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Porta chiusa per la Bielorussia al Consiglio dei diritti umani

Parata in Bielorussia: per le ONG, il paese è l'ultima dittatura europea Keystone Archive

Fallito il tentativo bielorusso di ottenere un seggio al Consiglio ONU dei diritti umani. Ma altri paesi contestati sono riusciti a farsi eleggere.

Il rinnovamento di 14 dei 47 seggi della giovane organizzazione con sede a Ginevra è stato discusso giovedì a New York nel corso dell’assemblea generale delle Nazioni unite.

Costretta al ballottaggio dopo il primo turno, la Bielorussia si è dovuta piegare alla Bosnia Erzegovina che ottenendo 112 voti l’ha superata di 40 lunghezze.

Il risultato è stato accolto con sollievo dall’ambasciatore degli Stati uniti all’ONU, Zalmay Khalizad che ricorda come in molti «vedano nella Bielorussia l’ultima dittatura d’Europa».

Anche le organizzazioni non governative (ONG) sono felici dell’esclusione dell’ex repubblica sovietica. Il portavoce di Human Rights Watch, Steve Crawshaw, afferma che l’elezione di un paese simile, «con un costernante bilancio in materia di diritti umani» avrebbe costituito «un insulto a tutte le vittime di violazioni nel mondo».

Di diverso avviso è l’ambasciatore sudanese Abdalmahmood Abdalhaleem: «Ho votato per la Bielorussia» ha detto sorridente alla stampa. A suo avviso la cooperazione è necessaria, perché «le pressioni non convincono gli Stati, ma hanno piuttosto l’effetto di aizzarli». Parole che non sorprendono affatto nella bocca dell’ambasciatore di un paese da tempo nel mirino dei paesi occidentali del Consiglio di sicurezza che lo accusano di massicce violazioni dei diritti umani nel Darfur.

Un appello che non è stato lanciato invano

Nonostante la soddisfazione per l’esclusione della Bielorussia, la vittoria delle ONG è lungi dall’essere assoluta. Human Rights Watch domandava che fosse respinta anche la candidatura dell’Egitto. Dal canto suo, UN Watch, organizzazione basata a Ginevra e vicina all’amministrazione statunitense, si era spinta addirittura più in là, puntando il dito contro il Qatar e l’Angola. Tutti e tre i paesi sono stati eletti al primo scrutinio.

Ma forse l’appello delle ONG non è stato lanciato invano. In effetti, i paesi che chiedono di essere eletti devono fornire una lista con la quale s’impegnano in progetti che puntano ad un miglior rispetto dei diritti umani al loro interno e nel resto del mondo.

Le ONG possono sempre servirsi di questa lista per mettere pressione sui paesi poco attenti agli impegni che hanno preso, spiega a swissinfo Adrien-Claude Zoller, presidente dell’organizzazione svizzera “Ginevra per i diritti umani”.

«Gli Stati non si comportano diversamente da quanto facevano all’epoca della Commissione dei diritti umani», aggiunge tuttavia Zoller. «In effetti, entrando nel Consiglio, gli Stati che violano i diritti umani cercano soprattutto di fare una cosa: proteggersi».

Troppo presto per giudicare

UN Watch teme che fra non molto il Consiglio dei diritti umani soffrirà degli stessi mali della vecchia Commissione. Nel suo primo anno d’attività, il Consiglio non avrebbe intrapreso nulla contro i paesi che notoriamente violano i diritti umani, ma si sarebbe limitato a criticare Israele per buona parte del suo tempo.

Tuttavia non va dimenticato che il Consiglio non ha ancora adottato tutti gli strumenti e le procedure previste. All’appello manca in particolare l’esame periodico che farà regolarmente il punto sulla situazione dei diritti umani in ognuno dei paesi delle Nazioni unite. La procedura dovrebbe diventare operativa entro la metà di giugno.

Prima di poter dare un giudizio definitivo sul Consiglio dei diritti umani, bisognerà dunque attendere la messa in funzione di tutti i meccanismi e valutare la loro efficacia.

swissinfo

I nuovi eletti nel gruppo degli Stati africani sono il Madagascar, il Sudafrica, l’Angola e l’Egitto.
Stati asiatici: India, Indonesia, Filippine e Qatar.
Europa dell’Est: Slovenia e Bosnia Erzegovina.
America latina e Caraibi: Nicaragua e Bolivia.
Europa occidentale ed altri Stati: Paesi Bassi e Italia.

Riportiamo qui di seguito un estratto della risoluzione fondatrice del Consiglio dei diritti umani del 15 marzo 2006 (traduzione dalla versione ufficiale in francese).

«L’Assemblea generale decide che tutti gli Stati membri dell’Organizzazione delle Nazioni unite potranno essere candidati ad un seggio nel Consiglio.

In occasione dell’elezione dei membri del Consiglio, gli Stati membri prenderanno in considerazione il contributo che ogni candidato ha apportato alla causa della promozione e della difesa dei diritti umani nonché i contributi volontari che ha annunciato e gli impegni che ha preso in materia.

Con una maggioranza dei due terzi dei membri presenti e votanti, l’Assemblea generale potrà sospendere il diritto di sedere nel Consiglio di un membro responsabile di violazioni flagranti e sistematiche dei diritti umani».

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