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CO2, via allo scambio di quote Svizzera-UE

Un operaio che indossa un casco grigio, di spalle, osserva l interno di un forno industriale attraverso la finestrella
La produzione di cemento, un processo richiede quantità immense di combustibile. In Svizzera, la metà è ricavata dai rifiuti, il resto da carburanti fossili [immagine d'archivio]. Keystone / Martin Ruetschi

Dal prossimo 1° gennaio, Svizzera e Unione Europea unificano i loro sistemi di scambio di quote di gas a effetto serra. Con l'entrata in vigore dell'accordoCollegamento esterno firmato nel 2017, approvato dal Parlamento svizzero lo scorso marzo insieme alla relativa modifica della Legge sul CO2Collegamento esterno, saranno contemplate le emissioni generate dal traffico aereo interno e da/verso i Paesi dello Spazio economico europeo (SEE).

Il sistema di scambio di quote di emissioni SSQECollegamento esterno è uno strumento di politica climatica. È volto a ridurre la quantità di gas serra rilasciati nell’atmosfera dai maggiori emettitori e premia le aziende che riducono i loro consumi di carburanti fossili.

In Svizzera, raggruppa attualmente 56 imprese dell’industria chimica e farmaceutica, del cemento, della carta e dell’acciaio, come pure le raffinerie (in sostanza, i settori con un bilancio ecologico particolarmente negativo). Da gennaio, includerà l’aviazione civile.

Come funziona

Le quoteCollegamento esterno del SSQE corrispondono a diritti di emissione di gas serra e sono attribuite annualmente alle imprese in funzione delle necessità e di un esercizio efficiente dal profilo ambientale. Quelle che generano meno emissioni del previsto possono rivendere i diritti non utilizzati, mentre le aziende che ne necessitano di più devono acquistarli.

La quantità globale è limitata e ogni anno viene ridotta dell’1,74% rispetto al 2010 (nel 2020, sarà di 4,91 milioni di tonnellate), così da costringere le imprese a una diminuzione complessiva delle emissioni.

Prezzi delle quote di emissione di gas serra (SSQE) e della tassa sul CO2 a confronto [illustrazione]
RSI-SWI

Le aziende aderenti al sistema delle quote pagheranno, dal 1° gennaio 2020, 24 euro per tonnellata di CO2 contro gli attuali 17 franchi (un contingente di certificati è gratuito). Le altre imprese pagano una tassa di 96 franchi per tonnellata.

Il sistema di scambio europeo interessa quasi 11’000 gestori di impianti (che emettono complessivamente circa 2 miliardi di tonnellate di CO2 equivalenti) e oltre 500 gestori di aeromobili (circa 65 mio t di CO2 eq). In Svizzera, con 56 partecipanti, lo scambio di quote di emissioni poteva svilupparsi solo in misura limitata.

Entusiasti e no

Il direttore dell’Associazione delle industrie svizzere del cemento Stefan Vannoni saluta il cambiamento. “L’aggancio all’Europa ci permette da un canto di avere le stesse condizioni rispetto ai concorrenti europei, e dall’altra, il mercato comune dei certificati dà maggiore offerta e flessibilità”.

Meno entusiasti gli ambientalisti come Georg Klinger. Esperto di questioni climatiche a Greenpeace, considera debole il sistema, svizzero o europeo che sia. “Per avere effetto, i prezzi dei certificati dovrebbero essere più alti e spronare l’economia al risparmio energetico”.

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