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“Se i lettori calano, stiamo solo facendo accanimento terapeutico”

Vito Crimi
Per il senatore Vito Crimi, non è iniettando soldi pubblici che si garantisce il pluralismo dell'informazione. Keystone / Alessandro Di Meo

Per il senatore Vito Crimi, esponente del Movimento 5 Stelle e sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega all'editoria, il taglio ai finanziamenti è giustificato.

tvsvizzera.it: I tagli all’editoria proposti dal governo rischiano di far chiudere testate storiche come l’Avvenire (il giornale dei vescovi), il Manifesto (di indirizzo comunista), il Foglio e, in questa ottica di spending review, chiuderà anche Radio radicale. Si penalizza il pluralismo dell’informazione?

Vito Crimi: Oggi alcune testate chiudono, e non chiudono perché abbiamo tagliato i finanziamenti ma chiudono per un problema di crisi che è indipendente dal finanziamento pubblico.

In tutto questo ci sono alcune testate, molto poche rispetto al totale, che prendono tanti soldi pubblici per rimanere in vita e questo non fa bene a mio avviso al pluralismo. Questo fa bene ai singoli editori che prendono il finanziamento pubblico. Il pluralismo è altra cosa.

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Radio radicale e altre testate storiche hanno i giorni contati

Questo contenuto è stato pubblicato al I fondi per l’editoria saranno progressivamente ridotti fino all’abolizione totale nel 2022. A rischiare la chiusura sono diversi media storici, tra cui Radio Radicale, fondata nel 1976 da Marco Pannella.

Di più Radio radicale e altre testate storiche hanno i giorni contati

Finora si è intervenuto sul pluralismo semplicemente mantenendo in vita alcune testate che si ritenevano essenziali sulla base di criteri totalmente arbitrari. Credo che quando si interviene sul sistema informazione e editoria nella sua interezza, bisogna intervenire su tutto il sistema che è complesso e che non prevede solo gli editori.

Quindi, se dobbiamo intervenire sul pluralismo dobbiamo incentivare i lettori ad acquistare giornali e a leggere, anche online. Dobbiamo creare cultura e spingere il lettore, perché possiamo anche dopare i giornali di finanziamenti pubblici ma se i lettori calano, stiamo facendo semplicemente un accanimento terapeutico. Interveniamo sulla filiera. Oggi tutto il sistema editoriale si è dimenticato il sistema della distribuzione e quindi chi vende i giornali. Le edicole chiudono eppure sono ancora il principale canale di vendita dei giornali. Bisogna intervenire su tutto questo perché il sistema editoria possa avere un momento di rinascita.

“Se dobbiamo intervenire sul pluralismo dobbiamo incentivare i lettori ad acquistare giornali e a leggere”

E la pubblicità?

La raccolta pubblicitaria è l’altro elemento chiave. Questa, oggi, non risponde alla reale capacità penetrativa nel mercato dei giornali. La stampa locale che è una di quelle in cui c’è maggiore affidabilità, credibilità da parte degli utenti, è quella che sta meglio secondo l’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ndr), eppure è quella che ha il minore incasso pubblicitario e quindi non viene intercettata dai centri media, da chi deve fare investimenti pubblicitari, che preferisce puntare sui canali tradizionali.

Radio Radicale, in particolare, sta riscuotendo tanta solidarietà. Per quello che rappresenta, perle sue funzioni e per la sua lunga storia. Nessun ripensamento sul taglio della concessione?

Radio Radicale è una radio privata, per di più rappresentativa di un partito politico. Radio Radicale è ancora la voce del Partito radicale che comunque è presente nelle sue varie sfaccettature nelle elezioni politiche. Quindi è una radio privata che ha vissuto negli ultimi vent’anni di una convenzione con il Ministero dello sviluppo economico per diramare la diretta delle attività istituzionali. Per la quale ha ricevuto un contributo di quattordici milioni di euro l’anno, questo è il quantum.

Ora, se a un certo punto il soggetto pubblico decide di interrompere quella convenzione, non sta chiudendo Radio Radicale, non sta chiudendo la voce di Radio Radicale, sta soltanto interrompendo un rapporto convenzionale. Chiude Radio Radicale? Se Radio Radicale vive solo di servizio pubblico (la convenzione con il Ministero) allora è pubblica? Se lo è allora non può essere di un partito. O è l’una o l’altra.

Da questo punto di vista sono tranquillo nel senso che noi abbiamo deciso che la convenzione con Radio Radicale non va più prorogata in maniera automatica come fatto fino adesso, senza alcuna valutazione di altri soggetti che possono essere sul mercato a fare lo stesso tipo di lavoro, come può essere la Rai – che ha già nel suo contratto di servizio i servizi di pubblica utilità, o come potrebbero domani essere altri soggetti altrettanto qualificati, o meglio qualificati, o in grado di fare lo stesso tipo di lavoro. Noi interveniamo sulla convenzione per i servizi di pubblica utilità, la trasmissione dei lavori della Camera e del Senato.

Queste trasmissioni si interromperanno?

L’utente le avrà, nel senso che ormai i canali di distribuzione sono tanti. Tra dirette internet, youtube, i canali ufficiali di Camera e Senato. Non è detto che sia solo la radio. Detto questo, ovviamente terminata la convenzione con Radio Radicale chiederemo alla Rai di attivarsi per fornire un servizio adeguato a quello che faceva prima Radio Radicale.

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