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Presidente della Banca nazionale svizzera sotto accusa

Kashya e Philipp Hildebrand: una transazione che potrebbe costare caro al presidente della BNS Silvia Pfenniger

L’acquisto a titolo privato di mezzo milione di dollari sta mettendo in difficoltà Philipp Hildebrand. Il Consiglio della BNS ribadisce la fiducia al suo presidente, ma la vicenda apre non pochi interrogativi sulle direttive interne che regolano le transazioni private e i possibili conflitti d’interesse.

Abituato a gestire centinaia di miliardi di franchi e a garantire la stabilità monetaria di tutto un paese, il presidente della Banca nazionale svizzera (BNS) si vede ora chiamato a rispondere di una transazione che ammonta ad appena mezzo milione di dollari, ma che sta aprendo grandi interrogativi.

La vicenda risale all’estate scorsa. Secondo quanto scritto negli ultimi giorni dalla stampa, Kashya Hildebrand, moglie del numero uno della banca centrale elvetica, avrebbe acquistato il 15 agosto un pacchetto di dollari per un valore di 400’000 franchi, tramite un conto intestato a nome dello stesso Philipp Hildebrand presso la banca privata Sarasin.

In base a quanto dichiarato martedì da Kashya Hildebrand, ex operatrice sui mercati valutari, il mezzo milione di dollari doveva servire all’acquisto di opere d’arte per la sua galleria. “Ho sempre tenuto sotto osservazione i mercati finanziari e ho approfittato del prezzo particolarmente basso della valuta americana”, ha affermato la signora Hildebrand in una nota trasmessa alla Televisione della Svizzera tedesca SF.

Storico intervento

La transazione è stata regolarmente annunciata al comitato di sorveglianza della BNS, il quale ha accordato immediatamente il suo beneplacito. L’acquisto di dollari non violava in alcun modo le direttive interne dell’istituto di emissione e non avrebbe suscitato alcun interesse, se l’istituto di emissione non fosse intervenuto appena pochi giorni dopo con drastiche misure sui mercati valutari.

Il 6 settembre, lo stesso Philipp Hildebrand annuncia la decisione della BNS di fissare un tasso minimo di cambio del franco rispetto all’euro. Un’operazione di portata storica, destinata a bloccare il crescente apprezzamento del franco rispetto all’euro e alle altre principali valute internazionali, che cominciava a creare grandi grattacapi all’industria svizzera di esportazione.

Nel giro di pochi minuti, il tasso di cambio si stabilizza a 1,20 franchi per 1 euro. La moneta unica europea e, nei giorni seguenti, anche il dollaro riguadagnano così oltre il 10% del loro valore nei confronti del franco. Sempre secondo la stampa, il 12 ottobre, Kashya Hildebrand rivende buona parte del pacchetto di dollari detenuto presso la banca Sarasin, con un utile di almeno 60’000 franchi.

Tutto normale per l’organo di controllo

A rivelare la transazione è stato un collaboratore del servizio d’informatica della banca basilese. Il tecnico informatico, che si è autodenunciato il primo gennaio presso la polizia zurighese, avrebbe consegnato in novembre i dati bancari ad un avvocato vicino all’Unione democratica di centro (UDC).

Le informazioni sarebbero poi pervenute l’11 dicembre nelle mani del vicepresidente del partito di destra Christoph Blocher, il quale le ha trasmesse in seguito al Consiglio federale. Incaricato dal governo di verificare il caso, il Controllo delle finanze federali (Cdf) ha indicato la settimana scorsa di aver esaminato attentamente tutte le operazioni eseguite dai coniugi Hildebrand, senza aver constatato alcuna irregolarità.

A detta del Cdf, come pure della società di revisione PricewaterhouseCoopers, il presidente della BNS non avrebbe compiuto nessuna transazione illecita e non avrebbe sfruttato informazioni privilegiate per fini personali. Il Consiglio della banca centrale ha così annunciato il 23 dicembre la chiusura del dossier.

Nuove accuse

Il caso non sembra però per nulla chiuso, soprattutto dopo le rivelazioni della stampa degli ultimi giorni. Mercoledì il settimanale Weltwoche annuncia di essere in possesso di copie di documenti, in base ai quali le transazioni sarebbero state effettuate dallo stesso Hildebrand. Il presidente della BNS avrebbe inoltre compiuto diverse altre operazioni di acquisto e vendita di euro e dollari tra marzo e ottobre dell’anno scorso.

Da parte sua, il Tages-Anzeiger afferma che i coniugi Hildebrand avrebbe comperato 20’000 dollari anche tramite un conto intestato a nome della figlia. Scopo di tutte queste transazioni sarebbe il finanziamento di un nuovo appartamento di vacanze nel canton Grigioni. Mentre la BNS ha respinto mercoledì queste accuse, Philipp Hildebrand ha annunciato di voler esprimersi pubblicamente giovedì sulle transazioni contestate.

La vicenda mette in ogni caso in cattiva luce il presidente della BNS, che negli ultimi mesi si era creato un’aurea a livello nazionale per il suo deciso intervento del 6 settembre scorso. Dopo le numerose critiche subite nel corso dell’estate in seguito alla presunta passività della BNS, Hildebrand aveva ricevuto in seguito grandi lodi da ogni parte e sembrava in qualche modo destinato a diventare lo “svizzero dell’anno 2011”.

Mancanza di trasparenza

Il caso Hildenbrand ha aperto in questi giorni diversi altri interrogativi. Primo tra tutti la mancanza di trasparenza sulle direttive interne della BNS che regolano le transazioni private effettuate dai membri della sua direzione. Vari parlamentari hanno lamentato nei giorni scorsi il fatto di non essere neppure loro a conoscenza delle regolamentazioni interne della BNS.

Diversi altri istituti paragonabili alla BNS, quali la Banca centrale europea o il Fondo monetario internazionale, pubblicano regolarmente le loro direttive interne, le quali impongono tra l’altro ai collaboratori di rinunciare a transazioni finanziarie a corto termine e di evitare qualsiasi altra operazione che potrebbe creare “conflitti d’interesse”. Messa sotto pressione, la BNS ha finalmente deciso mercoledì di pubblicare le sue direttive interne (vedi finestra a fianco).

Una maggiore trasparenza non dovrebbe in ogni caso compromettere l’indipendenza della BNS nei confronti dei poteri pubblici, riconosciuta anche in Svizzera. “Anche le banche centrali devono però sottostare a certe condizioni. La BNS non può sussistere in un “vuoto”, anche perché deve poter contare sul sostegno e la fiducia della società”, afferma Charles Wyplosz, economista presso l’Alto istituto di studi internazionali di Ginevra. 

Il ruolo di Christoph Blocher

Un altro interrogativo, sollevato a più riprese nei giorni scorsi dalla stampa, riguarda il ruolo svolto Christoph Blocher in questa vicenda. Il vicepresidente dell’UDC è stato sospettato di aver tramesso le informazioni a carico di Hildebrand per danneggiare il presidente della BNS.

Blocher figurava nell’estate scorsa tra coloro che avevano attaccato più duramente il numero uno dell’istituto di emissione, prima del suo efficace intervento sui mercati valutari. L’ex ministro di giustizia e polizia aveva chiesto le dimissioni di Hildebrand, accusandolo di bruciare inutilmente miliardi di franchi della BNS per lottare contro l’apprezzamento del franco.

Interrogato sul suo ruolo in questa vicenda, Blocher si è però rifiutato nei giorni scorsi di rilasciare alcun commento. “Vi è un tempo per parlare e un tempo per tacere. Attualmente per me è meglio tacere”, ha dichiarato.

Fondata nel 1907, la Banca nazionale svizzera è incaricata, conformemente alla Costituzione, di condurre la politica monetaria nazionale, perseguendo l’interesse generale del paese.

La BNS ha come obbiettivi principali di garantire la stabilità dei prezzi, favorire un’evoluzione congiunturale positiva e il benessere della popolazione.

L’istituto di emissione funge tra l’altro da banca dalla Confederazione e regolamenta i flussi interbancari. Su mandato della Confederazione, ha inoltre il monopolio per l’emissione di banconote e la messa in circolazione di monete.

La BNS opera in modo indipendente dal governo, ciò significa che può fissare autonomamente i tassi di interesse, e stabilisce la sua politica monetaria in funzione di una previsione di inflazione a medio termine.

Gli utili della BNS sono ripartiti tra i cantoni (due terzi) e la Confederazione (un terzo).

Messa sotto pressione dai media e dai politici, la BNS ha pubblicato mercoledì il regolamento sulle transazioni private dei membri della sua direzione generale allargata, che finora non aveva voluto rendere noto.

In base alle disposizioni in vigore dal 1° maggio 2010, ai vertici della BNS è vietato effettuare operazioni private utilizzando “informazioni che non sono di dominio pubblico”. In particolare non sono permesse transazioni sfruttando le intenzioni in materia di politica monetaria e valutaria dell’istituto.

È quindi pure interdetta “l’esecuzione a priori o in contemporanea di operazioni private essendo a conoscenza di transazioni previste o decise da parte della BNS”.

Concretamente i membri della direzione non possono pertanto effettuare compravendite di divise mentre, come era il caso l’estate scorsa, stanno riflettendo su misure di politica valutaria.

In un comunicato, la BNS difende comunque il suo presidente, affermando che le ultime rivelazioni di media non sono del tutto corrette. Esse non contengono alcun elemento di cui gli organi di controllo non erano già a conoscenza.

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