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Obama: altri quattro anni, ma enormi sfide

Obama sorride dopo la sua elezione, ma per lui "la strada sarà tutta in salita" Reuters

La maggior parte dei quotidiani svizzeri si rallegrano per la rielezione di Barack Obama. Tra rilancio congiunturale negli Stati uniti, cambiamenti dell’ordine economico globale, ostilità della maggioranza repubblicana al Congresso, il presidente americano sarà però confrontato con sfide gigantesche.

Obama ha vinto, “per il bene dell’America e del mondo”, titolano addirittura il Tages-Anzeiger e il Bund, nel loro commento comune. Per i due quotidiani, di Zurigo e di Berna, il successo del rappresentante democratico è ancora più significativo, se si pensa che gli Stati uniti “si trovano di fronte a sfide enormi e ad una fase di trasformazione globale, destinata a definire il loro nuovo ruolo nel mondo”. In “questo contesto drammatico”, gli americani “hanno rinnovato la fiducia a Obama”.

“I problemi degli Stati uniti sono sempre più legati a quelli del sistema economico mondiale. Lo ha dimostrato la diffusione della crisi dei mutui ipotecari americani a tutto il settore finanziario internazionale. Le politiche nazionali, praticate finora, non bastano più per risolvere i problemi”, osservano i due giornali, per i quali “stiamo vivendo l’avvento di un nuovo ordinamento economico globale, che mette in moto forze gigantesche”.

Gli Stati uniti dovranno quindi “essere in grado di trovare il loro posto nel nuovo contesto internazionale. Obama ha già cominciato a farlo, ad esempio orientando maggiormente la sua politica verso l’Asia”, proseguono il Tages-Anzeiger e il Bund, convinti che “Obama è il miglior presidente per affrontare queste sfide. Incarna, in qualche modo, il compromesso tra neri e bianchi, tra Africa, Indonesia e Stati uniti, i suoi luoghi di origine. Sostiene un approccio multilaterale. Ed è già stato definito il primo presidente americano globale”.

Orizzonte denso di nubi

L’orizzonte del presidente americano è però “denso di nubi”, prevede la Neue Zürcher Zeitung. “Con la sua vittoria di stretta misura non ha ottenuto un mandato molto esteso e dopo una campagna elettorale avvelenata non può farsi passare per un portatore di rimedi per tutti. Rispetto al 2009, la sua statura politica si è già ristretta”.

E per di più, aggiunge il foglio zurighese, “rispetto ai suoi due primi anni di presidenza, ora gli manca anche una forte base di potere al Congresso. Il parlamento americano rimane politicamente diviso, ciò che lascia prevedere un proseguimento della politica volta a bloccare le proposte dei rivali”.

“Alla Casa Bianca urge sempre più un costruttore di ponti, un politico in grado di forgiare dei compromessi con gli avversari ideologici. Se riuscirà a fare questo, Obama guadagnerà meriti durevoli nella storia. Se repubblicani e democratici resteranno invece trincerati nei loro fossati, gli Stati uniti rischiano una paralisi politica, che finirà soltanto con indebolire il paese”.

Ricetta di Obama

“La rielezione di Barack Obama non è stata di portata così storica, come quella del 2008, ma conferma che l’evento di quattro anni fa non è stato un semplice incidente della storia. Il democratico di Chicago è riuscito a fare ciò che molti ritenevano impossibile: battere un repubblicano e uomo d’affari di successo, che ha costruito la sua strategia sulla debolezza economica della prima potenza mondiale, minata da un alto tasso di disoccupazione”, rileva Le Temps.

La ricetta di Obama, prosegue il giornale romando, è stata “di dimostrare che gli Stati uniti si muovono nella buona direzione dopo la peggiore crisi economica e finanziaria conosciuta dagli anni ’30. Ma, soprattutto, di aver saputo ascoltare la nuova America, attraversata da profonde mutazioni demografiche e sociali”.

Seconda chance

“Nonostante la crisi economica, o forse a causa di essa, gli elettori hanno preferito quest’anno la continuità, al posto di una rottura. Mentre si abbozza una ripresa economica oltre l’Atlantico, hanno voluto accordare al rappresentante democratico la chance di portare a termine il suo lavoro estremamente difficile, cominciato quattro anni fa: rilanciare l’economia di un paese indebitato fino al collo da due guerre”, afferma 24 heures.

Il compito si preannuncia arduo sul piano interno, dal momento che Obama non dispone di una maggioranza alla Camera dei rappresentanti, ricorda anche il quotidiano vodese. “Ma è soprattutto sulla scena internazionale che il primo presidente ‘multicolore’ della storia degli Stati uniti dovrà dimostrare tutte le sue qualità. Liberato da ogni obbligo elettorale, potrà finalmente prendere alcuni rischi per tentare di risolvere i conflitti e le crisi che minacciano il pianeta. La lista è lunga”.

Strada in salita

Nel discorso pronunciato dopo la sua seconda elezione, Obama “ha fatto leva sulla visione di un futuro basato sulla forza della speranza e della fiducia, appellandosi ad un’America generosa, compassionevole e tollerante, la stessa che lo accompagnerà ora nella fase, difficilissima, di tramutare le speranze in fatti”, annota il Corriere del Ticino.

“Per lui la strada è tutta in salita. Sarà indispensabile trovare un compromesso con l’altra America, quella che non ha votato per lui, che mantiene il controllo della Camera dei rappresentanti e che fa intravvedere la stessa adesione a boicottaggi e ostruzionismi che, nel corso della prima amministrazione Obama, ha reso impossibile l’aspirazione del presidente di creare un’America ‘post-partisan’”.

Quattro anni di lacrime

Solo la Basler Zeitung deplora il successo di Obama, preannunciando “quattro anni di lacrime”. Per il giornale basilese, passato negli ultimi tempi su posizioni di destra, “finora nessun presidente così di sinistra ha occupato la Casa Bianca, nessun socialdemocratico così convinto si è dimostrato talmente ostile a raggiungere dei compromessi. Nessuno polarizza altrettanto del primo presidente nero, che aveva promesso di porre fine alla polarizzazione”.

“Per l’Occidente la situazione attuale desta paura”, sostiene la Basler Zeitung. “L’Unione europea non dispone di un vero governo e di istituzioni democratiche credibili per portare avanti riforme pesanti e risolvere la crisi dell’euro. L’Europa rimane un lazzaretto per sognatori delusi, una stazione di cure intense per utopisti, una camera mortuaria per debiti e progetti falliti. Ora dobbiamo aspettarci una politica altrettanto stentata e poco entusiasta negli Stati uniti”.

Il presidente americano Barack Obama ha conquistato il secondo mandato alla Casa Bianca, battendo il candidato repubblicano Mitt Romney.

Obama ha ottenuto finora 303 grandi elettori contro i 206 di Romney (restano ancora da assegnare i 29 della Florida).

Il rappresentante democratico si è  inoltre imposto in 25 Stati, contro 24 per Romney (Florida ancora in sospeso).

Barack Hussein Obama è nato a Honolulu (Hawaii) il 4 agosto 1961, figlio di un kenyota e di una cittadina statunitense del Kansas. Nel 1963 i genitori si separano e successivamente divorziano; terminati gli studi universitari, il padre rientra in Kenya, dove muore in un incidente stradale nel 1982.

La madre si risposa con un cittadino indonesiano e nel 1967 si trasferisce in Indonesia: a Giacarta, Obama frequenta le scuole elementari. Nel 1971 ritorna negli Stati Uniti. Viene allevato principalmente dai nonni materni.

Nel 1983, Obama consegue la laurea in scienze politiche alla Columbia University di New York. In seguito si trasferisce a Chicago per sostenere programmi sociali.

Nel 1991 ottiene la laurea in giurisprudenza ad Harvard e un anno più tardi sposa Michelle Robinson. Dalla loro unione nascono due figlie. Tornato a Chicago, Obama si impegna nella difesa dei diritti civili e insegna diritto costituzionale all’università.

L’impegno politico di Obama comincia nel 1992, quando aiuta Bill Clinton nelle elezioni presidenziali. Nel 1996 è eletto senatore nell’Illinois e nel 2004 diventa membro del Senato americano a Washington.

Candidato del Partito democratico alla presidenza, il 4 novembre 2008, Obama supera largamente il suo avversario John McCain, diventando il 44esimo presidente statunitense, nonché il primo afroamericano alla Casa Bianca.

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