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Pirati colpiti ma non affondati

Uno dei primi server del sito, sequestrato nel 2008 dalla polizia ed esposto al Museo della tecnica di Stoccolma. Reuters

Un tribunale di Stoccolma ha condannato alla prigione e a un risarcimento milionario i gestori del sito internet The Pirate Bay: i quattro responsabili sono stati puniti per aver facilitato lo scaricamento di opere protette da copyright. La partita è però tutt'altro che chiusa...

«Nessuno si lamenta per la sorte dei venditori di ghiaccio, privati del loro lavoro in seguito all’arrivo dei frigoriferi: la tecnologia cambia e non è possibile tornare indietro». Le parole di Peter Sunde, uno dei quattro responsabili del sito The Pirate Bay, non hanno affatto convinto le industrie dell’intrattenimento che ritengono di essere gravemente danneggiate dalla piattaforma.

La tesi delle aziende è stata sposata dai giudici svedesi: a loro giudizio The Pirate Bay ha facilitato in modo decisivo l’accesso – da parte di milioni di persone – a una quantità enorme di opere protette dai diritti d’autore, causando in tal modo danni economici elevati ai produttori di musica, film e videogiochi.

Lista d’indirizzi

Dal canto loro, gli imputati intendono ricorrere facendo valere il fatto che la piattaforma incriminata è semplicemente uno strumento che gli utenti possono utilizzare sia per scopi legali, sia per scopi illegali. A questo proposito, gli avvocati della difesa hanno sostenuto che un produttore di computer non viene condannato solo perché l’apparecchio può anche servire per commettere reati.

I giudici sono di altro avviso: a loro giudizio il quartetto sapeva che il sito era utilizzato per scopi illegali, ma non ha fatto nulla per impedirlo. Di conseguenza, i responsabili sono stati ritenuti «complici nella messa a disposizione di file illegali», riassume a swissinfo Bertil Cottier, professore di diritto all’Università della Svizzera italiana e svedese di origine.

Questo poiché i file in questione, pur non essendo direttamente disponibili sul sito, sono registrati nei computer degli utenti che entrano in contatto tramite The Pirate Bay. È come fornire a qualcuno che cerca un veleno proibito la chiave del deposito dove può trovarlo, esemplifica Cottier.

Complici senza colpevoli

L’altra tesi della difesa, che sarà ribadita nel ricorso, è l’assenza dei colpevoli: a Stoccolma sono stati processati i complici, ma non gli autori materiali dell’infrazione. Nessuno tra le migliaia di utenti che hanno messo a disposizione opere protette da copyright, è stato infatti condotto alla sbarra. Un’argomentazione che non ha però convinto i giudici.

Per quanto concerne la severità della pena, a livello pecuniario e detentivo, Cottier spiega che la corte ha ritenuto «decisiva» la complicità dei gestori del sito: The Pirate Bay mette direttamente in relazione chi cerca una determinata opera e chi la possiede. Inoltre, sono stati considerati l’entità dei danni economici causati dalle mancate vendite e i precedenti penali di alcuni degli imputati.

Sentenza applaudita

La decisione del tribunale di Stoccolma è stata pubblicamente lodata dalle aziende dell’intrattenimento, dalle associazioni di categoria e dagli artisti. L’ex Beatle Paul Mc Cartney ha per esempio utilizzato una metafora: «Chi sale su un autobus, deve pagare il biglietto. Le persone che lavorano hanno diritto a un compenso per la loro prestazione, sia che trasportino persone, sia che producano musica».

Sulla stessa lunghezza d’onda Mauro Osenda, responsabile regionale della Società svizzera per i diritti degli autori musicali (Suisa): «Accogliamo con grandissima soddisfazione questa prima condanna. Volenti o nolenti, infatti, quelli commessi mediante il sito in questione sono furti belli e buoni».

Una pratica che – secondo Osenda – «colpisce in particolare l’anello più debole della catena, ossia gli autori. Dobbiamo tener presente che la stragrande maggioranza dei creatori musicali fa praticamente la fame: non si può ragionare utilizzando come termine di riferimento Michael Jackson. In Svizzera vi sono 25’000 compositori: tra questi, al massimo cinque possono vivere unicamente grazie alla musica».

Adattare la legislazione

La necessità più urgente, rileva Osenda, è adattare la legislazione in vigore alle nuove tecnologie e rendere le medesime infrazioni punibili ovunque. Gli utenti, aggiunge, «devono capire che se un creatore d’opere non riceve una congrua retribuzione, anche la creatività ne risente. È necessario riconoscere il frutto dell’intelletto alla stregua di qualsiasi altro prodotto: così come si paga per un’automobile o un libro, si deve pagare per una canzone».

In merito a eventuali azioni collettive contro i responsabili di The Pirate Bay (già annunciate per esempio dalla Federazione industria musicale italiana), Osenda indica a swissinfo che la Suisa attenderà di conoscere la posizione di tutti gli altri paesi europei e l’esito definitivo del procedimento.

Ombre sulla corte

Indipendentemente dall’esito del ricorso, la sentenza rischia di essere annullata per un vizio di procedura. Un’inchiesta giornalistica della radio svedese ha infatti rivelato che il presidente del tribunale, il giudice Thomas Norstrom, è anche legato a un’associazione di tutela del copyright favorevole a un inasprimento della legge svedese sul diritto d’autore.

Per quanto concerne i tempi, il giudizio della Corte d’appello potrebbe giungere entro un anno. In seguito, vi è anche la possibilità che sul caso si esprima la Corte suprema. Quest’ultima, diversamente da quanto avviene in Svizzera, prende posizione soltanto se giudica il caso di interesse rilevante. Secondo i giuristi svedesi, il verdetto definitivo potrebbe quindi giungere entro tre anni.

Dal canto loro, i quattro responsabili appaiono molto fiduciosi, dichiarando sul loro blog che «come in tutti i buoni film, l’eroe all’inizio perde ma poi nel finale riesce a raggiungere una vittoria dai toni epici».

Andrea Clementi, swissinfo.ch

La legislazione elvetica non punisce chi scarica da Internet opere protette dal copyright, a patto che ciò avvenga per uso esclusivamente privato (ad esempio su un lettore mp3).

È invece punibile chi mette a disposizione in rete opere protette dal diritto d’autore. I colpevoli rischiano di dover pagare multe dell’ammontare di alcune decine di migliaia di franchi.

La copia privata è compensata da una tassa compresa nel prezzo dei supporti mp3.

The Pirate Bay è un sito internet svedese nato del 2003 come emanazione di un laboratorio d’idee contrario alla nozione di copyright. Indipendente dal 2004, la piattaforma diventa rapidamente uno dei principali siti che aiuta gli utenti a cercare e scaricare file di tipo BitTorrent, uno dei protocolli più popolari per trasferire contenuti come brani musicali, film e videogiochi.

Stando ai dati più recenti, The Pirate Bay conta circa 22 milioni di utenti. Il sito è tuttora accessibile, poiché i server sono basati in Thailandia.

I responsabili di Pirate Bay sono stati condannati il 17 aprile a un anno di prigione. I quattro sono Fredrik Neij, 30 anni, Gottfrid Svartholm, 24 anni, Peter Sunde, 30 anni, il fondatore di Pirate Bay, e Carl Lundström, 48 anni, accusato di aver finanziato il sito.

Il tribunale – accogliendo la richiesta dell’accusa – ha condannato il sito a versare 30 milioni di corone (2,7 milioni di euro) di danni e interessi all’industria del disco, del cinema e dei videogiochi. I colossi del settore, dalla Sony alla Warner Bros, avevano chiesto 117 milioni di corone (106 milioni di euro) come risarcimento per le perdite causate dalle decine di milioni di scaricamenti illegali facilitati dal sito.

La Corte ha motivato la sentenza affermando che i condannati «sono a conoscenza che sul sito viene scambiato materiale protetto da copyright». La pena di un anno di carcere è quindi giustificata «dall’estesa accessibilità» del portale e «dal fatto che l’operazione sia stata condotta in modo organizzato per scopi commerciali», facendo riferimento alla presenza di banner pubblicitari.

I quattro imputati hanno annunciato di voler ricorrere contro il verdetto e di chiedere l’annullamento del processo.

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