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Più donne nella ricerca e nella formazione

La presenza delle donne nel mondo accademico deve essere rafforzata. Ufficio federale di statistica

Per favorire le pari opportunità nel settore universitario e nei posti chiave della gerarchia accademica, occorrono nuove misure e molti più mezzi.

Ne sono convinti gli esperti che recentemente a Berna hanno chiesto alla Confederazione di aumentare le risorse finanziarie disponibili per promuovere la parità.

Certo, passi avanti ne sono stati fatti da quando, nel 2000, la Confederazione ha messo a disposizione degli strumenti per promuovere le pari opportunità fra donne e uomini nelle scuole universitarie svizzere e nella ricerca.

Il bilancio di questi aiuti è tuttavia piuttosto mitigato. La giornata di studio organizzata dalla Segreteria di Stato per l’educazione e la ricerca (SER) e dall’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia (UFFT), ha evidenziato che i risultati ottenuti finora non sono sufficienti.

A conti fatti ci vuole di più

Fissato nel 2004, l’obiettivo di portare al 14% la proporzione delle donne nel corpo professorale delle università entro il 2006, non sarà infatti raggiunto. La quota femminile è comunque aumentata nel corso degli anni: dal 7% del 1998, al 12% del 2005.

Situazione analoga nelle SUP (Scuole universitarie professionali), dove otto anni fa la percentuale delle professoresse era pari al 15%, mentre attualmente si aggira attorno al 28%. Rimane però bassa la percentuale delle studentesse nei settori tecnici: 5%.

Prendere atto dell’esiguità delle cifre è giusto, ma non può davvero bastare: ci vogliono più soldi e ulteriori misure, indicate in documento che uno speciale gruppo di lavoro ha preparato all’attenzione del Consiglio federale, in vista della decisione sui programmi di aiuti per il periodo 2008-2011.

Obiettivi da raggiungere

“Il programma federale “pari opportunità nelle università e nei politecnici” – afferma Patricia Schulz, direttrice dell’Ufficio federale dell’uguaglianza tra donna e uomo – deve proseguire. E con l’obiettivo di portare al 25%, entro il 2012, la proporzione delle donne nel corpo professorale”.

Definita da Charles Kleiber, Segretario di Stato per l’educazione e la ricerca, “una delle donne più battagliere che io conosca”, Patricia Schulz ritiene fondamentale incoraggiare il cambio della guardia – al femminile – attraverso, per esempio, programmi di mentoring e di pianificazione della carriera accademica.

Occorre però offrire e garantire misure adatte per abolire la discriminazione orizzontale e promuovere le possibilità di conciliazione tra famiglia e lavoro, o tra famiglia e studio. “Non discriminare – osserva Schulz – non è sufficiente: le pari opportunità bisogna promuoverle, concretamente”.

Allora ecco una serie di misure concrete, pensate, meditate, elaborate per la prima volta da un gruppo interdisciplinare: pari opportunità nella ricerca, rivedendo la quota parte degli aiuti accordati alle donne; misure strutturali, con la creazione di strutture competenti in materia di parità.

E ancora: incoraggiamento degli studi di genere e inserimento della dimensione di genere a tutti i livelli delle istituzioni universitarie. Senza naturalmente dimenticare la promozione di un’adeguata politica familiare a sostegno della conciliazione dei ruoli.

Per una Svizzera più competitiva

Davanti ai rappresentanti delle università e delle SUP, Patricia Schulz ha insomma cercato di fare capire che le donne sono un valore aggiunto. “La Svizzera può rispondere alle sfide della globalizzazione – osserva – solo puntando sull’alto livello della ricerca e della formazione”.

“Per essere competitiva a livello internazionale – aggiunge Schulz – la Svizzera ha bisogno di tutte le migliori risorse possibili: perché privarsi di una parte di esse, lastricando di ostacoli la strada delle donne?”

Sul valore e il contributo delle donne non ha alcun dubbio Charles Kleiber. “Le disparità nei confronti delle donne – ha affermato inaugurando il convegno – sono umanamente ingiuste, economicamente sciocche, socialmente dannose, accademicamente controproducenti”.

L’altra metà del cielo esiste

Affermazioni condivise, che tuttavia faticano a farsi strada nella quotidianità e nelle diverse realtà. Ecco perché proprio dal mondo accademico e della formazione devono partire segnali molto chiari, senza ambiguità.

La Confederazione, che ha per esempio contribuito alla creazione di asilo nido e all’istituzione di servizi per le pari opportunità, è dunque chiamata ad assumere un nuovo atto di responsabilità nel campo dell’uguaglianza, peraltro sancita a chiare lettere dalla Costituzione.

“Non possiamo negare che ci sia stata un’evoluzione positiva. Ma nei posti di potere e di responsabilità – evidenzia Patricia Schulz – il numero di donne continua a rimanere basso. Come se gli uomini producessero altri uomini per sostituirli”. E questa eredità del passato deve essere superata.

Perché il ritorno al passato, in materia di parità dei diritti tra donne e uomini, è sempre possibile. Parola di Madame Egalité.

swissinfo, Françoise Gehring, Berna

62,5 milioni di franchi in favore delle pari opportunità: è la somma complessiva chiesta dal Gruppo di lavoro per il periodo 2008-2011
Programmi di pari opportunità: chiesti 22 milioni per le università, 12 milioni per i Politecnici e 12 milioni per le SUP
Incoraggiamento degli studi di genere: chiesti 8 milioni per le università, 2 milioni per le SUP
Per il periodo 2004-2007 erano stati chiesti complessivamente 50 milioni di franchi

Il gruppo di lavoro “Pari opportunità e studi di genere”, è composto dalla Segreteria di Stato per l’educazione e la ricerca, dall’Ufficio federale della formazione professionale e della tecnologia e dall’Ufficio federale per l’uguaglianza tra donna e uomo.

Nel corso della giornata di studio sono stati presentati diversi progetti “gender mainstreaming”, tra cui anche uno in corso alla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana.

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