelin ha indicato che il terrorismo di matrice islamica e le attività di cyberspionaggio costituiscono attualmente le minacce maggiori per la Confederazione. Sebbene per ora la Confederazione sia stata risparmiata da attentati, non è il caso di abbassare la guardia, ha avvertito il ministro della difesa, per il quale il rischio di azioni terroristiche rimane elevato: “Lo dimostrano i recenti attacchi a Londra, Stoccolma e Parigi. Dovremo essere pronti a neutralizzare la minaccia quando si presenterà”. 

Il sedicente Stato islamico (Isis) continua a costituire una minaccia rilevante e resta invariata anche quella rappresentata da Al-Qaida, ha aggiunto Parmelin, per il quale il modus operandi negli ultimi fatti di sangue ha confermato le previsioni del SIC. Ad agire sono stati infatti “singoli individui o piccoli gruppi radicalizzati, non necessariamente provenienti o recatisi in luoghi di guerra”. Attualmente, sono una novantina le “persone a rischio” monitorate su suolo elvetico per potenziali legami col terrorismo – la lista viene aggiornata ogni sei mesi. 

Rischio di cyberspionaggio 

L’altro pericolo che preoccupa particolarmente il Consiglio federale è quello legato allo spionaggio, soprattutto di tipo informatico. Citando quale caso specifico l’attacco alla RUAG del maggio 2016, durante il quale erano stati trafugati oltre 20 gigabyte di dati, Parmelin ha messo in luce come banche, grandi aziende, ma anche piccole e medie imprese o organizzazioni internazionali e non governative con sede nella Confederazione possano subire questa pratica volta ad acquisire informazioni illegalmente. A livello globale, i conflitti fra Stati hanno sempre più spesso luogo nello spazio virtuale, anche grazie all’aiuto di hacker assunti a tal proposito. 

La Svizzera, stando al responsabile del DDPS, è comunque più preparata a fronteggiare il cyberspionaggio rispetto a qualche anno fa. Dieci impieghi in seno al SIC sono stati creati e prolungati a tempo indeterminato a questo proposito. L’entrata in vigore della nuova legge federale sulle attività informative (LAIn), approvata in settembre dal popolo, permetterà un ulteriore miglioramento del controllo generale. 

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