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Più economia e più vicini agli Stati uniti

Dopo la Germania, gli Stati uniti sono il paese che assorbe il maggior volume di esportazioni svizzere picswiss.ch

La Svizzera cambia parzialmente gli orientamenti della sua politica estera: in futuro Berna vuole avvicinarsi di più agli Stati uniti e ad alcuni paesi emergenti.

I fondi per l’aiuto allo sviluppo non vengono invece aumentati.

Con l’avvicinamento agli Stati uniti la Svizzera intende privilegiare i suoi interessi economici, senza tuttavia indebolire la sua politica in favore dei diritti umani.

È la conclusione a cui giungono alcuni esperti di sicurezza, intervistati da swissinfo, che sollevano però anche alcune critiche.

In particolare, a loro avviso, i nuovi orientamenti della politica estera svizzera, annunciati giovedì dal Consiglio federale, trascurerebbero gli Obbiettivi del millennio fissati dalle Nazioni unite per l’aiuto allo sviluppo.

Europa ancora prioritaria

Secondo le spiegazioni del segretario di Stato Michael Ambühl, le relazioni con i paesi dell’Unione europea rimangono «prioritarie». I rapporti con gli Stati uniti diventano però «complementari».

In tal modo, il governo elvetico vuole sottolineare la sua intenzione di giungere ad un accordo di libero scambio con il gigante nordamericano.

Inoltre, Berna vuole rafforzare anche i rapporti con alcuni paesi emergenti, a cominciare da Cina, India, Russia, Brasile e Sudafrica.

Due obiettivi difficili da conciliare

«Credo che sia un compito molto difficile. Il governo cerca di rafforzare l’economia e nello stesso tempo di promuovere i diritti umani», afferma Daniele Ganser, dell’istituto di ricerche sulla politica di sicurezza del Politecnico di Zurigo.

«Una politica economica intelligente può però favorire anche i diritti umani. Con la superpotenza statunitense si cerca di trovare un accordo».

L’avvicinamento con gli Stati Uniti è giudicato positivamente anche dal vicedirettore del Centro per la politica di sicurezza di Ginevra. «Penso che in tal modo la Svizzera possa giocare un ruolo più importante in veste di Stato depositario delle Convenzioni di Ginevra», afferma Fred Tanner, contattato da swissinfo.

Linee più collegiali

In previsione della riunione di clausura del Consiglio federale dedicata alla politica estera, l’Unione democratica di centro, il partito della destra isolazionista, aveva chiesto al governo di tarpare le ali alla ministra degli esteri socialista Micheline Calmy-Rey.

«Credo che la politica estera portata avanti finora sia probabilmente stata troppo plasmata da una sola persona. Adesso il governo ha deciso che in futuro la linea seguita sarà più collegiale e penso che sia giusto così», commenta Tanner. La ministra degli esteri, dal canto suo si è detta soddisfatta che il Consiglio federale abbia approvato le sue proposte.

Mancanza di coraggio sulla questione europea

Fred Tanner è infastidito dal fatto che il governo non si sia espresso sulle relazioni a medio e lungo termine con l’Unione europea. «Mi manca qualcosa. È un peccato che il Consiglio federale rinvii sempre a futuri rapporti. Certo, in parte lo si può capire, perché siamo a pochi giorni dalla votazione su Schengen/Dublino. Ma mi sarei comunque aspettato un po’ più di coraggio».

Il governo non si è espresso neppure sulla raccomandazione della Commissione parlamentare sullo sviluppo e la cooperazione, che chiedeva di aumentare i soldi destinati all’aiuto per lo sviluppo allo 0,5% del Prodotto interno lordo.

Anche gli Obiettivi di sviluppo delle Nazioni Unite per il millennio prevedono un aumento sostanziale delle risorse finanziarie.

Convincere gli altri paesi

«Si tratta di una questione importante, perché anche la Svizzera all’assemblea generale dell’ONU a New York ha ribadito più volte il suo sostegno agli obiettivi di sviluppo. Ora sarà difficile concretizzarli», si rammarica Tanner.

Sull’argomento Daniele Ganser si limita a ricordare che la pressione al risparmio riguarda tutti i settori della politica, compresa la poltica di difesa. «In questo senso non è sorprendente che anche la politica per lo sviluppo ne risenta».

L’esperto per la politica di sicurezza spera però che non sia ancora detta l’ultima parola. «Se la Svizzera, che è uno dei paesi più ricchi al mondo, non rispeta gli obiettivi di sviluppo, allora in settembre diventerà difficile convincere gli altri paesi del mondo a farlo».

swissinfo, Andreas Keiser

Il governo svizzero ha deciso di adeguarsi al modello già seguito da altri paesi industrializzati per calcolare la quota del Prodotto interno lordo (PIL) destinata all’aiuto allo sviluppo.

In futuro saranno conteggiati anche i costi legati all’accoglienza dei richiedenti l’asilo.

In tal modo, la quota consacrata agli aiuti umanitari sale dallo 0,37% allo 0,41% del PIL.

I paesi dell’Unione europea hanno fissato come obbiettivo lo 0,5%.

Le Nazioni unite hanno chiesto invece ai paesi industrializzati di destinare almeno lo 0,7%.

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