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Giustizia, Bonafede resta in sella

Il ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede dopo il voto sulle due mozioni di sfiducia a Palazzo Madama
Il ministro di Grazia e Giustizia Alfonso Bonafede felice dopo il voto sulle due mozioni di sfiducia a Palazzo Madama Keystone / Angelo Carconi

Bocciate al Senato le due mozioni di sfiducia - una del centrodestra (affossata con 160 voti contro 131 e un astenuto) e l'altra del gruppo +Europa di Emma Bonino (respinta con 158 voti contro 124 e 19 astensioni) - contro il ministro Alfonso Buonafede.

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Gli ultimi dubbi sull’esito delle due votazioni sono stati sciolti nel corso delle dichiarazioni di voto quando Matteo Renzi (Italia Viva) ha annunciato l’adesione del suo gruppo, determinante per il Governo Conte a Palazzo Madama, alle tesi della maggioranza. Rivoltosi direttamente ad Alfonso Buonafede l’ex premier ha detto “faccia il ministro della giustizia non dei giustizialisti e vedrà che ci avrà al suo fianco”.

Il caso Di Matteo. Il magistrato Nino Di Matteo, noto per il suo sostegno alle misure molto restrittive contro i detenuti di Cosa Nostra (carcere duro ex 41 bis), ha recentemente asserito in un’intervista di non essere stato nominato alla direzione del Dap nel giugno 2018, dopo la promessa fattagli da Alfonso Buonafede, a causa dell’intervento di boss mafiosi.  Da parte sua il guardasigilli sostiene che la mancata designazione è dovuta alla circostanza che nel frattempo il magistrato aveva accettato un altro incarico.

In precedenza il contestato guardasigilli si era difeso asserendo che “è totalmente falsa l’immagine del governo che avrebbe spalancato le porte ai detenuti” nell’ambito della strategia per prevenire i contagi nelle carceri. In tutte le mie leggi, ha continuato, “c’è la ferma determinazione, che rivendico, a combattere il malaffare”. 

Mentre sulla mancata nomina alla testa del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) nel giugno 2018 di Nino Di Matteo, su presunte pressioni di boss mafiosi, ha precisato che non ci furono condizionamenti, “chi lo sostiene se ne faccia una ragione, non sono disposto a tollerare alcuna allusione o ridicola illazione”. 

Boss scarcerati. Il centrodestra accusa Alfonso Bonafede di aver liberato durante l’emergenza pandemica, che non ha risparmiato gli istituti penitenziari, alcuni pericolosi capi mafiosi. Ma secondo i dati emersi durante il dibattito al Senato, dei circa 300 detenuti scarcerati solo tre sono riconducibili a esponenti di primo piano della criminalità organizzata, di cui due malati e ultraottantenni. Duecento di questi non sarebbero stati oggetto di alcuna condanna.

Ma al di là delle dichiarazioni in aula a pesare sul voto sono stati gli incontri e le dichiarazioni della vigilia tra gli esponenti della maggioranza. Martedì la capogruppo di Italia Viva a Montecitorio, Maria Elena Boschi, ha visto il premier Giuseppe Conte che potrebbe aver offerto rassicurazioni su alcune rivendicazioni, in particolare riguardo alle future presidenze nelle commissioni parlamentari e allo sblocco dei finanziamenti per importanti progetti infrastrutturali.

Mentre il capogruppo dem Graziano Delrio e il presidente pentastellato della Camera Roberto Fico avevano avvertito i renziani che in caso di voto contrario sul Guardasigilli si sarebbe aperta immediatamente la crisi di governo.

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L’esito di una crisi in questo delicato momento, in cui c’è chi evoca rimpasti o addirittura esecutivi allargati all’opposizione, non è affatto scontato e potrebbe portare ad elezioni anticipate. Uno scenario poco gradito da Italia Viva che nei sondaggi risulta fortemente penalizzata rispetto alla sua attuale rappresentanza parlamentare. Per il leader Iv Matteo Renzi si è comunque trattato di una scelta difficile.

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