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La Banca nazionale svizzera in una gabbia d’oro

Andrea Mächler
Andréa Maechler fa parte dal 2015 della direzione generale della BNS. Keystone

Giovedì prossimo la Banca nazionale svizzera (BNS) organizza a Ginevra un “aperitivo” dedicato al mercato monetario 2018. L'élite finanziaria avrà occasione di discutere di come la Banca nazionale è caduta in cattività. Uno sguardo. 

Quando Andréa Maechler, unica donna in seno alla direzione generale della BNS in 111 anni, concluderà il suo discorso, l’aperitivo dedicato al mercato monetario corrisponderà effettivamente al suo nome: saranno serviti i cocktail. 

Prendiamo un bicchiere in mano, girovaghiamo nella sala e vi invitiamo, cari lettori, a seguirci in questo scenario. Per spiegare la situazione attuale della BNS, vi proponiamo di ascoltare con noi tre conversazioni, fittizie. 

Ad un tavolo da bar alcuni banchieri discutono tra loro. “Come va?”. “Va bene. L’economia è in piena espansione e la disoccupazione è bassa”. Mostrano quanto si vede dalla finestra: “Ovunque si sta costruendo!” Oggi vale più che mai la pena di indebitarsi in Svizzera. 

La crisi dell’euro è una delle ragioni di questa situazione. Nel 2011, quando la Grecia è stata per la seconda volta sull’orlo del fallimento, la BNS ha introdotto una soglia minima di cambio rispetto all’euro – perdendo la capacità di controllare i tassi di interesse in modo indipendente dalla Banca centrale europea (BCE). 

“E poi, dopo aver revocato la soglia minima di cambio nel 2015, la BNS ha ulteriormente abbassato i tassi di interesse”, ricorda uno dei banchieri. Da allora, la banca centrale elvetica applica un tasso d’interesse negativo, che ha raggiunto – 0,75%. Questa politica monetaria è sostenuta anche Andréa Maechler, da quando è entrata a far parte della direzione generale della BNS nell’estate 2015.

Direktorium Nationalbank
I tre membri della direzione generale della BNS: da sinistra, il vicepresidente Fritz Zurbruegg, il presidente Thomas Jordan e Andréa Maechler. Keystone

L’economista decide la strategia dell’istituto di emissione assieme agli altri due membri della direzione generale, il presidente Thomas Jordan e il vicepresidente Fritz Zurbrügg. Andréa Maechler non attira molto l’attenzione dell’opinione pubblica. Un fatto strano, se teniamo conto che è a capo del dipartimento responsabile dei mercati finanziari, del commercio di valuta estera e degli affari bancari. 

Uno sguardo agli Stati Uniti 

Un po’ ai margini della sala, un gruppo di donne d’affari getta uno sguardo dall’altra parte del lago. “Negli Stati Uniti, i tassi d’interesse sono del 2,25%. E non smettono più di crescere”. Nel 2000, quando Maechler stava studiando in un’università americana, il tasso di interesse principale della FED era del 6,5%. 

Tuttavia, ci sono voci che dicono che si dovrebbe essere cauti con ulteriori aumenti dei tassi di interesse. “Nessuno vuole un’inversione della struttura della curva degli interessi”, dice una delle donne. Ciò porterebbe ad una situazione in cui è più costoso indebitarsi a breve termine che a lungo termine. In passato, le crisi sono spesso giunte dopo simili periodi. 

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Oggi, la banca centrale americana sta per invertire la curva di rendimento. Un pericolo? “La FED non vuole che l’inflazione aumenti troppo. Continuerà quindi ad aumentare i tassi d’interesse”, risponde una banchiera. È ciò che la maggior parte degli economisti si aspetta: un nuovo aumento dei tassi d’interesse a dicembre e qualche altro l’anno prossimo. “Allora i tassi d’interesse negli Stati Uniti toccheranno ben presto il 3%, mentre in Svizzera saranno ancora di – 0,75%”. 

Al centro vi è l’Europa 

Al centro della sala si parla della zona euro. Vi si trova anche Andréa Maechler, che sta cercando di acquisire nuove informazioni sugli sviluppi in Europa. “Gli acquisti netti della Banca centrale europea scadono a dicembre”, rileva un banchiere. Negli ultimi tre anni, la BCE ha acquistato titoli di Stato per 2’500 miliardi di euro allo scopo di generare inflazione. 

Oggi il tasso di inflazione è del 2,2%, leggermente superiore all’obiettivo della BCE. Un motivo per aumentare i tassi d’interesse? “No, afferma una studentessa. Ha seguito la conferenza stampa temuta due settimane fa a Francoforte. “La BCE ha indicato che non aumenterà i tassi d’interesse fino all’estate 2019”. 

Maechler annuisce. Lo sa perché l’UE è il più importante partner commerciale della Svizzera. Anche nell’area dell’euro le banche pagano un tasso d’interesse negativo, benché leggermente inferiore (-0,4%) a quello in vigore in Svizzera. 

Cosa fare, quindi? Meglio niente 

Al nostro primo tavolo si discute ora la futura politica della Banca nazionale. Le autorità monetarie svizzere prevedono che l’inflazione raggiungerà l’1,2% nel 2020. Non c’è motivo per Maechler di pigiare sul freno monetario. Al contrario, dice un collaboratore della BNS: “Il valore del franco svizzero rimane molto alto a 1,15 per euro”. 

Nonostante una somma di bilancio record, pari a 800 miliardi di franchi, ossia il 120% del prodotto interno lordo, una cosa è certa: non ci si può attendere un aumento dei tassi di interesse. “Se la BNS riduce il differenziale dei tassi di interesse con la zona euro, il franco si apprezzerà”, sottolinea un trader. Maechler ha già espresso questo punto di vista. Una giornalista esprime la sua convinzione: “La BNS non farà nulla finché Francoforte non si muove”. 

Il corso del franco preoccupa 

Questa è la realtà odierna: l’economia sta andando bene. Così bene come nel 1999, quando Maechler ha lavorato per la prima volta per la BNS. All’epoca, i tassi d’interesse della banca centrale elvetica sono saliti dall’1% a oltre il 3% in un anno. Ciò è stato possibile perché sono aumentati anche i tassi d’interesse negli altri paesi europei. 

Oggi la situazione è diversa. La FED stringe regolarmente la vite del tasso di interesse. Ma la BNS rimane sulla scia della BCE. Per tenere sotto controllo il tasso di cambio tra il franco e l’euro. Ciò significa tassi d’interesse negativi finché la BCE non li aumenta. Non si può che attendere. 

La BNS si trova in una gabbia d’oro. “Le cose vanno bene”, ma la politica monetaria svizzera non si autodetermina più già da molto tempo: le decisioni vengono prese a Francoforte. Andréa Maechler ha nel frattempo lasciato la stanza. Il lavoro chiama. Lei e gli altri membri della direzione generale non possono che seguire i passi della BCE. 

*L’autore Fabio CanetgCollegamento esterno studia macroeconomia all’Università di Berna.
Collaborazione: Janna Mock, Christian Myohl, Fabio Nay e Raphael Wewita.

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Traduzione di Armando Mombelli

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